Ondacinema

recensione di Lorenzo Taddei
6.5/10

 

            La mafia è una merda
          (Don Luigi Ciotti)

Dopo il bell'esordio di Pif dello scorso anno, anche Manfredonia affronta l'argomento mafia in una chiave ironica e quindi molto lontana da film come "Anime Nere" di Munzi e "Perez" di De Angelis in uscita il prossimo 2 ottobre. Le atrocità di cui la mafia è capace sono sufficientemente documentate dai media e spettacolarizzate dal cinema. Quello che invece di solito resta in ombra è il servilismo delle istituzioni, la grottesca omertà delle persone che non trovano sostegno nello Stato e quindi finiscono per tacere o nel peggiore dei casi affidarsi alla protezione mafiosa. A differenza di Pif, Manfredonia si limita a mostrarci qualche intimidazione, ma senza stragi, niente sangue, la violenza affiora per contrasti: tra chi ama la terra e chi la incendia, tra il sudore dei braccianti e la disinvolta eleganza del boss, riverita da sindaco e cittadinanza. Per cambiare il paese bisogna scegliere la legalità, ma anche moderatamente infrangerla, se questo è necessario a manifestare la totale e assoluta mancanza di rispetto verso qualsiasi mafia.

Rispetto a "Si può fare" del 2008, ci sono molte differenze, alcune anche sostanziali, ma i film sono pressoché identici. Cambia l'ambientazione, cambia il tempo e anche l'argomento: dalla Milano anni ottanta si passa alla Puglia di oggi, dalla legge Basaglia alla legge 296 del 2006, che  assegna i beni confiscati alla mafia a province e comuni, che a loro volta possono concederli, a titolo gratuito a comunità, associazioni di volontariato o cooperative sociali (come riportano i titoli di coda, degli oltre 25mila beni confiscati ne sono stati riassegnati più di un quinto). Il tema è attuale e finora mai affrontato dal cinema, Manfredonia si ispira a "Libera" di Don Ciotti e alle altre associazioni coinvolte  dalla legge 296, sintetizzandole in  una cooperativa che ricalca in pieno quella di "Si può fare". Quasi tutti i personaggi secondari sono intercambiabili, ma anche Accorsi potrebbe essere benissimo sostituito con Bisio e nessuno se ne accorgerebbe.  

Le dinamiche sono le stesse, semplicemente vengono trasferite in un contesto che impone alcune variazioni: se di là c'è un suicidio, di qua c'è l'incendio, ma l'effetto che innesca è sempre lo stesso. Il messaggio non cambia e non cambia il variopinto assortimento di personaggi che se ne fanno ambasciatori. Anzi, forse stavolta Manfredonia (coautore della sceneggiatura) esagera nell'assortimento. Se in manicomio aveva plausibile carta bianca, in una cooperativa antimafia vien da chiedersi quale bisogno abbia avuto di metter insieme: un paralitico, un congolese, una coppia gay, un'invasata del cosmo e uno psicotico. Capisco la tentazione di riscattare le minoranze, ma sembra più un comodo repertorio di gag bell'e pronte.

Il vero valore aggiunto de "La nostra terra" è Rubini. Rubini attore in Italia ha pochi rivali. In mano sua un personaggio mediocre può diventare memorabile e questo è anche il caso di Cosimo il fattore. Cosimo è il perno su cui poggiano sia le prove degli altri attori che le sorti di tutti i personaggi. L'estro di Rubini contagia anche Accorsi, che piano piano si scioglie e convince, sia nelle ossessioni che nel suo lato infantile. La scena in cui i due vengono alle mani è insieme comica e commovente. Ma la scena madre resta il lancio dei pomodori, teatrale disprezzo verso il boss padrone anche del palcoscenico. Per combattere la mafia bisogna avere il coraggio di non avere paura.

 


22/09/2014

Cast e credits

cast:
Stefano Accorsi, Giovanni Esposito, Tommaso Ragno, Michel Leroy, Massimo Cagnina, Silvio Laviano, Debora Caprioglio, Bebo Storti, Nicola Rignanese, Iaia Forte, Maria Rosaria Russo, Sergio Rubini, Paolo De Vita


regia:
Giulio Manfredonia


distribuzione:
Visionaria


durata:
100'


produzione:
Lumiere & Company


sceneggiatura:
Giulio Manfredonia, Fabio Bonifacci


fotografia:
Marcello Montarsi


scenografie:
Stefano Pica


montaggio:
Roberto Martucci, Cecilia Zanuso


costumi:
Angela Capuano


musiche:
Mauro Pagani


Trama

Filippo (Stefano Accorsi) si occupa della gestione di beni confiscati alla mafia. Ma il suo è un lavoro di incartamenti, lontano dalla terra e dalla gente. Filippo non ha mai visto il Sud, tanto meno zappato la terra. Quando il boss Sansone (Tommaso Ragno) viene arrestato, Filippo scende in Puglia per visitare la cooperativa a cui verranno assegnati i possedimenti confiscati. La bella Rossana  (Maria Rosaria Russo) e Cosimo, il vecchio fattore del boss (Sergio Rubini) lo convinceranno a restare e a mettersi a capo di una resistenza armata di coraggio e pomodori.