Ondacinema

recensione di Carlo Cerofolini
6.0/10

Annunciato dalla nuova direttrice del Film Festival di Locarno come lo spazio dedicato al cinema di genere, il premio del  pubblico legato ai lungometraggi presentati nella Piazza Grande troverà di certo pane per i suoi denti nell’opera prima di un regista tedesco assurto all’onere della cronaca per il successo ottenuto con "Everything Will Be Okay", cortometraggio d’animazione capace di portare l’autore dritto alla notte degli Oscar, riscuotendo quella visibilità che oggi gli torna utile per esordire nel lungometraggio potendo contare su uno dei maggiori produttori indipendenti (FilmNation Entertainment) e, soprattutto, su  un colosso mediatico come Amazon Studios a cui spetterà la distribuzione internazionale del film.

Al di là dei nomi e soprattutto dei numeri su cui Patrick Vollrath ha potuto contare, "7500" deve molto alla presenza di un attore popolare come Joseph Gordon-Levitt, interprete americano che dopo essersi fatto le ossa e anche la reputazione  in produzioni low cost è riuscito a collocarsi in pianta stabile nel cinema che conta, annoverando una serie di titoli in cui la spettacolarità della confezione è compensata da registi pensanti quali Oliver Stone e Robert Zemekis, bravi a scorgere nella sua aria da ragazzo della porta accanto il physique du role per compiere imprese fuori dall’ordinario. Come quelli di Edward Snowden e Philippe Petit anche il Tobias Ellis di "7500" è infatti un uomo come tanti altri che si ritrova (in questo caso non per sua volontà) a dover affrontare una realtà più grande di lui. Dei personaggi interpretati per i due maestri americani quello di Vollrath finisce per avere qualcosa di entrambi. Come il protagonista di "The Walk", Elias si ritrova "sospeso" nel vuoto in una condizione di massima precarietà, alla pari di Snowden, invece, deve confrontarsi con la conseguenze della minaccia terroristica. Secondo pilota di un volo commerciale (caratteristica che rafforza ancora di più il basso profilo del personaggio), il protagonista insieme ai passeggeri e al resto dell’equipaggio si ritrova vittima del dirottamento aereo organizzato da una cellula islamica pronta a uccidere pur di portare a compimento il proprio piano.

Nota agli appassionati del genere, la vicenda in questione è a dir poco paradigmatica non solo nel rapporto tra le parti in causa, costruito sulla scia del classico uomo solo contro tutti, ma, questa volta più di altre, per il fatto di assegnare le sorti dei passeggeri a un soggetto che fin dalle prime immagini afferma il proprio anonimato attraverso l’escamotage con il quale tenta di nascondere  - seppur senza successo - il fatto di essere il compagno (fedele) di una delle hostess e il padre dei suoi due figli. Le sequenze introduttive in cui i due si ritagliano un momento di innocente intimità  bastano non solo a legittimare l’istituzionalità del personaggio ma anche per innescare l’indicibile tragedia, allorquando è proprio la donna a diventare merce di scambio con cui i terroristi  tentano di farsi aprire la cabina di comando per prendere il controllo dell’areo.

Appellandosi al massimo del realismo, in ragione del quale l’attore americano ha accettato il progetto (dopo la rinuncia di Paul Dano), "7500" non perde tempo per rivelare le proprie carte, trasformando quello che poteva essere l’ennesima variante della serie “Airport” in una vera e propria “trappola per topi”. Succede infatti che le circostanze del caso portano il protagonista -  e nel corso della storia una serie ristretta dei suoi "interlocutori" - a fare della cabina di pilotaggio lo spazio del film, l’unico che la mdp è autorizzato a riprendere (in tempo reale).

Una scelta, quella del regista, che se da un lato assicurava il vantaggio di una messinscena a basso costo (appena 5 milioni di dollari), dall’altro obbligava a fare i conti sul bisogno di far coincidere la verosimiglianza dei contenuti con l’intrattenimento delle immagini, e dunque a far scaturire la tensione senza usufruire degli aiuti forniti dalle meraviglie degli effetti speciali. In questo senso la regia di "7500" è di quelle rigorose, assegnando rispettivamente all’interpretazione dell’attore principale, al ritmo del montaggio e, infine, alla fluidità delle riprese, di rimanere tali per tutta la durata del film, anche quando, ad un certo punto, l’abitacolo finisce per essere occupato da un ulteriore passeggero, costringendo l’occhio del regista a un convulso quanto claustrofobico “corpo a corpo” con gli attori.

Abituato a lavorare sulla concentrazione spaziale e sull' incontro/scontro dei (pochi) caratteri, peculiarità del genere action da lui praticato nel summenzionato cortometraggio, il regista tedesco è bravo nel far discendere la tensione dall’accumulo delle situazioni come pure di riuscire nell’intento di non far sapere/vedere allo spettatore cosa succede al di fuori del raggio d’azione della mdp. Non altrettanto riuscita è invece la possibilità di articolare le potenziali suggestioni offerte dall’utilizzo del fuori campo che, ahimè, in "7500" osi ferma davanti all’oscurità e ai bagliori di luci provenienti dai vetri della cabina.  Un’assenza che pesa non solo dal punto di vista dello sviluppo narrativo,  subordinato alla visione del contingente ma incapace di rimandare ad altro, come per esempio succedeva in "Il colpevole - The Guilty" di Gustav Moller, in cui l’assenza di spazio era - oltre che un thriller - anche il viatico per un viaggio nella parti più oscure dell’esistenza umana.


12/08/2019

Cast e credits

cast:
Joseph Gordon-Levitt, Aylin Tezel, Aurélie Thépaut, Carlo Kitzlinger


regia:
Patrick Vollrath


distribuzione:
Amazon Studios


durata:
92'


produzione:
MMC Studios, FilmNation Entertainment


sceneggiatura:
Patrick Vollrath


fotografia:
Sebastian Thaler


montaggio:
Hansjörg Weißbrich


Trama
Un volo di linea è preso in ostaggio da una cellula di terroristi islamici