Ondacinema

recensione di Antonio Pettierre
5.0/10
Al suo terzo lungometraggio, il regista spagnolo Pablo Berger, dopo il successo di "Blancanieves", gira una commedia dove assembla differenti registri che vanno dalla commedia sociale al thriller paranormale.

In "Abracadabra" ci troviamo di fronte a una famiglia proletaria madrilena con Carmen (Maribel Verdù) sposata al muratore Carlos (Antonio de la Torre) e con una figlia adolescente, poco prima della partecipazione a un matrimonio di un parente. Carlos è rappresentato fin da subito come un uomo volgare, rude, violento, acceso tifoso del Real Madrid - tanto da continuare a sentire la partita alla radio anche durante la cerimonia nuziale e gridando quando la squadra del cuore perde, con gran scompiglio di tutti. Carmen è una donna in cerca dell'attenzione di un marito disattento, geloso e concentrato su se stesso e i suoi bisogni primari.

Durante la festa di matrimonio, il cugino di Carmen, Pepe, tenta un esperimento di ipnosi su Carlos: in un primo momento sembra fallire, con la presa in giro pubblica da parte di Carlos. Ma il giorno seguente Carmen scopre che il marito è cambiato diventando una persona attenta e gentile nei suoi confronti e della figlia. Lo sviluppo di "Abracadabra" prende la piega dell'indagine paranormale quando lei e il cugino scoprono che Carlos è "posseduto" dallo spirito di Tito, un giovane schizofrenico che negli anni 80 ha ucciso la madre e compiuta una strage proprio nello stesso locale dove si è svolta la festa matrimoniale del parente di Carmen.

"Abracadabra" riprende lo stile grottesco del film precedente di Berger: ma se lì viene utilizzato in chiave postmoderna il bianco e nero e l'assenza del sonoro, con una riformulazione del periodo del cinema muto, qui, al contrario, abbiamo il tripudio di colori ipersaturi, dove l'eccesso è ovunque: nei comportamenti dei personaggi, tutti sopra le righe, nei costumi, che rasentano il clownesco, nelle sequenze, che riprendono un certo cinema degli anni 80 ipervitalistico. Esempi sono la sequenza della festa nuziale (che ricorda in qualche modo quella iniziale di "Reality" di Matteo Garrone); oppure la scena notturna nel locale dove Carmen e Carlos (posseduto dall'anima di Tito) si gettano in  un ballo avvolti dalla "febbre del sabato sera"; o, ancora, il tentativo di liberare Carlos dallo spirito del morto con l'incursione nell'ospedale per trovare un nuovo ospite con l'ausilio del dr. Fumetti, maestro di ipnosi di Pepe. Anche la visita di Carmen e Pepe, nella casa dove ha vissuto Tito, per scoprire qualcosa su di lui, si trasforma in uno sfoggio di eccesso e iperrealismo.

Berger mette in scena, alla fine, una radiografia della famiglia proletaria contemporanea, dove la donna è ancora oppressa e che, dopo il lungo percorso di presa di coscienza, la porterà a liberarsi di entrambi, del marito oppressore e del fantasma pazzo e sanguinario che la ama. Una libertà ottenuta a caro prezzo, in una solitudine infelice, rappresentata metaforicamente dalla pioggia scrosciante nell'ultimo primo piano di Carmen che si lascia alle spalle passato e presente.

"Abracadabra" più che un film postmoderno (ormai termine usurato per opere di questo genere) è un'esplosione del camp, con un uso deliberato e forzatamente esplicito del kitsch, dove il pacchiano sommerge tutto il film in ogni inquadratura e nella messa in scena. Berger, debitore al primo Almodovar (quello di "Pepi, Luci e Bom e le altre ragazze del mucchio" e di "Donne sull'orlo di una crisi di nervi") e di  Álex de la Iglesia di "Le streghe son tornate", cerca di rielaborare la materia così composita della sua nuova pellicola, utilizzando stilemi collaudati e ormai consunti, cercando di mitigare il tutto attraverso la lente del grottesco, di per sé difficile da utilizzare e che richiede una grande sensibilità stilistica.

Ma Berger non riesce a controllare sempre elementi visivi così complessi e spesso, al contrario, cade in molte scene e sequenza nel ridicolo (su tutte quella dell'equivoco con la coppia di scambisti oppure quelle dove è presente il personaggio del dr. Fumetti, nomen omen). E a nulla serve la presenza di una coppia di attori come Maribel Verdù e Antonio de la Torre che, pur dando prova di professionalità, sono travolti da personaggi in cui l'eccesso è nativo fin dalla sceneggiatura e la regia di Berger fallisce nel contenerli, lasciandoli in balia degli eventi. "Abracadabra" risulta così un film incompiuto, i cui limiti formali sono evidenti e dove il contenuto implode in ripetizioni di situazioni che, invece di stupire, alla fine riescono anche a risultare noiosi.

20/05/2018

Cast e credits

cast:
Maribel Verdú, Antonio de la Torre, José Mota, Josep Maria Pou


regia:
Pablo Berger


distribuzione:
Movie Inspired


durata:
96'


produzione:
Arcadia Motion Pictures, Atresmedia Cine, Atresmedia, Canal+ España


sceneggiatura:
Pablo Berger


fotografia:
Kiko de la Rica


scenografie:
Alain Bainée


montaggio:
David Gallart


costumi:
Paco Delgado


musiche:
Alfonso de Vilallonga


Trama
Carmen vive nella periferia di Madrid con suo marito, tifoso del Real Madrid, e la figlia adolescente. Una domenica, proprio il giorno in cui gioca la squadra del cuore di Carlos, la famiglia partecipa al matrimonio di un parente. Durante la festa nuziale, il cugino di Carmen, improvvisa per i partecipanti un numero di ipnotismo su Carlos. In un primo momento sembra fallire, invece l’uomo viene posseduto dallo spirito irrequieto di un giovane serial killer. Carmen e Pepe cercheranno in tutti i modi di liberare Carlos dall’intruso.

 

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