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recensione di Alessio Cossu
5.0/10

A quattro anni di distanza da "Come un gatto in tangenziale", Riccardo Milani torna con il sequel  della commedia imperniata sempre su Antonio Albanese e Paola Cortellesi. I due, che nel precedente film da perfetti sconosciuti facevano balenare l’inizio di una relazione parallela a quella intrecciata dai rispettivi figli adolescenti, proseguono nella frequentazione. Il titolo della pellicola fa riferimento proprio alla difficoltà di coltivare una relazione tra persone profondamente diverse. A parte lo stratagemma narrativo che sacrifica il buon senso comune e che vede una pariolina frequentare un coatto di borgata, va riconosciuta al regista un’apprezzabile coerenza nella volontà di mettere a nudo i nodi al pettine della relazione che si erano profilati nel primo film; sotto questo aspetto, "Come un gatto in tangenziale - Ritorno a Coccia di Morto", più che un seguito va considerato come una sorta di approfondimento del soggetto prescelto. Giovanni e Monica, apparentemente assai diversi non solo per stile di vita, fanno i conti con le difficoltà insite nel ruolo genitoriale agli occhi dei figli più che con quelle legate alla tenuta della loro rispettabilità sociale; tant’è vero che una delle sequenze chiave è quella della villeggiatura, quando il rimbrotto dei genitori ai figli si traduce in un boomerang.

Da questo punto di vista è innegabile che il messaggio di Milani va ben al di là della comicità farsesca. Tuttavia, ciò che sembra mancare nel film è un’adeguata messa in scena, una certa cura dei dettagli che, senza giungere all’alchemica precisione della commedia sofisticata americana e senza la pretesa di rivaleggiare con quella nostrana d’autore, avrebbe portato a ben altri esiti. Non che manchi infatti la duttilità degli interpreti principali: Albanese e la Cortellesi si calano a meraviglia nei loro ruoli incarnando più che plausibilmente due modelli della società italiana del terzo millennio, e la loro espressività trascende le gag e le singole battute di dialogo. Tanto lui è credibile nella goffa bonarietà dei propositi, quanto lei è a suo agio nel gestire da par suo il menage familiare. Ciò che stride è l’inconsistenza macchiettistica di altri personaggi, come quello impersonato da un Claudio Amendola in versione galeotta, e che sembra dover tornare in carcere perché non ha molto da dire sulla scena; o come le gemelle della famiglia di lei, decisamente stantie e prevedibili, ancorchè cleptomani. Ancora, le parentesi oniriche di Giovanni poco aggiungono al protagonista maschile, e per quanto compaia qualche citazione cinefila, come la religiosa che fa il verso a Bengt Ekerot de "Il settimo sigillo" o le gemelle, copia (e coppia) extralarge di quelle che appaiono al Danny di "Shining", il tutto è semplicemente una variazione sul tema della paura tragicomica sul modello di tanta cinematografia d’oltreoceano, e non conduce lo spettatore da nessuna parte.

In "Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di morto" a latitare è la macchina da presa consapevole dei propri mezzi espressivi. Inquadrature dall’alto ridondanti, rari i totali che sintetizzino iconicamente le contraddizioni e le distanze tra i personaggi; sempre la necessità di operare degli stacchi, quasi a mostrare al pubblico una sola cosa per volta, a imbandirgli un cibo precotto, quando non predigerito, esentandolo financo dal diritto-dovere della masticazione. Non molto meglio la fotografia, uniforme e monotona; eppure le location sono quanto di più diverso si possa pensare, visto che si passa dalla borgata alla spiaggia, indi ai palazzi in vetro-cemento delle istituzioni europee, al chiuso di quelle religiose o ai vernissage a scopo benefico. In definitiva, il sequel rappresenta un prodotto cinematografico più riuscito rispetto al suo antecedente perché porta i sentimenti a non essere semplicemente enunciati, ma a misurarsi nella pratica della quotidianità, in un terreno di gioco in cui la coerenza è il prezzo da pagare nel caso in cui si vogliano imporre delle regole. Ciò detto, il film è dunque lontano dalle prove migliori dello stesso autore, come "Auguri professore" (1997) e soprattutto "Piano, solo" (2007) poiché mostra ancora i punti deboli di "Mamma o papà?" (2017) e "Ma cosa ci dice il cervello?" (2019).


04/09/2021

Cast e credits

cast:
Beatrice Schiros, Alice Maselli, Luca Argentero, Sarah Felberbaum, Sonia Bergamasco, Claudio Amendola, Antonio Albanese, Paola Cortellesi


regia:
Riccardo Milani


distribuzione:
Vision Distribution


durata:
109'


produzione:
Wildside


sceneggiatura:
Furio Andreotti, Giulia Calenda, Paola Cortellesi, Riccardo Milani


fotografia:
Saverio Guarna


scenografie:
Maurizia Narducci


montaggio:
Patrizia Ceresani, Francesco Renda


costumi:
Alberto Moretti


musiche:
Andrea Guerra


Trama

Dopo che Monica, grazie a Giovanni, ha potuto commutare la propria pena detentiva in un’attività benefica presso un’istituzione religiosa, i due continuano a frequentarsi ignari del fatto che i rispettivi figli adolescenti facciano altrettanto. Quando questi ultimi rientrano dall’Inghilterra e i genitori vorrebbero ufficializzare la loro relazione, si scopre che la figlia di Giovanni aspetta un bambino.   

 
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