Ondacinema

recensione di Federica Bello
7.0/10

Il nuovo horror belga di Jonas Govaerts esce prepotentemente dagli schemi ingessati del genere, rivelandosi un film d'atmosfera dalla forte carica suggestiva.
Tutto si svolge in un bosco misterioso, dove un gruppo di boy scout pianta le tende per il campo estivo. Nel gruppo di lupetti, Sam è un bambino problematico e introverso che subito percepisce la presenza di un'oscura figura, che caccia soprattutto prede umane con ingegnosi marchingegni meccanici sparsi per il bosco.

Certamente questo non è il classico film horror che piace tanto agli adolescenti, infatti, nonostante la presenza dell'"orco cattivo" nel bosco, la pellicola non punta alla tensione, ma piuttosto si aggrappa alle atmosfere oniriche dell'incubo. La foresta oscura, nella tradizione favolistica, rappresenta il luogo del pericolo per eccellenza: perdersi nel bosco per Ariosto, nell'Orlando Furioso, significa smarrire il senno e incorrere negli incubi dell'incoscienza. In questo bosco il male che si palesa non è soprannaturale, ma è parte imprescindibile dell'umanità: Sam, il cui passato misterioso è violento, riconosce e individua immediatamente la presenza oscura, perché essa è già parte di lui. Nel bosco s'incontrano le streghe per celebrare il Sabbath invocando il demonio, si aggira il lupo famelico e vivono tutte le fattucchiere voraci di carne innocente; a quanto pare in questa fitta vegetazione gli uomini nascondono la propria bestialità, che, di tanto in tanto, emerge alla luce per inorridirli.

Dunque, il bosco è metafora sia dell'inconscio, che del brutale e atavico istinto dell'uomo: nel bosco non vivono solo le sue paure, ma anche i suoi traumi e le sue debolezze. Non c'è un lieto fine per la natura umana, che non può redimere se stessa; nel bosco si consuma la tragedia dell'esistenza cui nessuno può sfuggire. L'oscura presenza, avvistata da Sam, è coperta di fango e indossa una maschera particolare, in corteccia d'albero e con corna prominenti, che ricordano il Dio Pan: divinità boschiva più tardi associata anche al fauno. Queste divinità del bosco sono i progenitori delle fate, che in antichità erano considerati dispettosi spiritelli, a volte letali per l'uomo. Come già detto, il bosco nel film è tappezzato da trappole mortali, che, secondo quest'ultima interpretazione, potrebbero rappresentare i magici cerchi delle fate: girotondi creati da questi esseri fantastici, invisibili agli occhi di colui che, inciampato al suo interno, vi rimane intrappolato per sempre.

Certamente il regista lascia molto spazio alle interpretazioni personali, perché il film è privo del classico "spiegone" finale. Lo spettatore rimane interdetto perché sono forniti solo piccoli indizi, e tutto il resto è lasciato all'immaginario personale. Questa è una scelta rischiosa, poiché una storia sanguinaria senza un preciso movente spinge lo spettatore allo smarrimento e pretende un'analisi attenta, lontana da sguardi superficiali.
Nel complesso, "Cub - Piccole prede" si rivela un coraggioso esperimento, che batte nuove strade dell'horror lontane dal brivido momentaneo, vicine all'interpretazione onirica e a suggestioni visive.


30/11/2014

Cast e credits

cast:
Maurice Luijten, Titus De Voogdt, Stef Aerts, Evelien Bosmans, Jan Hammenecker


regia:
Jonas Govaerts


titolo originale:
Welp


distribuzione:
Notorious Pictures


durata:
84'


produzione:
Potemkino


sceneggiatura:
Jonas Govaerts


fotografia:
Nicolas Karakatsanis


montaggio:
Maarten Janssens


musiche:
Maarten Janssens


Trama
Atmosfere oniriche e da incubo in questo horror belga di Jonas Govaerts, dove il bosco è protagonista delle paure ancestrali dell'uomo