Ondacinema

recensione di Mirko Salvini
7.0/10
Anche se "Variety" ha azzardato il paragone con "Kramer contro Kramer" di Robert Benton, in "Dopo l'amore" del belga Joachim Lafosse, dramma coniugale presentato con successo all'ultimo festival di Cannes, nella "Quinzaine", nessuno abbandona partner e figlioletto per poi ripresentarsi tempo dopo ma anzi succede esattamente il contrario. Qui Marie e Boris continuano a vivere da separati in casa, prendendosi cura delle loro bambine, cui promettono che le cose continueranno a procedere come sempre, anche se le tensioni fra i due diventeranno man mano più forti.

Già coi precedenti "Proprietà privata" e "A perdre la raison", Lafosse si era messo in luce come nuova voce del cinema francofono in grado di raccontare le contraddizioni del sistema famiglia nella società europea contemporanea; "Dopo l'amore" continua questo suo percorso. L'accostamento che è stato fatto col famoso film premio Oscar acquista senso se si pensa che i melodrammi familiari anni settanta e ottanta sono stati probabilmente una fonte di ispirazione per il regista, forse nella loro volontà di evitare, almeno quelli americani, le situazioni più spinte (in verità tipiche del mélo cinematografico classico) oltre che quelle svolte troppo estreme che, la cronaca ci insegna, sono spesso la conseguenza di convivenze forzate protrattesi più del dovuto.

Bérénice Bejo interpreta Marie, la moglie che ha sulle spalle l'economia della coppia (titolo originale della pellicola), ruolo vicino a quello del film di Farhadi, "Il Passato", mentre il regista-attore Cédric Kahn ("Roberto Succo", "Luci nella notte" e "La noia") è Boris, il marito disoccupato che non può permettersi di lasciare il tetto coniugale, a meno che la ormai ex consorte non gli conceda una buona uscita, giustificata dal fatto che l'uomo, carpentiere che pretenderebbe di essere architetto, ha curato i lavori della casa dove abitano (lavori che comunque sono stati pagati dalla sua dolce metà, di famiglia benestante, cosa che la donna tra l'altro non si trattiene dal ricordare). Per ribadire l'importanza di questa dimensione domestica ormai compromessa, Lafosse sceglie almeno per i primi due terzi della pellicola di mantenere l'unità di luogo, e così tutto si svolge nell'appartamento che i due protagonisti si contendono. La macchina da presa riprende i riti di una quotidianità solo in apparenza ordinaria (i pasti tutti insieme, il bagno alle bambine, il prepararsi ad uscire) che comunque non sono sufficienti a nascondere una situazione ormai irrecuperabile (Marie pretende che Boris rispetti i giorni in cui è lei che deve aiutare le figlie a sistemarsi e gli rimprovera persino di mangiare il suo formaggio). In verità nonostante la donna ripeta ad ogni piè sospinto di non essere più innamorata, il marito ribadisce che sarebbe proprio lei a non volere il suo trasferimento e diversi passaggi del film sembrerebbero dargli ragione: i loro continui sguardi, il ballo insieme alle bambine o la lunga sequenza muta in cui Marie fa il giro della casa con la musica di Bach a fare da commento (il film non ricorre a musiche originali), per poi fermarsi nello studio di Boris guardandolo senza dirgli niente. La madre (che ha il volto della veterana Marthe Keller) si lamenta con Marie perché non riesce ad accettare il cambiamento dei suoi sentimenti verso il marito e che comunque le separazioni stanno aumentando perché non c'è più volontà di salvare le relazioni. Ovviamente Lafosse non ci dice chi abbia torto o ragione e preferisce, in questo apprezzabilmente, non insistere sulle motivazioni di Marie, però certamente suggerisce quella che è l'unica soluzione assennata della vicenda.

Probabilmente proprio una certa assennatezza, talvolta anche troppo insistita, come nella scena della cena di Marie con i suoi amici cui Boris si unisce a sorpresa (situazione che è stata raccontata in maniera ben diversa in tanti altri film), costituisce la chiave per capire non solo i personaggi ma l'opera stessa che evidentemente alle esplosioni preferisce le modulazioni. In questo significativa è la svolta drammatica prefinale che risolve la storia.

Lafosse, aiutato dal direttore della fotografia Jean-François Hensgens a ben valorizzare gli interni di Olivier Radot, sfrutta al meglio l'apporto della coppia Bejo-Kahn la cui chimica ben rende l'idea di due persone che si sono amate molto e forse non hanno ancora smesso di farlo. Le due piccole Jade e Margaux Soentjens (sorelle nella vita come nella finzione) ribadiscono che ci sono anche attori-bambini non petulanti, basta saperli trovare e, forse, dirigere.

20/01/2017

Cast e credits

cast:
Bérénice Bejo, Cédric Kahn, Marthe Keller, Catherine Salée, Jade Soentjens, Margaux Soentjens


regia:
Joachim Lafosse


titolo originale:
L'économie du couple


distribuzione:
Bim Distribuzione


durata:
98'


produzione:
Versus Prod.


sceneggiatura:
Joachim Lafosse, Fanny Burdino, Thomas Van Zuylen, Mazarine Pingeot


fotografia:
Jean-François Hensgens


scenografie:
Olivier Radot


montaggio:
Yann Dedet


costumi:
Pascaline Chavanne


Trama
Dopo 15 anni di matrimonio, Marie e Boris decidono di divorziare.Dal momento che Boris non può permettersi un'altra casa,devono continuare a vivere insieme. Una situazione molto complicata perché nessuno dei due è disposto a cedere.
Link

Sito ufficiale

Sito italiano