Ondacinema

recensione di Diego Testa
8.0/10

dragged across concrete



Urgenza comunicativa


La titolistica di S. Craig Zahler punge sul vivo spettatore e personaggi: il tomahawk d'osso con cui finire squarciati, il pestaggio nel blocco 99 e per terzo il trascinamento sul cemento. In "Dragged Across Concrete" ci sono alcuni dialoghi  che sia metaforicamente sia pragmaticamente rinviano al concetto del finire sbattuti sul cemento e questo duplice tipo di riferimento segna già una netta differenza con le due opere precedenti, data la sua natura fortemente riflessiva e metaforica.
"Dragged Across Concrete" dilata i tempi per comunicare tutte le urgenze di scrittura. Zahler sembra incapace questa volta di contenere la sua straripante capacità di creare personaggi e farli parlare di sé. La trama rimane elemento di genere, espressione di un mondo costruito sul genere ma che in verità si prende tempi lunghissimi per esprimersi oltre l'immediatezza dello stesso. 
Un'urgenza comunicativa puntualizzata dalle divagazioni dialogiche che i personaggi di questo polar intavolano continuamente, spostando il focus dall'azione in camera verso elementi di contorno espressi attraverso scambi di battute, foto, fuoricampo.
Un'evoluzione rispetto soprattutto a "Bone Tomahawk" in cui i caratteri finivano per essere bozzetti grotteschi, per quanto intelligenti e voluti.
Leggasi concrete come concreto, poiché Zahler riesce a far convivere l'asciutezza del racconto con la profondità del raccontato. Un world builing solidissimo accoppiato a una capacità registica tipica di alcuni maestri dello stesso campo da gioco (si pensi a Walter Hill o Don Siegel).
E ancora la concretezza ravvisabile in una durezza di fondo melanconica, pressante. Quella che porta due poliziotti di Bulwark, Brett Ridgeman e Anthony Lurassetti, a convincersi di sottrarre il denaro di una rapina a un gruppo di professionisti armati. O dentro o fuori, come già accaduto nelle due prove precedenti di Zahler, i due protagonisti al servizio della legge la infrangono piegati dalle necessità avverse. A riprova di un mondo grigio e cementificato nel malessere (bulwark sta per muro difensivo), l'ironia che pure abbonda lascia una traccia amara e sconsolante.

Questa volta Zahler ha spazio di manovra e minutaggio per uscire dal tracciato lineare di "Bone Tomahawk" e "Cell Block 99", caratteristica che inasprisce e al contempo corrobora l'incedere elefantiaco di questo terzo film del regista di Miami.
Zahler imbastisce un poliziesco noir che intreccia molteplici punti di vista, addirittura si permette di creare un inciso narrativo da zero nel pieno svolgimento del film unicamente per avere un climax emotivo di pochissimi istanti. Questo fa comprendere come "Dragged Across Concrete" necessiti di incidere lentamente dettagli nelle maglie del plot, sommando continuamente eppure concedendosi soltanto parzialmente.
Il film si nasconde in dettagli come il masticare rumorosamente durante un appostamento, il racconto di una festa di compleanno durante una rapina o in una chiamata vocale celata alle orecchie dello spettatore.
Questa forza si fa apertamente espositiva, dichiaratamente classica nella maniera in cui, ancora una volta, Zahler dirige (e Greg D'Auria monta): macchina fissa, campi lunghi/medi all'inizio di un cambio di scenario, controcampi nei dialoghi, raccordi sull'asse, punti di vista mai falsati. Un modo di girare limpido, strumentale a forza e violenza espresse con totale schiettezza dal suo cinema.

(A)politico

In qualunque intervista a Zahler vi imbattiate, alla domanda "il tuo è un cinema politico?" lui risponderà, qui parafrasando, che lo spettatore può vederci e incollarci ciò che preferisce.
Indubbiamente nel suo cinema si notano le influenze di tanto cinema politico di genere, primo fra tutti emerge la somiglianza con John Carpenter soprattutto nella capacità di mettere in scena l'approccio diretto e violento da b-movie contaminato dalla riflessione sulla società contemporanea.
Un pessimismo sostanziale attornia i personaggi anziani, ormai scaduti di Zahler. Il detective Brett è assillato dalle difficoltà economiche e personali; a queste si aggiunge la difficoltà a operare con fare reazionario, violento, in un mondo digitalizzato che tutto guarda e registra. E dopo che Brett viene ripreso ad arrestare con metodi violenti un messicano, i media pasteggiano sulla vicenda come industria dell'intrattenimento. Brett e Antony vengono sospesi. Questa è riflessione politica.
Da qui la necessità dei due di compiere un atto contro la stessa legge per cui operavano in modo da ovviare a una stasi economica e sociale personale.
Le stesse sensazioni di sconfitta e paralisi condivise dallo sceriffo Hunt e dell'ex pugile Bradley, sono per i due poliziotti il motore di una rivalsa destinata a crollare in maniera antiepica. Zahler non lesina su questa brutalità della vita attraverso un'espressione della violenza apparentemente contenuta stavolta, però sempre visibile a schermo. Come un novello Peckinpah stacca precisissimo dopo ogni sparo sui corpi crivellati, esplosi; o ancora la camera fissa sul sezionamento di un cadavere. La scelta estetica è quella di rimanere quanto più fedele a una immersione realistica e cruda, ecco perché le musiche sono quasi totalmente diegetiche provenienti dalle autoradio.
"Anchovies!" intercala costantemente Anthony ma suona quasi come un no choices. La metafora di fondo, visibile fino alla nausea, dichiara fermamente che a Bulwark vige il leonis leonem edit.

I rapinatori sono la rappresentazione del male, privi di volto e di nome, esecutori mortali e proprio per la loro freddezza fungono da elemento di trama tanto semplice quanto efficace. Il vero nemico con cui Brett non riesce a scontrarsi è il presente che progredisce in fretta, divenuto spettacolo, registrazione, impressione digitale su un hardware su cui avventarsi (come conferma la scelta di lasciare muto il messaggio audio della fidanzata di Anthony e la conseguente distruzione di Brett del telefono).
"Dragged Across Concrete" negli ultimi trenta minuti si trasforma in un western purissimo: l'assalto al furgone carico di lingotti d'oro, i continui stalli con le bocche da fuoco puntate. Zahler, coadiuvato dal montaggio di D'Auria, confeziona un finale ancora una volta lentissimo nei ritmi con svolte velocissime nei momenti concitati (nessun ralenty).
"Dragged Across Concrete" consolida la bravura di Zahler, capace spostarsi tra i generi, piegarli alle sue esigenze e al contempo evolvere le proprie necessità narrative.


12/02/2020

Cast e credits

cast:
Thomas Kretschmann, Don Johnson, Udo Kier, Michael Jai White, Jennifer Carpenter, Tory Kittles, Vince Vaughn, Mel Gibson


regia:
S. Craig Zahler


distribuzione:
Summit Entertainment


durata:
159'


produzione:
Unified Pictures, Cinestate, Look to the Sky Films, Moot Point Dragged Productions


sceneggiatura:
S. Craig Zahler


fotografia:
Benji Bakshi


scenografie:
Brian Davie


montaggio:
Greg D'Auria


costumi:
Tanya Lipke


musiche:
Jeff Herriott, The O'Jays, S. Craig Zahler


Trama
Due poliziotti vengono sospesi per aver utilizzato dei metodi violenti in azione. La loro unica possibilità per uscire dalla paralisi economica e sociale è appropriarsi di un carico d'oro appena trafugato da alcuni pericolosi rapinatori.