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recensione di Domenico Ippolito
6.0/10

L'elegante biopic di Dieter Berner racconta gli anni più turbolenti della vita di Egon Schiele, pittore austriaco che ha contribuito con le sue intuizioni a rivoluzionare l'espressionismo novecentesco, insieme ad altri disegnatori come Oskar Kokoschka e Alfred Kubin; la precoce morte dell'artista, a soli ventotto anni, e il lascito impressionante delle opere (oltre trecento dipinti e quasi tremila fra disegni e acquerelli), andrà ad alimentarne la fama postuma, tuttora intatta.

Vienna, 1920: la Grande Guerra, l'inutile carneficina che ha devastato l'Europa, è terminata. La capitale asburgica, quella che era una delle più importanti città del mondo, è decaduta come il suo Impero; gli abitanti cercano di sopravvivere all'influenza spagnola, la terribile pandemia esplosa in coda al conflitto. Serrato in una abitazione malridotta, accanto a una ragazza senza vita, giace in un letto pieno di cimici un giovane uomo, moribondo: è il pittore Egon Schiele, colpito anche lui dalla terribile malattia; sua sorella tenterà di salvarlo, procurandosi al mercato nero il chinino. Forse è già troppo tardi.

A ritroso, il film ci riporta a dieci anni prima: Egon è un giovane artista senza un soldo, in cerca di fortuna come tanti bohémien di Vienna; in mezzo agli amici, tra nottate passate a bere e a dipingere, le visite ai bordelli e le discussioni furiose dei vent'anni, tenta di vendere i primi quadri, ma viene snobbato, quando non deriso o accusato di oscenità, dai suoi contemporanei. Il giovane appartiene a una generazione indolente (la stessa raccontata nei libri di Joseph Roth); eppure Schiele lavora come un ossesso, sa di possedere talento e si lascia aiutare, anche economicamente, dal suo mentore Gustav Klimt, più anziano e già affermato. Sarà così, tra modelle (troppo) giovani e la prorompente, morbosa sensualità che infonde nei suoi primi disegni, per cui subirà un processo e verrà incarcerato, che cercherà di superare le convenzioni dell'epoca e di imporre la sua arte provocatoria.

Il tono vivido, un po' naif della rappresentazione scenica, regge grazie alla vitalità dirompente degli attori: il debuttante Noah Saavedra nel ruolo principale e soprattutto la magnetica Valerie Pachner in quello di Wally, "la ragazza dai capelli rossi", una modella "prestata" da Klimt a Schiele, che poi diventerà la sua compagna. La sceneggiatura del film, forgiata a quattro mani dal regista con la moglie, la scrittrice austriaca Hilde Berger, già autrice della biografia di Schiele, acquista il tono greve del melodramma: il pittore, dopo mille difficoltà, riuscirà a imporre i suoi quadri, ma l'uomo ne verrà fuori con le ossa rotte.

La regia di Berner, pur senza eccellere, riesce a non farsi soffocare dall'ardore dell'arte del genio viennese, e trova il suo giusto spazio negli interni, spesso girati in condizioni di luce reali, lasciando entrare lo spettatore nell'universo dell'artista. È il tentativo di afferrare e comprendere il dono magico della creazione pittorica: la genesi del quadro "La morte e la fanciulla", uno dei più osannati di Schiele, avverrà proprio in questa toccante, ambigua dimensione intima.


17/02/2018

Cast e credits

cast:
Noah Saavedra, Valerie Pachner


regia:
Dieter Berner


titolo originale:
Egon Schiele: Tod und Mädchen


distribuzione:
Draka e Twelve Entertainment


durata:
110'


produzione:
Franz Novotny, Alexander Glehr, Bady Minck, Alexander Dumreicher-Ivanceanu


sceneggiatura:
Dieter Berner, Hilde Berger


fotografia:
Carsten Thiele


scenografie:
Götz Weidner


montaggio:
Robert Hentschel


costumi:
Uli Simon


musiche:
André Dziezuk


Trama
Il giovane Egon Schiele cercherà di imporre la sua arte provocatoria nella Vienna di inizio secolo, tra scandali e giovani modelle...
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