Ondacinema

recensione di Giuseppe Gangi
8.0/10

Ancora c'è chi non riesce a credere che Miike Takashi possa essere considerato uno dei più grandi registi contemporanei: c'è chi inorridisce affermando che il genio di Osaka si sia spento da anni e chi invece pensa che non si sia mai acceso. Noi che non abbiamo mai nascosto una certa titubanza nei confronti di una sua apertura al mainstream, non abbiamo esitato a esaltarci di fronte a un capitolo definitivo e apocalittico del suo mondo autoriale, il jidai-geki "13 Assassini", e "Lesson of the Evil", presentato al Festival di Roma (dove abbiamo presenziato anche al suo incontro con la stampa), ha confermato l'eccellente stato di forma, nonostante il regista sia entrato nel terzo decennio di carriera.

"For Love's Sake", a Cannes 2012 come proiezione di mezzanotte, non è un mero divertissement né una marchetta rivolta al grande pubblico, come la fonte originaria, un celebre manga dei primi anni 70, potrebbe far malignamente supporre. È l'ennesimo capitolo di una filmografia che continua a spiazzare e a spaziare liberamente tra generi e stilemi eterogenei, conferendo ad ogni opera un tono particolare, trascendendo qualsiasi regola o imposizione predeterminata. D'altra parte se si chiede a Miike quante sceneggiature alla fine delle riprese siano state seguite fedelmente, lui risponde senza problemi: quasi nessuna. Ed è proprio la libertà sfrontata di Miike a rendere "For Love's Sake" un film esemplare per quanto riguarda l'adattamento (l'ennesimo) di un manga per la Settima Arte. Le linee principali del semplice plot si colgono nei primi minuti di film: il prologo (così come l'epilogo) è un anime in cui vediamo la piccola Ai Saotome che viene mandata dai suoi ricchi genitori a sciare per la prima volta da sola; la ragazzina comincia a calare in picchiata senza riuscire a fermarsi e un coetaneo, che la osservava da lontano, la raggiunge salvandola, ma procurandosi una ferita che non ci viene mostrata: vediamo solo delle gocce che macchiano il candido manto di neve e il ragazzino che afferma sprezzante di pentirsi di aver aiutato una ragazza ricca. Si passa al live-action e nel 1972 per le strade di Tokyo si presenta Makoto Taiga, un teppista che non si fa problemi a picchiare selvaggiamente chiunque gli rivolga la parola o lo ostacoli: in quel ragazzo, segnato da una brutta cicatrice sulla fronte, Ai riconosce chi le aveva salvato la vita undici anni prima. Così gli dichiara il suo amore e fa di tutto per riportarlo "sulla retta via".

"L'amore non dà pace. L'amore è un campo di battaglia" recitano le frasi prima della sequenza animata: quasi una dichiarazione di poetica per chi, come Miike, ha sempre visto nell'amore (per una donna, un uomo, o per un figlio) l'ultimo baluardo per un'umanità sull'orlo delle più perverse follie.
Se lo sviluppo narrativo può apparire meno denso e interessante rispetto ad altre sue opere, e meno compatto anche solo se paragonato alla violenta coerenza di "Lesson of the Evil", è il lavoro linguistico-formale a rendere "Ai to Makoto" un'opera di estremo interesse: in una storia sempre a metà tra la commedia e il melò intervengono furiose sequenze d'azione e folli break musicali in un assemblaggio multiforme che ricorda da vicino quel capolavoro (poco compreso) di "The Happiness of Katakuris" (2001). Miike sfrutta le basi di quello che è un classico shonen (cioè un manga per ragazzi che racconta di amicizia, amore e lotte tra i banchi di scuola) per lanciarsi in spericolate sperimentazioni e capitalizzare anche quanto aveva fatto col dittico di "Crows Zero", citato quando Taiga entra nell'istituto Honazono. "For Love's Sake" è difatti il suo "West Side Story" ambientato nella Tokyo del boom economico, dove i due amanti sono separati non tanto da gang rivali quanto da condizioni sociali diametralmente opposte: fotografia e montaggio lavorano in sinergia per ironizzare con sarcasmo sul classismo nipponico e, a tal proposito, sono rimarchevoli le sequenze dell'autopresentazione canterina dei ricchi (e felici) genitori di Saotome e l'entrata all'istituto commerciale di Taiga, la scuola "per quelli come lui". Satura di colori pop e psichedelici, la fotografia passa dalla linda perfezione alto-borghese alla fatiscenza dei bassifondi di Tokyo, mentre Miike, su di giri come sempre, usa la mobilità della steadycam insieme alle consuete virate a schiaffo, per essere al centro dell'azione con Makoto e in un distacco puro e innocente in sintonia con Ai. Il continuo cambio di registro porta a momenti deliranti, da inserire nell'antologia miikiana: già cult la patetica dichiarazione d'amore di Iwashimizu (il quattrocchi innamorato di Ai), lo coreografia da musical della gang di Zao Gonta (sulle note della sigla di "Ookami Shonen Ken", anime degli anni 60) e il flashback in cui Yuki, la ragazza triste, ricorda la sua infanzia come fosse in un teatro di marionette. 

Il personaggio di Makoto assume poi le caratteristiche dell'outcast miikiano: sradicato, alla ricerca di identità, si trova ad affrontare una società che lo considera un reietto. Il fine del suo trasferimento a Tokyo è infatti trovare la madre che l'aveva abbandonato e vendicarsi, ma è prima costretto a barcamenarsi tra altre figure femminili contraddittorie che lo aiutano a maturare: l'innamorata e devota Ai, la solitaria e vendicativa Yuki, l'aggressiva Gumko. Il riposizionamento sociale desiderato dalla ragazza è di volta in volta procrastinato o dalle sue bravate o da un mondo che lo vuole solo espellere.

Sempre a metà tra l'ironia surreale e una disperazione esistenziale che ha ben poco di consolatorio, Miike porta avanti il suo discorso cinematografico con l'eclettismo e l'originalità del suo stile, riuscendo ormai senza problemi a contaminare progetti apparentemente lontani dai suoi propositi.


16/02/2013

Cast e credits

cast:
Satoshi Tsumabuki, Emi Takei, Takumi Saito, Ito Ono, Sakura Ando, Tsuyoshi Ihara, Masachika Ichimura


regia:
Takashi Miike


titolo originale:
Ai to Makoto


durata:
134'


produzione:
Takayuki Sugisaki, Masamutsu Washizu, Misako Saka


sceneggiatura:
Takayuki Takuma


fotografia:
Nobuyasu Kita


montaggio:
Kenji Yamashita


musiche:
Takeshi Kobayashi


Trama
La borghese Saotome Ai riconosce nel teppista Makoto Taiga, appena arrivato a Tokyo, il bambino che la salvò undici anni prima e decide di fare di tutto pur di riportarlo sulla retta via. Makoto, però, non ha molta voglia di diventare buono...