Ondacinema

recensione di Simone Rossi
7.5/10

fuochi d'artificio in pieno giorno

Prologo. Anno domini 1999, ad un passo dal nuovo millennio. Una remota provincia nel nord della Cina è sconvolta dal ritrovamento del corpo smembrato di un uomo. L'ispettore Zhang Zili segue una pista che pare promettente, ma al momento dell'arresto di due sospettati tutto precipita in un grottesco bagno di sangue. Cinque anni dopo (2004), laddove la storia (ri)comincia, il mondo non è più lo stesso. Zhang Zili, alcolizzato e depresso, vive ai margini del sistema; intorno a lui, l'inverno ha imbiancato ogni cosa. Il ghiaccio è una patina dura e infrangibile che riduce i movimenti ed attutisce le percezioni. Una nuova scia di cadaveri e una pista che riconduce alla giovane donna che aveva perso il marito cinque anni prima, riempiono d'improvviso l'abisso nero in cui il poliziotto è piombato. Forse esiste un ponte, un modo per passare da una parte all'altra, da un'epoca all'altra; l'occasione per cercare di far tornare i conti.

Premiato con l'Orso d'Oro a Berlino nel 2014, "Fuochi d'artificio in pieno giorno" (e per una volta lodiamo il titolo tradotto in italiano) racchiude pienamente in sé l'idea di cinema di Diao Yinan che riesce a coniugare perfettamente tocco autoriale e dimensione mainstream restando all'interno delle regole non scritte della narrazione di un Paese gigantesco, ipertecnologico, ma ancora profondamente ancorato ad un localismo lento e assonnato. Un noir d'improvvisazione dove la stessa arma del delitto (siamo dalle parti dello slasher spinto) risulta scomoda e totalmente illogica: l'assassino uccide utilizzando la lama tagliente dei suoi pattini. In questo senso, se volessimo trovare una qualche somiglianza con un omologo prodotto occidentale potremmo scomodare i fratelli Coen e l'universo "Fargo" (compreso quello espanso dalla serialità), ma non colpiremmo nel segno finendo per ragionare sui meccanismi del delitto piuttosto che sui suoi riverberi sociali. Yinan è più interessato a mostrare le catene invisibili prodotte dal 'sistema' che quelle concrete, le due manette scintillanti ai polsi, consueto e rassicurante atto finale dello smascheramento di un colpevole.

Lungo una narrazione che procede ad incastro, fornendo allo spettatore, proprio come fa l'assassino, soltanto la parte per il tutto e con la deliberata intenzione di non ricomporre mai l'intero, Zhang Zili si ritrova a dare la caccia a Wu Zhizhen (Gwei Lun Mei), la vedova inconsolabile, con il costante desiderio di poter dichiarare il fallimento della propria intuizione. La donna (e qui sì, rientriamo prepotentemente nell'universo classico da femme fatale) è l'oggetto di un desiderio universale: ogni uomo con il quale entra in relazione è il suo potenziale amante e, ça va sans dire, una potenziale vittima. Ma in totale antitesi con il suo titolo, "Fuochi d'artificio in pieno giorno", si ferma sempre un attimo prima di dare sfogo all'istinto e si interroga semmai sul senso dell'equilibrio ad ogni costo, dei silenzi e degli sguardi trasversali dei suoi personaggi: le emozioni non debordano mai, protette dai corpi che le contengono e dal gelo che protegge i corpi stessi. Non è un caso che l'unica vera esplosione dei sensi si concretizzi nello spazio ristretto e atipico della cabina di una ruota panoramica, in un limbo tra cielo e terra. È lì che la maschera cade, che tutto sa di marcio, proprio come accadeva ad Henry Lime sulla Riesenrad al Prater di Vienna ne "Il terzo uomo".

L'opera di Yinan corre sullo scivoloso piano infinito della sua pista di pattinaggio: quando si cade è per il peso del senso di colpa; per riuscire ad andare avanti bisogna liberarsi delle zavorre, essere leggeri come ballerini, danzare addirittura. Ma prima di tutto occorre sollevare lo sguardo. E chissà, magari, proprio come accade nel meraviglioso finale del film, ritrovarsi a vederli veramente i fuochi artificiali, esplodere in pieno giorno, contro un cielo limpido e azzurro, come emozioni libere di uscir fuori, come lacrime a rigare un volto, capaci di salire in alto, oltre la cupezza del mondo.


12/02/2020

Cast e credits

cast:
Liao Fan, Kwai Lun-mei, Wang Xuebing, Wang Jingchun


regia:
Diao Yinan


titolo originale:
Bai Ri Yan Huo


distribuzione:
Movies Inspired


durata:
110'


produzione:
Omnijoi Media, Boneyard Entertainment China, China Film Co.


sceneggiatura:
Diao Yinan


fotografia:
Jingsong Dong


scenografie:
Liu Quiang


montaggio:
Hongyu Yang


costumi:
Decor Elaine


musiche:
Wen Zi


Trama
Un poliziotto alcolizzato e depresso, una serie di omicidi, una femme fatale seducente. Diao Yinan firma un noir gelido e rarefatto, alienante, violento e sentimentale.