Ondacinema

recensione di Alex Poltronieri
8.0/10
Messo in cantiere dopo l'incredibile successo dell'"Alice in Wonderland" di Tim Burton (oltre un miliardo di dollari al botteghino mondiale), l'antefatto cinematografico ai romanzi per l'infanzia di Lyman Frank Baum rischiava, sin dalle premesse - un protagonista catapultato in un mondo magico e incredibile ricreato con le armi della tecnologia digitale - di rivelarsi solo uno sterile tentativo di replicare con minime variazioni la formula che decretò il successo del blockbuster di Burton.
 
Sam Raimi però non cede alla trappola autoreferenziale in cui era incappato il regista di Burbank, e, forte dell'esperienza accumulata sul set della notevole trilogia di "Spider-Man", ha mano felice nel commistionare necessità mainstream e personalismi "autoriali". Omaggiando i romanzi di Baum e al contempo citando a più riprese l'amatissimo classico di Fleming "Il mago di Oz" (1939), Raimi trasforma il potente mago che conosciamo in un prestigiatore da quattro soldi, irresponsabile e per di più dongiovanni, che sogna di diventare un grande uomo. Quando, travolto da un devastante tornado, verrà catapultato nell'immaginifico regno di Oz, l'illusionista Oscar Diggs (James Franco) ha gioco facile nell'ingannare gli abitanti del luogo, facendo loro credere di essere l'atteso mago di un'antica profezia destinato a salvarli dal gioco di una malefica strega, e rubando il cuore all'ingenua streghetta Theodora (Mila Kunis).
Oz diventa così un novello Ash, che con la sua tracotanza yankee, si trova, come il protagonista de "L'armata delle tenebre", alle prese con forze più grandi lui, e che dovrà imparare ad accettare il peso delle proprie responsabilità (come Peter Parker-Spider-Man). I personaggi di Sam Raimi sono tutti "eroi" loro malgrado, Oz non fa eccezione.

Se la sceneggiatura di David Lindsay-Abaire (vedi "Le 5 Leggende") e Mitchell Kapner è di esemplare "linearità", Raimi stupisce lo spettatore con innumerevoli trovate visive, restituendo allo spettatore una sensazione di incanto sempre più rara di questi tempi: un esempio su tutti, l'incredibile incipit ambientato in Kansas, girato in bianco e nero in formato 4:3, che si tramuta in un 16:9 panoramico pieno di colori e sfumature quando il protagonista, a bordo della sua mongolfiera, arriva nel mondo di Oz. Tutto questo conferma l'idea che con "Il grande e potente Oz", Raimi abbia voluto tessere il suo personale elogio alla settima arte e al potere dell'immaginazione: non è casuale che le due malefiche streghe vengano sconfitte grazie a un'illusione, un inganno foto prospettico antesignano del cinema (il protagonista è un grande ammiratore dell'ingegno di Edison) che permette di scacciarle senza ricorrere all'uso della violenza (laddove l'Alice di Burton si scopriva improbabile guerriera alla Giovanna D'Arco).

L'intera pellicola, nonostante il profluvio di effetti in Cgi, è disseminata di rimandi agli albori del cinema, alle "lanterne magiche", i giochi di ombre (il bacio finale dietro la tenda, la ripresa delle silhouette dei personaggi mentre stanno per cadere da una rupe), e tutto l'insieme di trucchi artigianali che hanno reso meravigliosa quest'arte. Allo stesso livello, e forse in maniera ancora più convincente, dello "Hugo Cabret" di Scorsese, Sam Raimi mette in scena un meta-film che tenta un'ultima, impossibile (?), riflessione, sulla circolarità della messa in scena e sulla potenza delle immagini (Oz è senza alcun dubbio un fan di Méliès più che dei fratelli Lumière).
Emozionante e ben bilanciato tra atmosfere paurose e gotiche (il nebbioso cimitero in cui si rifugiano Glinda e Oz è ancora una volta preso di peso da "L'armata delle tenebre") e pause umoristiche (per una volta la controparte digitale del protagonista, la scimmia volante Finley, è divertente), il film di Raimi fila spedito sulle coordinate del romanzo di formazione, senza far troppo pesare i sottotesti adulti e "spirituali": il mondo di Oz non è altro che un folle, colorato aldilà, in cui il protagonista è portato a rimettere in prospettiva scelte e sbagli della sua precedente vita, in cui è condannato a re incontrare i volti, spesso trasfigurati (come accade a Dorothy nel film del '39), della sua incarnazione passata - la scimmia Finley è l'assistente Frank (Zach Braff), a cui Oz ha sempre negato rispetto e amicizia, la bambola di porcellana è la ragazzina paralitica a cui il protagonista non ha saputo prestare aiuto, Glinda è Annie, l'unico grande amore della sua esistenza - da cui finalmente riesce a imparare qualcosa in più su sé stesso. Un amalgama psicoanalitico che però non viene intellettualizzato (errore commesso, ad esempio, da Jonze nel suo "Nel paese delle creature selvagge") ma resta a portata di famiglia, per tutti insomma, ma con intelligenza.

Raimi tiene a bada la sua vena grottesca, limitandosi a qualche zoomata grossolana e a far truccare le malefiche streghe come i mostri di "Evil Dead", torna a collaborare con un Danny Elfman in grande spolvero (i due avevano litigato durante le riprese di "Spider-Man 2") e infila, immancabile, l'amico Bruce Campbell in un simpatico cameo (che non sveliamo). Curiose, ma riuscite le scelte di casting, a partire da Rachel Weisz, indimenticabile nel ruolo della malvagia Evanora.

07/03/2013

Cast e credits

cast:
James Franco, Mila Kunis, Michelle Williams, Rachel Weisz, Zach Braff, Bill Cobbs, Abigail Spencer, Tony Cox


regia:
Sam Raimi


titolo originale:
Oz The Great and Powerful


distribuzione:
Walt Disney


durata:
130'


sceneggiatura:
Mitchell Kapner, David Lindsay-Abaire


fotografia:
Peter Deming


scenografie:
Robert Stromberg


montaggio:
Bob Murawski


costumi:
Gary Jones


musiche:
Danny Elfman


Trama
Oscar Diggs, prestigiatore da quattro soldi, si trova catapultato nel magico mondo di Oz, dove verrà scambiato per un grande mago, destinato a salvare gli oppressi abitanti dal giogo di una malefica strega.
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