Ondacinema

recensione di Giancarlo Usai
7.5/10
Prima di recensire un film d'animazione occorrerebbe sempre accertarsi della reazione del pubblico in sala. Non basta un'anteprima stampa o un veloce passaggio in un Festival, bisogna testare l'effetto che fa su grandi e piccini al cinema. Chi scrive aveva avuto modo di vedere "Kubo e la spada magica" una prima volta alla proiezione riservata, appunto, ai recensori di professione. Dopo questa prima visione, il film ha continuato a muoversi nei ricordi dello scrivente in modo avvolgente ed entusiasmante. Di qui, la curiosità di una seconda visione nel buio di un normale cinema della Capitale. E qui il miracolo si è completato: genitori commossi e con il cuore in gola per tutto il film, bambini letteralmente rapiti dalla sarabanda di eventi succedutisi sul grande schermo. Insomma, a quel punto, qualche parola di encomio per questo nuovo parto creativo della Laika Entertainment è diventata doverosa. Partiamo dal principio, ovvero dalla tecnica del passo uno, di cui la Laika è strenua sostenitrice: una scelta di vitalità, di coraggio espressivo, in contrasto con l'imperante computer grafica che uccide la creatività, rende dozzinale ogni invenzione animata.

Qui siamo a un livello di resa visiva prodigioso: la tecnica stop-motion quasi si mimetizza e si nasconde dietro un lavoro degli animatori impressionante nel catturare le smorfie, le sfumature, i colori. E tutto contribuisce a un'impresa titanica di ricreazione di un intero mondo, impresa sostenuta non solo dal talento tecnico degli uomini Laika, ma anche dalla loro ispirazione narrativa. "Kubo e la spada magica" è avventura allo stato puro, concatenazione di eventi straordinari vissuti da personaggi indimenticabili. Tutto collocato in un suggestivo antico Giappone. Ecco, è qui che sta la parte più commovente dell'intero lavoro: l'ex produttore, ora diventato anche regista, Travis Knight guarda al Sol Levante e ne fa un elogio pieno di passione e amore. È un elogio che riguarda la Storia, le tradizioni millenarie, l'arte dell'origami, l'antica cultura dei samurai, l'approccio filosofico e religioso a un mistico rapporto con la morte, così rispettoso del lutto individuale, eppure così pieno di pietà e ottimismo per il futuro. Il Giappone è la patria dello Studio Ghibli, di Hayao Miyazaki, di Isao Takahata: è al loro disegno animato che Knight e la Laika guardano nell'impostazione naturalista delle loro scene e nella tensione eroica dei loro piccoli grandi protagonisti.

Kubo è un ragazzino tutto cuore, che ha perso il padre, ucciso dal nonno materno perché colpevole di aver fatto innamorare una delle sue figlie, streghe maligne. Ma la madre di Kubo ha saputo voltare pagina, rinnegare la crudeltà della sua famiglia e abbracciare il mondo dei vivi. Una volta che le altre due sorelle spietate tornano per uccidere la loro congiunta, Kubo, ormai rimasto solo, inizia un lungo viaggio alla ricerca di una fantomatica armatura, dotata di poteri che lo potranno finalmente mettere al sicuro dai suoi parenti spietati. E lungo il viaggio si aggiungeranno diversi compagni di avventura.

Lo schema, alla fine, è sempre quello di una solida tradizione di cinema avventuroso: l'evento imprevisto, la fuga che diventa viaggio, che si trasforma in scoperta di sè ma anche in occasione per intrecciare rapporti tra personaggi e alleati, fino allo scontro finale. Il lungometraggio di Knight è veramente una rispolverata di alcune certezze di un cinema classico, rassicurante, ma per nulla scontato. Il lato più toccante della vicenda, tutto incentrato sull'elaborazione del lutto, si mischia, appunto, a una serie adrenalinica di sequenze action, pensate e poi realizzate con un senso del ritmo incredibile, nella loro semplicità. Certo, la sceneggiatura ha più di qualche falla, alcuni passaggi risultano troppo forzati anche per un fantasy d'animazione. Ma sono difetti veniali di fronte al risultato complessivo. Il finale, poi, è degno dei capisaldi proprio di quel cinema d'animazione giapponese cui teneramente Knight ha voluto rendere omaggio: lungi dal voler costringere lo spettatore più giovane ad allietarsi di fronte a un dovuto finale positivo, gli autori di Kubo realizzano negli ultimi minuti un bellissimo film nel film, in cui i concetti di famiglia, fede, dolore, perdita, fiducia perdono la loro connotazione prettamente nipponica e si fanno universali, in un'ultima, prodigiosa scena che tocca le corde dei cuori anche più restii a scaldarsi.
Dopo "Coraline e la porta magica", dopo l'addio del genialoide Henry Selick, pareva che la Laika potesse subire qualche contraccolpo inevitabile, soprattutto dal punto di vista dell'originalità creativa. Invece, prima con "Paranorman", poi con "Boxtrolls" e ora con "Kubo", la piccola casa di produzione conferma il suo ruolo strategico e indispensabile nel panorama mondiale del cinema d'animazione: la sua tecnica a passo uno, così retrò eppure così moderna, conferma le infinite possibilità che si nascondono oltre lo strapotere del computer. E sono sempre loro, i geniacci della Laika, a ribadire che la storia resta il cuore di tutto: senza i personaggi, senza una narrazione solida e costruita a dovere, anche il più gargantuesco degli impianti produttivi rischia di restare animazione arida e inerme.

Un'ultima considerazione sull'adattamento italiano. Se pare felice la scelta di affidare il doppiaggio, finalmente, a una squadra di veri doppiatori, senza cedere alle lusinghe del nome televisivo di grido (con l'eccezione di Neri Marcoré, che però fornisce una prestazione davvero di alto profilo), molto più ridicola è la scelta di violentare il titolo originale: nel film c'è solo una spada e la sua magia è davvero marginale nell'insieme generale. In originale, il titolo "Kubo and the Two Strings", "e le due corde, le due stringhe", forse meno di presa immediata, fornisce come centrale un elemento decisivo per la poesia dell'opera: le due cordicelle di cui si parla sono due esili ricordi che Kubo porta con sè del padre e della madre. Sono i ricordi delle persone amate l'arma decisiva per sconfiggere il male, la morte, la solitudine, la paura. Una lezione di vita e anche una coraggiosa visione filosofica della contemporaneità, che solo artisti veri come gli animatori della Laika potevano introdurre in un film di animazione. Anzi, no. Lo faceva anche lo Studio Ghibli. Ecco, allora diciamolo: la Laika Entertainmente è pronta a prendere il testimone ancora vagante lasciato da Miyazaki il Grande.
06/11/2016

Cast e credits

regia:
Travis Knight


titolo originale:
Kubo and the Two Strings


distribuzione:
Universal Pictures


durata:
101'


produzione:
Laika Entertainment


sceneggiatura:
Marc Haimes, Chris Butler


fotografia:
Frank Passingham


montaggio:
Christopher Murrie


musiche:
Dario Marianelli


Trama
E' la storia dell'intelligente e gentile Kubo, che racconta storie fantastiche alla gente del suo paese in riva al mare. Ma quando accidentalmente evoca un antico spirito in cerca di secolare vendetta, è costretto a fuggire e si unisce a Monkey e Beetle in una quest per salvare la sua famiglia e svelare il mistero della morte del padre. Col suo magico strumento, lo shamisen, dovrà combattere contro dèi e mostri.
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