Ondacinema

recensione di Emanuele Richetti
7.5/10
Identità

"Barbara". L'omonima protagonista, dottoressa nella Repubblica Democratica Tedesca del 1980, viene trasferita in provincia dopo aver richiesto un visto di espatrio a Ovest. Ora dovrà ricominciare una nuova esistenza, lontana dall'uomo che ama e dalle persone che conosceva.
"Phoenix". Nelly, ebrea sopravvissuta a un campo di concentramento, torna nella propria Berlino in cerca del marito. Avendo dovuto sottoporsi a un intervento di ricostruzione facciale, ella non viene riconosciuta dall'amato. La donna inizierà dunque un percorso per tornare a essere, psicologicamente e fisicamente, la Nelly prima dell'Olocausto.
"Transit". Le truppe tedesche stanno per entrare a Parigi. Georg riesce a fuggire a Marsiglia prima del loro arrivo, impossessandosi dell'identità di uno scrittore defunto. Marsiglia è però solo un luogo di transito, dove attendere la propria ripartenza verso il Messico. 

Il cinema di Christian Petzold sembra sempre con maggior decisione ruotare attorno al tema dell'identità: identità in transito, in divenire, di chi cerca di ridefinire la propria persona e la propria personalità. Barbara, Nelly e Georg devono fare i conti con una Germania instabile, dove il conflitto ha contribuito alla perdita di ogni certezza. Petzold continua a far coincidere l'intimo e il collettivo, il privato e lo storico, l'individuo e la nazione, costruendo racconti allegorici dove il vero personaggio principale risulta essere la Germania stessa. In "Transit", così come in "Phoenix", il genere scelto per tale narrazione è il melodramma di influenza fassbinderiana; e se nel lungometraggio precedente il regista omaggiava esplicitamente "Vertigo" di Hitchcock, qua il modello di riferimento, soprattutto per tema e ambientazione, diventa "Casablanca" di Curtiz. Non è il Marocco degli anni Quaranta, lo sfondo su cui si svolgono le vicende di "Transit", ma Marsiglia; identico però è il ruolo coperto dai due luoghi, i quali sarebbero in teoria semplici territori di passaggio, di transito appunto, in attesa della ripartenza per le Americhe.


Straniamento

"Transit" è l'adattamento dell'omonimo romanzo di Anna Seghers, su cui lavorarono lo stesso Petzold e lo storico collaboratore Harun Farocki (regista, sceneggiatore, saggista e critico) prima della morte del secondo, avvenuta nel 2014. Tornato a occuparsi, tempo dopo, della trasposizione cinematografica del libro, Petzold decide di spostare la storia originale (ambientata durante la seconda guerra mondiale) ai giorni nostri. Il risultato è assolutamente straniante: la Marsiglia della contemporaneità vede passare, nelle strade e nei bar, decine di profughi e di truppe militari. Nell'universo di "Transit" non ci sono cellulari né computer, eppure l'architettura della città, gli abiti dei passanti e persino le insegne dei negozi rimandano alla nostra quotidianità. L'atmosfera non è plumbea e oppressiva; della guerra in atto quasi non si parla. Petzold sovrappone passato e presente, ricordando come essi non siano poi così lontani l'uno dall'altro, e crea così un vero e proprio universo alternativo. Il melodramma diventa storico, contemporaneo e forse nessuna delle due cose, sospeso in un tempo completamente al di fuori della storia medesima. Il contrasto tra la letterarietà del romanzo e la consueta eleganza della messinscena di Petzold è ciò che dona fascino a tutta l'operazione, ma finisce per essere anche il suo stesso limite: "Transit" è caratterizzato infatti da una narrazione estremamente particolare, talvolta quasi ermetica, scandita da una voce fuori campo di chiara derivazione letteraria. 


Fantasmi

Di cosa parla dunque "Transit"? Forse, proprio come "Casablanca", di una storia d'amore impossibile, tra Georg e la moglie dello scrittore di cui ha rubato l'identità. Ma questo non è sufficiente a esaurire la complessità dell'opera. Forse "Transit", come molto cinema contemporaneo (ma non solo), è una storia di fantasmi. Di decine, centinaia di fantasmi. È un fantasma Marsiglia, teatro delle vicende, che vede passare soldati provenienti da un'altra epoca; e che però è la nostra Marsiglia, la Marsiglia del ventunesimo secolo. Sono fantasmi i profughi che Georg incontra, bloccati (per sempre?) in un luogo dove sono semplicemente in transito, né qui né là, né vivi né morti, in attesa di qualcosa che permetta loro di incominciare una nuova vita. È un fantasma Georg stesso, il quale dovrà letteralmente cambiare identità, fingersi chi in realtà non è, indossare panni che non gli appartengono, per poter andarsene da questa città.

Non è un film immediato, "Transit", ma estremamente stratificato ed elegantemente politico. Un melodramma trattenuto e quieto, diretto con indiscutibile classe; un oggetto straniante e misterioso, il cui eco continua imperterrito a ossessionare la mente dello spettatore anche al termine della visione. Esattamente come un fantasma.

22/10/2018

Cast e credits

cast:
Franz Rogowski, Paula Beer, Godehard Giese, Lilien Batman, Maryam Zaree


regia:
Christian Petzold


titolo originale:
Transit


distribuzione:
Academy Two


durata:
101'


produzione:
Schramm Film, Neon Productions, Arte France Cinéma, ZDF/Arte


sceneggiatura:
Christian Petzold


fotografia:
Hans Fromm


scenografie:
Kade Gruber


montaggio:
Bettina Böhler


costumi:
Katharina Ost


musiche:
Stefan Will


Trama
Le truppe tedesche sono alle porte di Parigi. Georg, un rifugiato tedesco fugge a Marsiglia appena in tempo. Il suo bagaglio contiene i documenti di uno scrittore di nome Weidel, che si è tolto la vita per paura delle persecuzioni. Questi documenti comprendono un manoscritto, alcune lettere e l’assicurazione dell’ambasciata messicana per un visto. A Marsiglia possono rimanere solo coloro che possono dimostrare che ripartiranno. Per dimostrarlo hanno bisogno di essere in possesso del permesso di ingresso da un potenziale paese ospitante. George ha assunto l’identità di Weidel, memorizzato tutte le informazioni contenute nei documenti e spera così di ottenere uno dei pochi passaggi disponibili in nave. Sprofonda nella mezza esistenza di chi è in fuga: chiacchiera con i rifugiati nei corridoi di un piccolo hotel, nei consolati, nei caffè e nei bar lungo il porto. Il suo unico amico è Driss, figlio del compianto Heinz, morto mentre cercava di fuggire. Ma cosa lo spinge a partire? È possibile iniziare una nuova vita in un altro luogo? Tutto è destinato a cambiare quando George incontra Marie, una donna misteriosa di cui si innamora.