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recensione di Alessandro Corda

Genesi di una coppia

Di strane coppie il cinema comico ne è pieno zeppo, dagli albori ai giorni nostri, ma il duo comico più longevo, capace di scavallare appuntamenti insidiosi e deleteri con la Storia, non può che essere quello impersonato da Stan Laurel e Oliver Hardy, meglio conosciuti come Stanlio e Ollio. Lo smilzo  e il grasso, lo sciocco e lo sbruffone,  il pasticcione e il furbo, l’ingenuo e l’esperto, il sognatore e il pragmatico, il fiocco e la cravatta: due caratteri diversi e, nello stesso tempo, intercambiabili, a seconda della situazione incontrata. La loro influenza sui tempi comici e sulla storia del cinema, nonché sulla cultura di massa, è tale che ancora oggi li ritroviamo citati, ritratti e studiati. Non da ultimo, Paul Auster nel suo ultimo romanzo, "4321", dedica una sezione a Stanlio e Ollio e all’importanza delle loro comiche nella crescita del protagonista Archie Ferguson. Ciò a dimostrare come il linguaggio adoperato più di ottant’anni fa sia universale e accessibile a ogni generazione.

Una delle loro più grandi imprese è quella di superare il divario tra l’epoca del muto e quella del sonoro, meglio di tanti altri comici come Buster Keaton, Raymond Griffith e Harry Langdon, giusto per citare i più noti. La scoperta per il pubblico della voce di quei due diventa un altro elemento di caratterizzazione: sono voci gradevoli e complementari, tenorile con accento del Sud quella di Hardy e sottile con accento inglese quella di Laurel. Ci si rende conto che un comico, esperto del mestiere, può utilizzare tanto i rumori quanto le immagini per far ridere. E pensare che avevano incominciato a lavorare in coppia piuttosto tardi: Hardy recitava nel cinema dal 1913 mentre Laurel dal 1917. Avevano entrambi circa 60 comiche alle spalle prima del vero e proprio debutto insieme nel 1927 con i primi corti: da “Metto i pantaloni” (“Putting Pants on Philip”), qui ancora ben lontani dai loro personaggi, fino ai primi capolavori del muto come “La battaglia del secolo” (“The Battle of the Century”), “Lasciali ridendo” (“Leave’em Laughing”), “Il tocco finale” (“The Finishing Touch”). Per la prima volta indossano i tradizionali vestiti, la bombetta con cravatta per Ollio e il fiocco per Stanlio. Il completo è scuro e stretto per il grasso, grigio chiaro e abbondante per il magro. Ed è qui il punto. Rispetto ad altre coppie comiche contemporanee, come Abbott e Costello (Gianni e Pinotto) o altre meno note come Wheeler and Wolsey e Clark and McCullogh, i nostri sono un duo comico senza spalla, con un’evidente e precisa connotazione e ruolo per ognuno in cui, a volte, non si distingue chi sia la vittima e chi il carnefice, grazie al continuo rovesciamento di ruolo. Non è solo il loro dividersi la comicità in parti uguali, è anche la loro fisicità, come occupano e impiegano lo spazio. Tutte le comiche vengono girate con piani americani che li ritraggono il più delle volte insieme, alternando con estrema cura e precisione qualche piano di dettaglio in certe scene. Gli spettatori si abituano facilmente a quel tipo di cinema perché riconoscono da subito il codice visivo che ritroveranno, successivamente, nella televisione  perché il formato di quest’ultima non altera i loro rapporti in quanto è fisicamente vicina ai loro schemi quadrati. I piccoli gesti di Ollio come il celebre camera look o il toccarsi la cravatta o il cappello non sono altro che mosse inventate per occupare lo spazio e, di conseguenza, riempire il tempo della gag.

Il merito di tale longevità e successo deriva anche dall’incontro con alcune importanti personalità, prima di tutti il produttore Hal Roach che ebbe il merito di farli lavorare in libertà. Opportunità che non fu data, invece, da altri produttori successivi, come quelli della Fox o della Metro che imponevano tempi e tematiche. Oltre ai produttori, è l’incrocio con registi come Clyde Bruckman e Leo McCarey, James Parrott, Lewis Foster e James Horne: tutti grandi firme del cinema comico, anche se la coerenza stilistica e d'invenzione va attribuita a Stan Laurel, vera mente della coppia. Il metodo di Laurel consiste nell’avvicinare il processo di lavorazione cinematografica a quello di messinscena teatrale. Difatti lui insiste per girare le storie di seguito e montare il film durante la realizzazione per non perdere il tempo comico e il ritmo. Tale libertà, come detto, gli verrà concessa da Roach fino all’avvento delle grandi Major che contribuiranno ad appannare la qualità inventiva delle successive produzioni.

La perfezione dei due rulli

Le loro opere comiche riflettono la realtà del Paese dopo il crollo di Wall Street e la polarizzazione della società tra ricchi e indigenti. Se altri comici raccontano un certo tipo di America con situazioni a volte staccate dal contesto sociale, Stanlio ed Ollio sono saldamente radicati nella rispettabile periferia borghese, in piccole case pulite, con la radio, il frigorifero e mogli sempre in guardia. Di solito le loro avventure raccontano la difficoltà a conformarsi a questo mondo. Lo schema narrativo delle comiche più riuscite è di una semplicità disarmante: di solito si comincia con la proposta di un’impresa o lavoro, seguìta da una crescente difficoltà nel corso della realizzazione e dal suo catastrofico fallimento finale, che li porta di nuovo dove hanno incominciato, o ancora più indietro. Il procedimento è molto basilare e lineare, per l’appunto, e viene impreziosito da una serie di elementi che esaltano ed esasperano il lato comico. Per esempio lo slow-burn (un lento procedere di combustione, un attrito, tra due o più personaggi verso l’inevitabile esplosione) è il classico elemento che porta al fallimento della situazione iniziale: di solito si comincia con uno slow-burn nato da Stanlio che si oppone ad Ollio e che vede, ben presto, quest’ultimo soccombere. La “violenza” deflagrante di alcune scene scomparirà con l’avvento del sonoro, all’indomani del 1929: la comicità incomincerà a farsi più lenta, meno rapida, ma non priva di invenzioni.

Gli anni 30 segnano ancora un periodo di gloria che porterà alla realizzazione dei primi lungometraggi come “Fra Diavolo” (1933), “Nel paese delle meraviglie” (1934), “La ragazza di Boemia” (1936), “I fanciulli del West” (1937). Ma il vero successo è scandito ancora dalle comiche, firmate da James Parrott e Leo McCarey. La tempistica di due rulli della comica è perfetta, ben lontana dallo sfilacciarsi delle situazioni dei lungometraggi. Le tematiche che attraversano i lavori di questo periodo possono condensarsi in quattro gruppi, giusto per sintetizzare: ci sono le comiche con antagoniste le mogli che ostacolano qualche scappatella dei due, oppure quelle in cui i due impersonano degli avventurieri o dei piccoli borghesi sfaccendati alle prese con situazioni ridicole causate dall’idiozia di Stanlio (ad esempio: “Sotto Zero”, “Pugno di ferro”). Un terzo esempio è la comica horror: qui i nostri vengono invitati in oscuri manieri, abitati da inquietanti personaggi che li porteranno alla fuga (“La vita privata di Oliver VIII”). Un ultimo gruppo, meno codificato degli altri, è quello delle implicazioni surreali, ad esempio in “Anniversario di nozze” ("Twin Two") abbiamo Stanlio e Ollio unici protagonisti e sdoppiati in due ruoli ognuno. Come anche nel caso di “Allegri gemelli” ("Our Relations"), quest’ultimo gruppo tematico di comiche non è del tutto riuscito perché ingabbia la spontaneità dei due a ruoli molto diversi e finalizzati a sorprendere lo spettatore per forza di cose.
In mezzo a questo lungo numero di comiche, una in particolare svetta tra tutte ed è “La scala musicale” (“The Music Box”) del 1932, insignita con il premio Oscar.

Su è giù per le scale

In questo film i nostri entrano in scena su di un precario carretto trainato da un cavallo alquanto indisponente. Ecco come il mezzo di trasporto identifichi già lo status dei due: non si tratta infatti di un furgone o un camioncino, non hanno niente a che vedere con il quartiere di lusso dove dovranno consegnare una pianola. Sono due alieni atterrati su un pianeta indifferente e ostile. La lunga e interminabile scalinata, che verrà indicata da un postino, è pronta per essere scalata. Lontani anni luce dai fattorini della e-commerce, Stanlio e Ollio non si abbattono e incominciano a trasportare la voluminosa cassa. Non è un lavoro facile e indolore: la pianola scivola tre volte fino al punto di partenza, cade rovinosamente in una fontana, fino a essere presa a colpi d’ascia sul finale. E’ un progressivo e inesorabile slow-burn che porterà la quasi distruzione della villa dell’ignara acquirente. Più di trent’anni dopo Blake Edwards porterà all’estremo la devastazione di una villa di un produttore in “Hollywood Party”.

“La scala musicale” si discosta dalle precedenti comiche per aver superato lo scoglio del tempo, difatti la sua durata sconfina nei tre rulli per un totale di circa 27 minuti. E questa maggiore dilatazione mostra che i due hanno acquisito il senso del ritmo anche in tempi più lunghi senza dover stringere la storia o esasperarla in situazioni già note. Oltre alla dimensione temporale, la comica si discosta dalla precedente produzione per il dinamico uso della scenografia. Sono diverse infatti le ambientazioni: il negozio nel prologo, la varie fasi lungo la scalinata, la fontana, l’ingresso della villa, la camera al primo piano con balcone e in ultimo il salotto. Il dover portare il pianoforte per le scale o il doverlo fare entrare in casa attraverso la finestra, ad esempio, rendono la scenografia un materiale vivo, contenente e contenuto, come la cassa del piano, che alla fine espellerà il contenuto come dalla casa usciranno a gambe levate Stanlio e Ollio. Lungo la terribile scalata verso la villa, ci saranno tre incontri: la tata del figlio dell’acquirente con tanto di carrozzina, un poliziotto chiamato dalla ragazza e il professore, che ritroveremo alla fine e scopriremo essere il destinatario del regalo. Da notare la citazione della carrozzina di “La corazzata Potemkin” di Ejzenstejn, in questo caso situazione alla rovescia perché non è l’oggetto della caduta, ma la causa della retrocessione dei nostri. Tutti e tre gli incontri diventano motore per realizzare situazioni di tensione che deflagreranno in esplosioni di comicità che, a ben vedere, sono momenti di impossibilità a integrarsi nel mondo borghese, come si diceva. I due non vengono mai riconosciuti come pari o parte della società, ma tenuti ai margini.  Come accade in tante altre comiche, questa differenziazione nasce anche dal loro abbigliamento, già ricordato, ma in particolar modo qui l’utilizzo di guanti, bretelle e giochi di cappelli diventa strumento per esaltare anche la loro fisicità.

Una volta arrivati in cima alla scalinata i due comici si accorgono che la strada continuava fino a quel punto e potevano anche arrivarci col calesse. Nella illogicità comica troveranno naturale riportare indietro il pianoforte per la stessa strada che con tanta fatica avevano percorso. E ancora. Una volta arrivati all’esterno della casa e non trovando nessuno, cercheranno di fare entrare il cassone dalla finestra non considerando che Stanlio stesso si trova affacciato a quella finestra e potrebbe, facilmente, scendere ad aprire la porta. È questo il nonsense di quei personaggi più assomiglianti a cartoni animati che a uomini. Questa illogicità rovescia ogni convenzione e genera imprevedibilità alle azioni. D’altronde le loro motivazioni hanno sempre una logica infantile; le loro gelosie e cattiverie sono semplici bambinate. Si pensi alla scena del diverbio con la ragazza: lei li umilia con una risata di scherno e Stanlio passa alle maniere forti. La sua innocenza infatti non offre alcuna protezione dal caos del mondo in cui si agitano.

Il sonoro permette una serie di sperimentazioni che accompagnano e arricchiscono l’incedere del racconto. In tutte le cadute del cassone lungo la scalinata, si sente strimpellare lo strumento: è il lamento causato dalla caduta o, meglio, i gradini che assumono la forma di un’enorme tastiera. In ultimo, una volta dentro la villa, i nostri improvvisano un balletto, mentre portano via le assi della cassa appena aperta. Qui i pezzi di legno diventano elementi di percussione, suonati a ritmo e con risultati ridicoli. A ben vedere, il segreto di questa comica è racchiuso proprio nella prevedibilità di molte scene e nella loro ripetizione. Lo spettatore sa perfettamente che se Ollio presta la sua schiena come punto d’appoggio  per la pianola, ne verrà poi travolto. Se viene inquadrata una vasca di sicuro qualcuno finirà dentro. Non è necessaria la sorpresa, ma la conferma di un’idea e, soprattutto, vederla attuata.

“La scala musicale” è la versione sonora di “Giù i cappelli”, cortometraggio sempre con Stanlio e Ollio andato interamente perduto. Nella storia raccontata in quella pellicola, i due devono consegnare una lavatrice trascinandola, sempre, su per le scale. Oggi quella scala è ancora esistente, nel cuore di Los Angeles, nel quartiere Silver Lake, meta di cinefili e curiosi. Una targa posta sui primi gradini ricorda il luogo dove furono girate gran parte delle scene. La memoria e la lezione dei due grandi comici americani è ancora viva e presente ai giorni nostri, come la scalinata illuminata dal sole californiano. 


08/09/2019

Cast e credits

cast:
Stan Laurel, Oliver Hardy


regia:
James Parrott


titolo originale:
The Music Box


durata:
27'


produzione:
Hal Roach


sceneggiatura:
H. M. Walker


fotografia:
Len Powers


montaggio:
Richard Currier


musiche:
Harry Graham, Marvin Hatley


Trama
Stanlio e Ollio devono trasportare una pianola meccanica per una scalinata lunga e ripida.