Ondacinema

recensione di Vincenzo Lacolla
5.0/10
Patrice Leconte, cineasta prolifico, ha dimostrato fin dagli esordi di saper unire uno stile rigoroso e personale a uno sguardo onesto e sincero sulla realtà e sul vissuto dei suoi personaggi. Fine narratore, forte anche della passata esperienza da vignettista, esordisce nel cinema d'animazione con "La bottega dei suicidi", una commedia nera che ambisce a interpretare con ironia e sagacia la crisi sociale ed economica e la conseguente ondata depressiva che cresce di giorno in giorno, fungendo anche da momentaneo antidoto.

Purtroppo la storia della famiglia Touvache e della sua macabra e lucrosa bottega finisce per rivelarsi interessante solo nelle premesse, in una prima parte che, gestita discretamente sul piano visivo, presenta brevi momenti suggestivi, anche grazie all'atmosfera greve e mortifera dell'anonima città in cui la storia si evolve. Eppure, a una più attenta analisi, anche questo settore iniziale deve troppo all'immaginario dark burtoniano, e soffre di un utilizzo approssimativo degli elementi gotici che acquisiscono una funzione meramente decorativa e mai simbolica o funzionale a particolari sottotesti. Inutili e spesso irritanti sono i momenti musicali che enfatizzano ulteriormente gli sbagliati e superficiali meccanismi imitativi che Leconte adopera nei confronti del cinema di Burton. D'altra parte "La bottega dei suicidi" attinge a piene mani anche dal cinema di un talentuoso connazionale del regista, Sylvain Chomet: stile e tecnica animata ricalcano in modo inequivocabile il tratto delicato e le ambientazioni pittoresche e sognanti de "L'illusionista" o del capolavoro "Appuntamento a Belleville". Perciò anche la pregevolezza formale risulta evidentemente ridimensionata rispetto all'impatto iniziale.

Ma non sono questi i difetti più gravi di "Le Magasin Des Suicides": se all'inizio Leconte riesce a salvare le apparenze mantenendo un livello di scrittura quanto meno decoroso, la seconda parte è piena di lacune e facilonerie davvero madornali. La svolta che il piccolo Alan impone col sorriso alla sua famiglia e all'intera collettività è di un automatismo mediocre (anche visivamente) e non contempla passaggi transitori o particolari sfumature emotive. La raffinatezza grafica che aveva caratterizzato i momenti precedenti viene sostituita da un (cattivo) gusto stucchevole e un po' naif con tanto di motivi floreali variopinti e kitsch. Leconte sembra confondere la semplicità espositiva con un approccio puerile e ruffiano e trasforma i tragicomici presupposti in una esibizione del peggior buonismo, quasi a dimostrare che bastano delle bolle di sapone, qualche crêpe suzette e un po' di musica orientale per guarire l'umanità intera dal "male di vivere".

Proprio per il frivolo e innocuo schematismo con cui il regista francese tratta un argomento così complesso e attuale, sembra ancor più assurdo il divieto ai minori paventato dalla censura italiana pochi giorni prima dell'uscita nelle sale di un film che può sfruttare il suo scarso potenziale solo con un pubblico giovanissimo. Dispiace quindi constatare che Leconte deluda proprio negli aspetti distintivi del suo cinema, riducendo i personaggi a raffazzonate figurine abbastanza insignificanti e aprendo delle crepe che già s'intravedevano nel debole "Il mio migliore amico".

E così quello che poteva dimostrarsi il gran finale di un'annata cinematografica pregevole come quella appena trascorsa, si rivela una colossale occasione mancata per un autore che lascia lo spettatore a bocca asciutta, con uno sbiadito ricordo dell'affascinante ambiguità di "Monsieur Hire" o della profondità speculativa de "L'uomo del treno".


30/12/2012

Cast e credits

cast:
Pierre-François Martin-Laval, Laurent Gendron, Isabelle Giami, Kacey Mottet Klein, Isabelle Spade, Bernard Alane


regia:
Patrice Leconte


titolo originale:
Le magasin des suicides


distribuzione:
Videa


durata:
85'


produzione:
Thomas Langmann, Emmanuel Montamat


sceneggiatura:
Patrice Leconte, Jean Teulé


scenografie:
Florian Thouret, Régis Vidal


Trama
In una città cupa e plumbea, dove sembra non splendere mai il sole e i cittadini sono tristi e depressi, gli affari della bottega dei suicidi della famiglia Touvache non possono andar meglio. A sconvolgere tutti gli equilibri familiari è la nascita del piccolo Alan, bambino vivace e pieno di gioia di vivere.
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