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recensione di Giancarlo Usai
4.0/10

Più che una stroncatura, "Nelle pieghe del tempo" meriterebbe un giudizio neutro per l'impossibilità di evidenziare davvero che cosa resta a fine visione. La Disney, che quando collabora con la Pixar riesce ancora a dare il meglio della sua forza e ispirazione produttiva, si attorciglia in progetti improbabili quando si allontana dall'originalità delle sceneggiature e passa agli adattamenti. Come in questo caso, dato che stiamo parlando di un best-seller di caratura mondiale della letteratura per adolescenti.

Ma il soggetto di Madeleine L'Engle viene totalmente tradito dalla sceneggiatrice Jennifer Lee, abituale autrice di script per la Casa del Topo, e dalla regista Ava DuVernay, comunque entrata nel guinness dei primati per essere diventata la prima cineasta nera a gestire una produzione da oltre cento milioni di dollari.

Il successo del romanzo della L'Engle era stato favorito dalla capacità della narrazione di non adeguarsi al tono consolatorio delle prevedibili opere coeve (stiamo parlando di un libro del 1962). "Nelle pieghe del tempo" è infatti un libro molto amato da tutti quei ragazzi e quelle ragazze appassionati di materie scientifiche, di misteri universali e teorie complesse. Questo era e resta il fascino per chi legge, da giovane, il romanzo. La DuVernay rimane invece totalmente schiacciata dalla computer grafica invadente, dall'assenza di intensità della sceneggiatura e vive con totale passività gli incredibili strumenti tecnici che le sono stati messi a disposizione.

La vicenda è sempre quella nota: un famoso scienziato scompare dopo un esperimento e sua figlia Meg non si rassegna a darlo per morto. Parte dunque una ricerca che la porterà in un universo parallelo alle prese con le possibilità vere o irreali che la scienza, la fisica, il progresso consentono all'uomo. La L'Engle aveva una reale ossessione per i misteri del tempo ed era affascinata da un sogno ricorrente per molti scrittori: la possibilità per l'essere uomo di manipolarlo e plasmarlo, in modo da poter viaggiare avanti e indietro fra passato e futuro. Ecco, è questo il senso più profondo della storia. Un senso totalmente frainteso dal film della DuVernay, che commette due gravi errori in fase di realizzazione. Da una parte, infatti, non è in grado di coniugare due genere cinematografici così ostici quando accostati: il fantasy e la fantascienza; perché "Nelle pieghe del tempo" sarebbe questo, l'ambiziosa idea di poter introdurre l'uno nella struttura dell'altro.

E d'altra parte, così presa dalla messa in scena della sua piccola eroina, anche stavolta, come era successo per "Selma", il suo lavoro si appesantisce di troppe didascalie, di dialoghi implausibili, di scelte narrative discutibili, nell'ottica di un'ideale rivendicazione di orgoglio black assolutamente fuori contesto.
Insomma, un'occasione sprecata: decine di milioni di dollari per immaginare un universo fatto di elementi ricchissimi e coloratissimi che hanno la medesima capacità di incuriosire del cinema stesso dell'autrice. Ovvero, pressoché nulla.


03/04/2018

Cast e credits

cast:
Storm Reid, Oprah Winfrey, Reese Witherspoon, Mindy Kaling, Zach Galifianakis


regia:
Ava DuVernay


titolo originale:
A Wrinkle in Time


distribuzione:
Walt Disney Studios Motion Pictures


durata:
109'


produzione:
Walt Disney Pictures, Whitaker Entertainment


sceneggiatura:
Jennifer Lee


fotografia:
Tobias A. Schliessler


scenografie:
Naomi Shohan


montaggio:
Spencer Averick


musiche:
Ramin Djawadi


Trama
Dopo la scomparsa di suo padre, Meg Murry continua la sua vita insieme a sua madre e suo fratello Charles Wallace. Un giorno suo fratello presenta Meg e Calvin, un suo compagno di classe, a tre guide celestiali, la signora Quale, la signora Cosè e la signora Chi. Guidati dalle tre donne, Meg e Calvin si imbarcano in un'avventura attraverso le pieghe del tempo per cercare di trovare il padre di Meg e fermare una pericolosa minaccia.
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