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recensione di Giancarlo Usai
6.0/10

Salgono in quattro, nella notte di Capodanno, sul grattacielo più alto di Londra. L'intento è chiaro: suicidarsi, farla finita lanciandosi nel vuoto. Poi, per non bene precisati motivi, si torna indietro e si inizia il nuovo anno, con un patto, però: si rinvia l'appuntamento con il salto nel buio al giorno di San Valentino, per fare un consuntivo di come saranno andate le settimane nel mezzo.
Nel frattempo Martin, il conduttore tv caduto in disgrazia, Maureen, la casalinga alle prese con un figlio gravemente disabile, J.J., l'ex musicista che ha conosciuto solo un piccolo momento di gloria nella vita e Jess, la figlia di un politico dilaniata dal dolore della perdita di una sorella, si faranno da angeli custodi a vicenda, fra mille peripezie e tentativi di restare a galla.

Diciamo con franchezza una cosa: se "Non buttiamoci giù" non affonda nel nulla come i suoi protagonisti è grazie a Nick Hornby e solo a lui. I pregi della narrazione del film diretto da Pascal Chaumeil sono tutti nel soggetto di partenza, il romanzo di un decennio fa dello scrittore londinese campione di vendite. Come sempre, eccedendo nella sua ricerca dello humour britannico caratterizzante, il romanziere aveva concepito un divertente e melanconico racconto a più voci, in cui erano i quattro personaggi principali ad alternarsi, dando alla vicenda e all'amicizia che si crea fra di loro sembianze diverse e inaspettate a ogni nuovo capitolo del libro. Inoltre, la possibilità di sviluppare su più pagine un percorso di consapevolezza da parte dei quattro rendeva molto stretto il legame empatico con il lettore di turno.

La sceneggiatura di Jack Thorne e la messa in scena di Chaumeil tendono invece ad appiattire tutto, a levigare le difficoltà, ad appianare i picchi emotivi. Non ci sono scene particolarmente drammatiche, né scambi dialogati sensibilmente brillanti. La storia scorre compassata e senza particolari variazioni di ritmo. Il regista de "Il truffacuori", infatti, decide di giocare molto facile, affidando esclusivamente alla bravura degli interpreti in scena il senso stesso dell'operazione. Tutti e quattro, infatti, paiono ben calati nel personaggio e riescono con la loro padronanza scenica a dare corpo a dei caratteri altrimenti fin troppo evanescenti.

Dimenticando il lato più melodrammatico del romanzo, che parlava di un percorso di "presa di coscienza" dei protagonisti che, da Capodanno a San Valentino, riuscivano a capovolgere le sorti della loro esistenza attraverso una sorta di analisi di gruppo, Chaumeil dedica invece tutta l'ora e mezza del lungometraggio al versante più leggero, alla semplice creazione, cioè, di un legame amicale foriero di momenti comici o semplicemente commoventi.

L'esito finale è una lieve commedia dal vago sapore british, piacevole da lasciarsi guardare, movimentata da un cast che sa il fatto suo, anche se la giovane Imogen Poots, con il suo travolgente accento tipicamente londinese, travolge gli altri tre, che preferiscono invece una recitazione più compassata. Colpevole anche di aver trascurato il quinto protagonista della storia, quella Londra che intuiamo soltanto in qualche panoramica dall'alto, ma la cui incommensurabile bellezza e importanza non appare mai in scena, Chaumeil ha però il pregio di scegliere un soggetto giusto per regalare allo spettatore novanta minuti di cinema pop senza grandi pretese, se non quella di usare tutta la professionalità disponibile per mettere in scena un'onesta commedia sui nostri tempi. Un piccolo consiglio finale: vedere il film in lingua originale per godere delle sfumature linguistiche di tutti i protagonisti. 


23/03/2014

Cast e credits

cast:
Pierce Brosnan, Imogen Poots, Aaron Paul, Toni Collette, Sam Neill


regia:
Pascal Chaumeil


titolo originale:
A Long Way Down


distribuzione:
Notorious Pictures


durata:
96'


produzione:
Wildgaze Films, BBC Films, DCM Productions


sceneggiatura:
Jack Thorne


fotografia:
Ben Davis


musiche:
Dario Marianelli


Trama
  • La notte di Capodanno quattro perfetti sconosciuti si incontrano sul tetto di un palazzo di Londra, chiamato "la casa dei suicidi", con l'intento di farla finita, ognuno per motivi diversi.