Ondacinema

recensione di Vincenzo Lacolla
5.5/10

Dopo aver preso parte a tante pellicole leggendarie e, soprattutto ultimamente, ad alcune altre che preferiremmo dimenticare, Dustin Hoffman, settantacinque anni portati benissimo, decide di passare dietro la macchina da presa. Lontano dagli Stati Uniti, Hoffman preferisce ambientare la sua storia di musica, amore e vecchiaia sulle verdi e pittoresche colline del Buckingamshire, dove una natura sempre rigogliosa contrappesa il lento, tranquillo risolversi della vita. Proprio in un angolo particolarmente quieto e boscoso sorge le georgiana Beecham House, una casa di riposo che ospita cantanti e musicisti ormai attempati, lontani dai gloriosi palcoscenici che un tempo avevano calcato. Eppure, nonostante gli acciacchi, gli anziani artisti di Beecham continuano a vivere la propria routine con vivacità e brio, tra deliziose marmellate, lunghe cicalate all'aperto, lente camminate nei boschi e tanta musica. A rompere questo armonioso equilibrio, proprio durante la frenetica preparazione del concerto annuale che impedirà lo smantellamento della struttura, è l'arrivo improvviso di Jean Horton che, a suo tempo, fu straordinaria solista d'opera e moglie infedele.

La regia dell'esordiente Hoffman è modesta, quasi timida e racconta queste piccole, adorabili storie di vitale senilità con una sobrietà più calligrafica che davvero elegante, alternando molti passaggi leziosi e sdolcinati ad alcuni momenti più pregnanti e poetici. Invero, eccezion fatta per le poche sequenze brillanti o emotivamente intense, il film resta visivamente ancorato a manierismi standardizzati (appartenenti per lo più alla grammatica patinata delle produzioni televisive britanniche, anche per questo migliori di quelle nostrane), utilizzati senza troppa efficacia né convinzione.

La presenza intermittente del regista lascia però campo libero a un gruppo di attori indimenticabili. Maggie Smith, Tom Courtenay, Billy Connolly, Pauline Collins, i componenti dello splendido quartetto del titolo, insieme a Michael Gambon, impegnato nel ruolo macchiettistico ma assai divertente del direttore artistico brontolone e incontentabile, grazie a delle interpretazioni mai sopra le righe sono capaci di restituire, anche solo con uno sguardo o in un breve primo piano, l'autentico messaggio di un'opera che vuole esaltare l'arte come potenza vivificatrice. Sono loro, affiancati da una nutrita schiera di veri artisti d'antan, l'anima vera di "Quartet" che, nonostante qualche scambio di battute piacevolmente frizzante (probabile retaggio dell'omonima piece teatrale di Ronald Harwood da cui è tratto), finisce per dimostrare molti più anni dei suoi protagonisti e si rivela inefficace soprattutto in uno sbrigativo lieto fine necessariamente romantico che rischia troppo spesso di varcare il confine tra schiettezza e ruffianeria, tra semplicità e semplicismo.

In fin dei conti l'Hoffman regista esegue la sua partitura con diligenza, senza commettere sbagli vistosi, eppure questo evidente impegno non basta a irrobustire una voce che resta irrimediabilmente flebile.


27/01/2013

Cast e credits

cast:
Maggie Smith, Tom Courtenay, Billy Connolly, Pauline Collins, Michael Gambon, Sheridan Smith


regia:
Dustin Hoffman


titolo originale:
Quartet


distribuzione:
Bim


durata:
98'


produzione:
Finola Dwyer, Dustin Hoffman


sceneggiatura:
Ronald Harwood


fotografia:
John de Borman


scenografie:
Andrew McAlpine


montaggio:
Barney Pilling


musiche:
Dario Marianelli


Trama
A Beecham House, casa di riposo per cantanti e musicisti famosi e attempati, gli ospiti si stanno preparando per il concerto annuale che impedirà lo smantellamento della struttura. Ma un ospite illustre e inatteso rompe l'armonico equilibrio degli anziani artisti.