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recensione di Stefano Guerini Rocco
5.5/10

Greg, adolescente schivo e sagace, ha congegnato una elaborata e accuratissima rete di scappatoie per mantenersi in neutrale equilibrio tra le bande (Nazioni, le definisce lui) in cui è parcellizzata la sua scuola. Saluta tutti con cortesia, frequenta tanto il laboratorio teatrale quanto i fattoni che fumano nei bagni, sta molto attento a non offendere nessuno né a perdersi in confidenze troppo intime. Persino il suo migliore amico Earl è ridotto allo status di "collaboratore": taciturni e brillanti allo stesso modo, insieme passano le pause pranzo nello studio di un eccentrico professore di storia, a metà strada tra un guru spirituale e un harleysta, guardano vecchi filmati su YouTube e discutono di filosofia.

Questo idillio di pacifica invisibilità è destinato però a infrangersi quando Greg viene costretto dalla madre a frequentare la coetanea Rachel, dai grandi occhi espressivi, cui è stata diagnosticata la leucemia. Se i primi incontri sono comprensibilmente pieni di silenzi e momenti imbarazzanti, in poco tempo la loro amicizia forzata si trasforma in un rapporto di inedita vicinanza e complicità.

Presentato in concorso al Sundance, dove si è aggiudicato sia il Gran Premio della Giuria sia il Premio del Pubblico, "Quel fantastico peggior anno della mia vita" è diventato in pochi mesi un piccolo caso cinematografico, sostenuto dall'incessante passaparola di spettatori entusiasti. E non c'è da stupirsi, perché il film ha tutti gli stilemi della commedia indie di successo: teneramente ruffiano e modaiolo, anticonvenzionale quanto basta, infarcito di ammiccamenti cool (la colonna sonora è curata da Brian Eno, solo per fare un esempio) che ne sanciscono il potenziale iconico. Insomma, un film che piace alla gente che piace.

Siamo, ancora una volta, nel territorio del romanzo di formazione: il protagonista è l'ennesimo spilungone allampanato, impacciato ma a suo modo acuto e vivace, che vive ai margini del proprio contesto sociale e guarda al futuro con una sana dose di infantilistico smarrimento. Inutile dire che, manco a farlo apposta, la vicinanza con la "ragazza morente" del titolo originale lo aiuterà a maturare e a prendere la decisione giusta per il suo futuro.

Sulla scorta di titoli recenti come "Colpa delle stelle", "Città di carta" e "Noi siamo infinito", il televisivo Alfonso Gomez-Rejon adatta per lo schermo un altro fortunatissimo young adult novel e ne trae una commedia agrodolce tenera e sofisticata, che si vorrebbe scanzonata e irriverente, ma in realtà, dopo un inizio effettivamente scoppiettante e ricco di invenzioni intriganti, cede presto il passo al lacrimevole e al politicamente corretto (il trio di protagonisti è composto da un ragazzo bianco, un ragazzo nero e una ragazza, per cercare di non scontentare nessuno).

Inoltre, il film è infarcito di riferimenti colti e modaioli che faranno andare in visibilio ogni studentello Dams alle prime armi. Rubando un'invenzione narrativa al crepuscolare "Be Kind Rewind", svuotata però di ogni forza drammaturgica, il regista si diverte a far reinscenare e rigirare ai suoi protagonisti alcuni tra i più grandi capolavori del cinema classico europeo, storpiandoli: così, per capirsi, "Death in Venice" di Visconti diventa "Death in Tennis" e via dicendo, passando per gli immancabili Godard, Bergman, Kubrick e Truffaut.

Una trovata senz'altro divertente, ma di cui si fatica a cogliere il senso oltre agli evidenti intenti parodici. Perché nonostante sciorini con piglio ironico e autorevole i nomi di mezza Storia del Cinema, quella di Gomez-Rejon è una cinefilia che puzza di nozionismo fine a se stesso - e questo è il problema. Perché, diciamocelo, che cosa hanno in comune Werner Herzog, citatissimo a più riprese, e questa commediola indipendente? Assolutamente nulla.

Piuttosto "Quel fantastico peggior anno della mia vita" si rivela debitore di quei film, più o meno teen, più o meno indie, che hanno affollato con buona fortuna le sale cinematografiche negli ultimi anni. Alfonso Gomez-Rejon imbastisce infatti un accattivante e furbissimo collage che mette insieme le esilaranti idiosincrasie dei personaggi à la Wes Anderson e le venature malinconiche di "Restless - L'amore che resta", gli irresistibili outcast di "Noi siamo infinito" e le fantasticherie creative di Michel Gondry.

Un'operazione condotta sicuramente con piglio deciso e capacità di fascinazione, ma che mostra presto la corda. Tanto che, specialmente nella seconda parte, esaurito il divertente carosello dei vari "furti" d'autore (o dovremmo considerarli già degli "omaggi"?), il film perde ritmo, verve e inventiva, finendo per assomigliare pericolosamente all'analogo, ma assai più popolare, "Colpa delle stelle" senza nemmeno condividerne la sfacciata, verace, deliberata vocazione mainstream.
Un'occasione persa, purtroppo, perché alla fine "Quel fantastico peggior anno della mia vita" appare talmente assorbito nel suo sforzo di piacere a tutti i costi, da risultare insopportabile.


12/12/2015

Cast e credits

cast:
Thomas Mann, RJ Cyler, Olivia Cooke, Connie Britton, Nick Offerman, Molly Shannon, Jon Bernthal, Katherine Hughes


regia:
Alfonso Gomez-Rejon


titolo originale:
Me and Ealr and the Dying Girl


distribuzione:
20th Century Fox


durata:
105'


produzione:
Indian Paintbrush


sceneggiatura:
Jesse Andrews


fotografia:
Chung-hoon Chung


montaggio:
David Trachtenberg


musiche:
Brian Eno, Nico Muhly


Trama

Greg, adolescente schivo e sagace, ha congegnato una elaborata e accuratissima rete di scappatoie per mantenersi in neutrale equilibrio tra le bande in cui è parcellizzata la sua scuola. Saluta tutti con cortesia, frequenta tanto il laboratorio teatrale quanto i fattoni che fumano nei bagni, sta molto attento a non offendere nessuno né a perdersi in confidenze troppo intime. Questo idillio di pacifica invisibilità è destinato però a infrangersi quando Greg viene costretto dalla madre a frequentare la coetanea Rachel, dai grandi occhi espressivi, cui è stata diagnosticata la leucemia. Se i primi incontri sono comprensibilmente pieni di silenzi e momenti imbarazzanti, in poco tempo la loro amicizia forzata si trasforma in un rapporto di inedita vicinanza e complicità.

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