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recensione di Carlo Cerofolini
9.0/10

Per Sean Baker filmare una storia significa prima di tutto raccontare un luogo e coloro che lo abitano. La filmografia del regista è infatti scandita da una serie successiva di spostamenti geografici destinati nel corso del tempo ad aggiornare una mappa personale in cui a figurare ogni volta è una versione degli Stati Uniti lontana da quella  che il cinema di Hollywood ci ha fatto conoscere.
Se il punto di vista rimane lo stesso, sistemandosi ogni volta all'interno di spazi periferici - non solo in termini di distribuzione dei luoghi abitativi - ma anche sotto il profilo sociale e culturale (in realtà nel caso di Baker sarebbe meglio parlare di sottoculture quali la musica, la moda, il tardo capitalismo incarnato dal sesso nella sua versione industriale), a creare lo scarto è proprio la costante ricerca di nuove aree metropolitane e di nuove comunità da raccontare. Perché i film di Baker, pur partendo sempre dalla singolarità dei suoi protagonisti, sono infatti il risultato di una sommatoria che non può prescindere dalla commistione originale di caratteri che ne condividono le disavventure.

Così succede in "Red Rocket", dove il passaggio dalla città delle illusioni facili di "Un sogno chiamato Florida" alle architetture industriali di Texas City, considerevole sul piano del paesaggio urbano e lavorativo, non lo è altrettanto per quello su cui converge l'attenzione del regista. A cominciare dal protagonista Mikey Saber (Simon Rex) che in qualità di porno attore caduto in disgrazia rientra nella categoria di lavoratori del sesso già conosciuti nei precedenti "Starlet", "Tangerine" e "Un sogno chiamato Florida".

Lo stesso si può dire per i tipi umani in cui si imbatterà nel suo ritorno a casa, dunque della ex moglie e collega cui Mikey chiederà ospitalità nel suo tentativo di rifarsi una vita. Come pure al microcosmo umano rappresentato dai vicini di casa, in cui tra piccoli spacciatori (a capo dei quali figura la Judy Hill di "Che fare quando il mondo è in fiamme?") e squinternati nullatenenti Baker ritrova il cuore di quella commedia picaresca di cui i suoi personaggi sono da sempre parte attiva.
In questo senso, lo è pienamente il personaggio di Mickey la cui esuberante fisicità unita al carattere di simpatico lestofante richiama da vicino (soprattutto per un cinefilo come Baker, attento conoscitore del nostro cinema) la commedia all'italiana e in particolare una tipologia umana simile a quelle proposta da Gassman nei film di Risi e Monicelli. Ricostruzione antropologica, la predetta, che Baker mette ancora una volta al servizio di una spudorata complicità, con i propri personaggi e con un sogno americano all'incontrario.
Scartati dal sistema e ridotti all'impotenza (quella di Mikey non si è ancora palesata anche se le sue prestazioni non sono più quelle di un tempo), i personaggi di "Red Rocket" ci rientrano a loro modo inventandosi una economia alternativa e parallela a quella consuetudinaria in cui la visione darwiniana della vita non ha ancora avuto la meglio sull'umanità.

Alternativo e in totale dissidenza dall'ordine ufficiale rappresentato dagli echi della corsa alla Casa Bianca tra Clinton e Trump, di cui Baker si fa sberleffo con una serie di immagini esilaranti ed eloquenti: da quella in cui Mikey si rolla una canna con cartine in cui è raffigurata la bandiera americana all'altra, ancora più eloquente, in cui il protagonista nudo e inseguito dai suoi persecutori sfila con il sesso pendolante di fronte alla bandiera nazionale e a quella dell'Unione in un capovolgimento di senso che chiama in causa Trump e la sua incapacità di salvaguardare lo status quo anche laddove il Texas dovrebbe far valere la supremazia bianca messa sotto scacco dalla minoranza nera.

In tal senso, la capacità di Baker non è solo quella di scegliere gli attori giusti (provate a leggere la biografia di Simon Rex e paragonatela a quella di Mikey) e farli recitare con chi non l'ha mai fatto ma anche di far scaturire sottotesti, metafore e allusioni all'interno di una scrittura semplice e lineare: come ciò che emerge dal rapporto tra Mikey e Fragolina (Suzanna Son, un volto che non si dimentica), la ragazzina minorenne di cui dapprima Mikey si invaghisce e con cui, successivamente, pensa di rilanciare la propria carriera nel sesso a gettone, pensando a lei come partner di film di là da venire. Per tutte valga la scena conclusiva, entro la quale l'apparizione subitanea della lolita in bikini rosso (Red Rocket) non può che alludere da un lato al rinnovato e fin lì troppo costretto desiderio dello stesso protagonista finalmente libero da crucci e responsabilità e dall'altro, e simmetricamente, a quello di una nazione da troppo languente nonché dipendente dall'ipocrisia di una classe dirigente avvezza al mero liberismo di facciata. Baker con questa sua ultima opera passa dal pensiero ai fatti, scandalizzando tanto gli ovvi connazionali benpensanti quanto la più pervasiva morale comune contemporanea. "Red Rocket" è passato con molte critiche negative nel concorso dell'ultimo festival di Cannes. Per chi scrive, invece, è solo un grande film. 


24/10/2021

Cast e credits

cast:
Simon Rex, Bree Elrod, Suzanna Son


regia:
Sean Baker


titolo originale:
Red Rocket


distribuzione:
A24


durata:
128'


produzione:
FilmNation Entertainment, Cre Film


sceneggiatura:
Chris Bergoch, Sean Baker


fotografia:
Drew Daniels


scenografie:
Stephonik


montaggio:
Sean Baker


costumi:
Shih-Ching Tsou


Trama
Mikey torna a Texas City dopo una vita spesa nell'industria dell'intrattenimento sessuale. Il suo ritorno non è inizialmente gradito e quando le relazioni sembrano assestarsi, Mikey si invaghisce di una diciassettene sognatrice.
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