Ondacinema

recensione di Giancarlo Usai
4.0/10

Un omaggio al noir hollywoodiano degli anni 40 e 50, ma anche un gioco e un esperimento sulle possibilità di uno sceneggiatore di ribaltare il senso stesso della vicenda narrata. È stato proprio Steven Knight, tornato dietro la macchina da presa dopo sei anni da "Locke", a spiegare il significato essenziale di "Serenity - L'isola dell'inganno", descrivendo compiaciuto la svolta nonsense che il suo film subisce a metà. Sarà difficile spiegare perché questo terzo lungometraggio dello sceneggiatore di ottimi titoli come "La promessa dell'assassino" e "Allied" ci è sembrato un completo naufragio, non specificando troppo il colpo di scena che stravolge la visione più o meno dopo una cinquantina di minuti. Impossibile svelare nel dettaglio lo scarto nel racconto, perché esso, pur nella sua assurdità e stupidità, è comunque la vera ratio dell'intera opera, il perno attorno al quale Knight ha imbastito tutto il suo lavoro.

Apparentemente, "Serenity" ha le carte in regola per presentarsi come un onesto film di genere in grado di intrattenere e, a tratti, divertire. In un'isola caraibica, il reduce dall'Iraq John ha cambiato nome e si è reinventato pescatore. Qui, ossessionato dalla cattura di un tonno gigantesco, vive isolato dal mondo. A un certo punto ricompare dal suo passato una donna, che scopriamo essere stata la fidanzata amata e perduta. Ora Karen è sposata con un pazzo sadico e crudele che picchia e umilia lei e il figlio che ha avuto insieme a John. Ecco perché si è rifatta viva qui, in questo paradisiaco angolo di nulla: per far uccidere il marito al suo ex.

Lo stereotipo ha sempre accompagnato l'evoluzione del cinema di genere: il thriller, il noir, il melodramma si muovono da decenni su binari precostituiti. A Hollywood, poi, la tradizione costringe molti registi a pagare un dazio maggiore. Il problema grave di "Serenity" non è questo, anzi. Per tutta la prima parte, infatti, il ritmo sostenuto, il montaggio efficace, la velocità degli eventi messi in scena contribuiscono a una visione piacevole, leggera ma capace di suscitare curiosità. Il problema del film di Knight è proprio nelle scelte all'origine, nella volontà un po' superba di poter sovvertire le regole canoniche con un plot twist assolutamente oltraggioso. Si dice spesso che tutto è permesso all'autore audace, tranne che abusare della buona fede e della fiducia dello spettatore. Knight è uno sceneggiatore solitamente attento proprio a questa regola. Che si tratti di soggetti poi trasformati in film da altri, oppure dei suoi script portati sullo schermo in autonomia, le creazioni del cineasta britannico sono sempre rispettose di quel rapporto che si deve creare tra le due parti separate dalla quarta parete. La trovata che stavolta Knight inserisce per rovesciare totalmente l'opera e trasformarla in un film di fantascienza, se non in un dramma onirico, giunge come un tradimento della visione.

"Serenity" è un giocattolo che funziona a metà. Per l'altra metà, gli idoli del suo creatore prendono il sopravvento. Da Alfred Hitchcock a Fritz Lang, fino a giungere a David Lynch e John Badham, Knight ostenta la sua abilità di funambolo delle sceneggiature, credendo di poter accompagnare la visione attraverso voli pindarici che offendono l'intelligenza del suo pubblico. Nel tratteggiare i caratteri dei protagonisti, poi, c'è tutta l'ambiguità di scelte superficiali camuffate da intuizioni geniali: lo sguardo perso della divina Anne Hathaway, le smorfie grottesche dello stravagante antagonista interpretato da Jason Clarke, ma anche il cavallo di Troia lynchano costituito dal personaggio cui dà corpo e voce Jeremy Strong sono indizi di un cast eccezionale che non ha compreso il senso stesso di ciò che metteva in scena.

Vale la pena sottolineare due elementi positivi, però. Il primo è il magnetismo ormai mirabolante di Matthew McConaughey: interpreta un protagonista la cui storia è raccontata con gravissimi vuoti narrativi, eppure, anche stavolta, riesce a rendere interessante ogni banalità che pronuncia. Il secondo elemento, non sappiamo quanto effettivamente voluto, sta nel gioco di specchi che Knight crea tra sè e la storia che racconta. Come il creatore dell'universo a se stante dell'isola, anche l'autore del film diventa, con il passare dei minuti, un burattinaio onnipotente, convinto di poter disfare e rifare con le sue mani qualsiasi cosa. Sarebbe un colpo di coda niente male, scoprire che il regista ha realizzato consapevolmente il suo fallimento, proprio in contemporanea con la descrizione di un mondo idilliaco che si va sfaldando inquadratura dopo inquadratura.


19/07/2019

Cast e credits

cast:
Matthew McConaughey, Anne Hathaway, Diane Lane, Jason Clarke, Djimon Hounsou


regia:
Steven Knight


titolo originale:
Serenity


distribuzione:
Lucky Red


durata:
106'


produzione:
Starlings Entertainment, Nebulastar, Shoebox Films


sceneggiatura:
Steven Knight


scenografie:
Andrew McAlpine


montaggio:
Laura Jennings


musiche:
Benjamin Wallfisch


Trama
Baker Dill è un misterioso pescatore di tonni che, per lasciarsi il passato alle spalle, si è trasferito da anni su di un’isola caraibica. Ma il passato ritorna. Karen, la sua ex, lo va a cercare perché ha qualcosa di molto importante da chiedergli: uccidere suo marito, un malavitoso sadico e violento, in cambio di 10 milioni di dollari. E soprattutto per il bene di Patrick, il figlio che tanti anni prima Baker e Karen hanno avuto...