Ondacinema

recensione di Matteo De Simei
6.0/10
L'ultima commedia di Carlo Verdone arriva nelle sale italiane dopo un estenuante, incessante bombardamento a livello pubblicitario e attesta il netto cambio di rotta del regista e attore romano già avvenuto negli ultimi due lavori, "Io, loro e Lara" e "Posti in piedi in paradiso". Un cambio di rotta avvenuto a seguito di una parentesi altalenante nella seconda parte degli anni Novanta e di inizio Duemila che lo ha visto mettere in scena pellicole dalla comicità elegante e mai volgari, sempre al passo coi tempi anche se afflitte da palesi sprazzi di crisi ispirativa. Fino alla sfortunata riproposizione commerciale di "Bianco rosso Verdone". Lavori comunque fortemente lontani dalla verve che lo aveva contraddistinto nel cinema italiano degli anni 80.

Lo sguardo maturo e attento del Verdone odierno si sofferma ancora di più sull'attualità che coinvolge il Belpaese, transitando dunque in territori avvilenti e malinconici che mirano a rappresentare, attraverso una discreta e immancabile dose di satira e comicità (anche involontaria), la sciagurata "condizione umana" made in Italy. I marchi di fabbrica sono sempre gli stessi ma con un'etica sempre più impressa: un racconto lineare garbato e cauto, irto di insidie per i personaggi, costretti a risalire la china dopo essere stati gettati a terra dai propri dubbi e problemi familiari/esistenziali. Così, dopo il missionario Padre Carlo Mascolo e il precario Ulisse Diamanti, la nuova storia "malincomica" verdoniana si incentra sulle peripezie del povero Federico Picchioni, intermediario finanziario a cui, nel giro di breve tempo, vengono a mancare ex-moglie e lavoro. E i guai sono solo all'inizio. Costretto a riallacciare i rapporti con i due figli tutt'altro che orgogliosi del proprio padre, e con la nipotina quasi mai vista, Federico ritroverà la fortuna (e la virtù) che sino ad allora gli aveva voltato le spalle. La buona stella si chiama Luisa Tombolini, la nuova vicina di casa della famiglia Picchioni.

C'è una sequenza in particolare che può essere in grado di assimilare la dottrina della nuova corrente cinematografica di Verdone ed è quella dell'audizione del figlio Niccolò. L'immagine di quei due energumeni che presiedono le selezioni di canto rappresentano non solo tutta la cinica e volgare concezione amoralistica del successo, bensì fotografano la triste realtà cinematografica in ambito di fruizione della commedia italiana. Il sudicio invasato che urla e blatera in romanesco sembra essere uscito da un cinepanettone e il suo messaggio è inequivocabile: c'è bisogno di far ridere. A tutti i costi. Anche quando non c'è niente da ridere. Perché questo è quello che la gente vuole. Verdone, invece, insegna che esiste ancora un cinema capace di intrattenere con comicità satirica e finanche demenziale, senza mancare di rispetto ai drammi della vita, rimanendo aderente alla difficile posizione del periodo attuale, senza nascondersi. E in modo ancor più difficile, i suoi personaggi cercano con la forza di volontà di risollevarsi dai problemi fino a rendere credibile un anelito di speranza.

Attenzione però che Verdone, pur di rendere meno amaro il groppone e pur di regalare un sorriso prima dei titoli di coda, è costretto a un triste compromesso non propriamente coraggioso ma sicuramente meritevole di nota: la suddetta speranza si chiama ricambio generazionale ed è inequivocabilmente lontana dall'Italia. La figlia Lia si innamora della "cultura" inglese e si trasferisce si per amore ma anche perché questo "non è un paese per giovani". Niccolò la segue per esasperazione poco tempo dopo. Comincia a manifestarsi un sentimento di solitudine nella generazione di padri e madri che ormai ha piantato saldamente le radici nel nostro paese, e che può essere colmata solo dall'amore (l'unione inevitabile tra Federico e Luisa).

Se da una parte abbiamo dunque la garanzia di un regista che conferma la voglia di elogiare con delicatezza i temi trattati, quello che convince meno è invece la messa in scena piuttosto televisiva, quasi da sit-com e una sceneggiatura piuttosto compassata, sicuramente non originalissima. Certe sequenze sono slegate dal contesto e faticano ad avere un collante (la storia d'amore della figlia) risultando quasi fini a se stesse. Infine c'è la collaudata coppia Verdone-Cortellesi che, da sola, regge le fondamenta dell'intero lavoro. I due sembrano recitare insieme da parecchio tempo e, in particolare, la Cortellesi si contraddistingue per un sorriso, un estro e un'intraprendenza da applausi. Qualche dubbio, per concludere, rimane, ma in definitiva l'autore romano non ha perso la confidenza con un cinema comico capace di far ridere e sorridere con sottile intelligenza.
14/02/2014

Cast e credits

cast:
Carlo Verdone, Paola Cortellesi, Tea Falco, Lorenzo Richelmy, Eleonora Sergio


regia:
Carlo Verdone


titolo originale:
Sotto una buona stella


distribuzione:
Filmauro


durata:
110'


produzione:
Filmauro, Luigi De Laurentiis


sceneggiatura:
Maruska Albertazzi, Gabriele Pignotta, Pasquale Plastino, Carlo Verdone


fotografia:
Ennio Guarnieri


scenografie:
Anca Rafan


montaggio:
Claudio Di Mauro


costumi:
Valentina Cencetti


musiche:
Umberto Scipione


Trama
Un ricco consulente finanziario romano si ritrova d'improvviso senza lavoro, costretto a convivere coi i due figli e con la nipotina di colore. Le cose sembrano andare malissimo ma per fortuna della famiglia Picchioni è arrivata la nuova vicina...