Ondacinema

recensione di Carlo Cerofolini
7.0/10

Guai a sottovalutare il cinema mainstream perché di solito è quello che più di altri somatizza le problematiche del proprio tempo. Chi lo fa tende a relativizzare i contenuti di questi film, da una parte evidenziandone la superficialità dell'esposizione, portata avanti con argomentazioni che di rado entrano in contrasto con l'opinione dominante, dall'altra per la tendenza a essere subordinate e spesso in funzione della componente spettacolare del prodotto. Cosa per lo più vera se non fosse che l'aspetto più interessante del modello in questione non è mai da ricercare in un'eventuale poetica del regista, destinato nella maggior parte dei casi a fare da sparring partner ai protagonisti della storia o nella presenza (consapevole) di un punto di partenza tematico da sviluppare all'interno della narrazione. Nei film della Marvel che da tempo rappresentano il campione per eccellenza della categoria, di fatto, l'urgenza non è mai sotterranea o ancor più nascosta ma risale alla necessità di dare continuità e coerenza ai tasselli di un universo cinematografico sempre più interconnesso e perciò bisognoso di ritrovare ogni volta la sue logiche.

"Spider-Man: Far from Home" non poteva costituire un'eccezione, con il suo essere anche in termini emotivi una sorta di antidoto alle funeste avventure dei "Coraggiosi"  - prima gli Avengers di "The Endgame" e poi gli X-Men di "Dark Phoenix" - che lo avevano preceduto. Nella sua versione più giovanilistica di sempre lo Spider-Man di Jon Watts - già autore del precedente "Spider-Man: Homecoming" - alleggerisce l'atmosfera con una sorta di situation comedy in cui ad andare "in onda" sono i problemi più tipici di adolescenti alle prese con affari di cuore che riguardano innanzitutto Peter Parker, innamorato della compagna di liceo (la mitica Gwen, qui in versione riveduta e corretta a iniziare dal colore dei capelli, non più biondi ma castani) e per questo intenzionato a dichiararsi nel corso della gita scolastica nella vecchia Europa, verso la quale a inizio film vediamo partire il protagonista insieme a professori e al resto della classe. Un progetto, quello di Peter e soci, destinato a convivere con l'ennesima chiamata alle armi da parte dell'immarcescibile Nick Fury, intenzionato a schierare il tessiragnatele al fianco della new entry Mysterio/Gyllenhaal per combattere i nemici di turno.

Se la casistica appena descritta è parte integrante di un meccanismo oramai oliato, soprattutto laddove per raggiungere un pubblico più trasversale possibile è necessario alternare le sequenze d'azione con inserti sempre più melodrammatici, indispensabili per empatizzare con la parte di pubblico femminile, "Spiderman: Far From Home" è perfetto nel mantenere le premesse da teen movie divertente e leggero, facendole convivere con la sua natura più violenta e distruttiva che ancora una volta non manca di seminare paura e morte. Nell’economia del risultato a pesare è anche il comparto visivo perché, alla routine degli scontri corpo a corpo, Watts ci riserva sorprese quando si tratta di mettere in scena il potere illusionistico di Mysterio in una serie di sequenze da far girare la testa allo spettatore, per il gioco di specchi in cui la realtà fa a gara a smentire se stessa manco ci trovassimo nella sequenza finale de "La signora di Shangai" di Orson Welles.

Altro discorso è invece quello che riguarda i messaggi subliminali chiamati a fare da cartina di tornasole delle vicende contemporanee. Anche qui la Marvel non si smentisce,  offrendoceli in confezione patriottica e super egocentrica  nel momento in cui per salvare l'Europa dai suoi aggressori (chiara allusione agli attentati terroristici che hanno scosso il Vecchio Continente) non esiste alternativa se non quella di ricorrere all'aiuto degli Stati Uniti,  salvatori del mondo e - sarà contento Donald Trump - sempre più decisori delle sorti dell'intero pianeta. Se poi questo non bastasse, il film trova il modo di ritornare - attraverso i fantasmagorici poteri di Mysterio - su problematiche che da sempre appartengono all'universo Marvel: lo è il discorso sulla fallacia ontologica della percezione umana, sempre più incapace di decifrare la realtà (tema, questo, tra i più dibattuti dal cinema del nuovo millennio); a maggior ragione, fa parte del pacchetto il discorso relativo al dualismo identitario insito nella necessità degli eroi di differenziarsi dal proprio alter ego fino a dare corso a una vera e propria dissociazione schizofrenica. In questo senso "Spiderman: Far From Home" legittima il bisogno di riconciliarsi con la propria natura, facendo cadere le maschere che separano i super-eroi dai propri cari, nella consapevolezza di non poter nulla di fronte all'invasiva ubiquità del grande fratello orwelliano (occhio alla sequenza finale, quella che chiude il film dopo i sottotitoli). A parte il divertimento che procura, "Spiderman: Far From Home" è bravo a far emergere questi argomenti come parte di un subconscio collettivo che da sempre il brand creato da Stan Lee tiene in grande considerazione. Pensando alle eventuali ricadute al botteghino, anche questa volta si può parlare di missione compiuta, dentro e fuori lo schermo.


15/07/2019

Cast e credits

cast:
Tom Holland, Samuel L Jackson, Cobie Smulders, Jake Gyllenhaal, Jon Favreau, Marisa Tomei


regia:
Jon Watts


distribuzione:
Columbia Pictures, Marvel Studios


durata:
129'


produzione:
Warner Bros Entertainment Italia


sceneggiatura:
Chris McKenna, Erik Sommers


fotografia:
Matthew J. Lloyd


scenografie:
Tina Jones, Claude Pare


montaggio:
Dan Lebental


costumi:
Anna B. Sheppard


musiche:
Michael Giacchino


Trama
Nemmeno una vacanza scolatisca lontano da casa riesce a tenere Peter Parker fuori dai guai