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recensione di Rudi Capra
6.5/10

Mentre "Summer" veniva proiettato sugli schermi del Festival di Cannes, Kirill Serebrennikov rimaneva agli arresti nella sua casa di Mosca. Ad oggi non è chiarito se le accuse formali (frode fiscale e sottrazione di fondi pubblici) siano fondate oppure se, come sostiene buona parte del movimento culturale e artistico russo, siano il pretesto per punire le visioni critiche del regista su diritti LGBT, politica putiniana e annessione della Crimea. Di certo, Serebrennikov traccia un solco netto rispetto alle opere recenti, in particolare i drammi "Betrayal" e "Parola di Dio", incentrati sui temi dell’adulterio e del fondamentalismo religioso.

"Summer" è infatti uno scanzonato biopic musicale che, sullo sfondo effervescente della Leningrado degli anni ’80, ripercorre le carriere artistiche e le vicende biografiche di Mike Naumenko, sua moglie Natalia e del giovane cantante Viktor Coj. Se non siete familiari con il rock sovietico (come non lo è il sottoscritto), sarete lieti di sapere che Mike Naumenko, leader degli Zoopark, e Viktor Coj, leader dei Kino, sono due figure decisive della musica russa contemporanea: attingendo a piene mani dalla scena rock occidentale (all’epoca vietata e sotto censura), Coj e Naumenko svilupparono una poetica vicina alle sonorità di autori come David Bowie, Bob Dylan, Iggy Pop, Lou Reed e gruppi come The Doors, The Cure, Talking Heads, T.Rex, Joy Division. Consigliato l'ascolto di entrambi a tutti gli appassionati dei generi blues/rock/punk/new-wave, se non altro per ovviare alla dominante anglofonia. 

Serebrennikov ha buon gioco nel mescolare tradizioni e influenze, brani e armonie, tessendo un energico contrappunto musicale sull’impianto di una narrazione sviluppata mediante una nitida fotografia in bianco e nero. Di tanto in tanto, il biopic si sottrae al tempo del racconto e sconfina apertamente nel musical, dando luogo a gustose scene cantate in cui i personaggi interpretano pezzi storici del rock anglofono in un grottesco accento russo. La parte più debole del testo filmico risulta alla fine proprio il narrato, che malgrado il raffinato milieu fotografico appiattisce eventi e caratteri sul profilo scarno ed essenziale di un triangolo, rinunciando a esplorare le direzioni cui pure allude: la rigida fragilità dell’URSS, incapace di sfruttare il fermento creativo della gioventù per diventare la società che poteva essere e non è diventata; la difficoltà di fare arte in un paese dispotico e retrogrado; il significato e il rischio dell’impegno culturale per l’individuo in una dittatura; la critica alle ipocrisie politiche e civili della Russia di Putin.

Quel che rimane è l’affresco scolorito e giocoso di un periodo irripetibile, un’opera troppo nostalgica per essere generazionale e troppo personale per essere storica. La chiave di lettura è in fondo il titolo stesso, la stagione che racchiude in sé l’abbagliante scoperta della bellezza e la rivelazione della sua caducità: l’estate, appunto. Cantata sia da Naumenko (
Leto) che da Coj (Kontsitsja Leto) in brani inclusi nel film, indica metaforicamente la parabola fiammeggiante e fugace, come una meteora, che i due cantanti hanno tracciato nella storia della musica russa. Ed è forse a quella parabola che Serebrennikov collega il suo lavoro, oggi più che mai minacciato dall’oscurantismo di regime.


16/11/2018

Cast e credits

cast:
Teo Yoo, Roman Bilyk, Irina Starshenbaum, Philip Avdeev, Alexander Gorchilin, Julia Aug, Nikita Yefremov


regia:
Kirill Serebrennikov


titolo originale:
Leto


distribuzione:
I Wonder Pictures


durata:
126'


produzione:
Hype Film, KinoVista


sceneggiatura:
Mikhail Idov, Lily Idova


fotografia:
Vladislav Opelyants


scenografie:
Andrey Ponkratov


montaggio:
Yuriy Karikh


costumi:
Tatyana Dolmatovskaja


musiche:
Roman Bilyk


Trama

Sullo sfondo della Leningrado degli anni '80 si intrecciano le parabole artistiche del giovane musicista Viktor Coj e dell'affermato cantautore rock Mike Naumenko

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