Ondacinema

recensione di Antonio Pettierre
5.0/10

Theodore Robert Bundy è stato uno dei più efferati serial killer americani. A lui si sono attribuiti più di trenta omicidi negli anni 70, catturato in Florida (dopo altri due procedimenti e successive evasioni) si tenne un processo tra il 1979 e il 1980 con un’ampia copertura mediatica che ne fece un caso anche per la televisione americana. Condannato a morte, è stato giustiziato sulla sedia elettrica il 24 gennaio 1989.

A distanza di 30 anni, il regista Joe Berlinger mette in scena questo periodo in “Ted Bundy- Fascino criminale” basandosi sul libro di Elizabeth Kendall “The Phantom Prince: My Life With Ted Bundy”. Conosciuta anche come Elizabeth Kloepfer, la Kendall è stata la fidanzata di Bundy durante l’attività criminale dell’uomo restando sempre all’oscuro di tutto.

Basandosi sugli atti processuali e giudiziari, Berlinger inizia dalla fine, cioè dall’ultimo incontro in carcere tra la donna e Bundy prima della sua esecuzione, e con un lungo flash back narra il loro primo incontro a una festa di studenti, lei giovane divorziata e con una figlia a carico, e lui che si spacciava come studente di legge. La narrazione prosegue per quadri illustrando i vari arresti, processi, fughe di Bundy fino alla cattura definitiva dopo l’uccisione di due ragazze all’interno di uno studentato di un college della Florida.

Berlinger ha una trentennale esperienza di documentarista alle spalle, in particolare per la televisione – vincitore di due Emmy – e interessato a storie di cronaca (“Paradis Lost 3: The Purgatory”, su un assassino di tre bambini e la condanna e poi l’assoluzione di tre adolescenti dopo vent’anni di prigione scagionati dalla prova del Dna, è stato candidato all’Oscar). Su Bundy ha diretto e prodotto una miniserie documentaria di quattro puntate prima di girare “Ted Bundy – Fascino criminale” e che si può pensare come a un lavoro preparatorio alla pellicola di fiction. Il passaggio dalla realtà alla finzione da parte di Berlinger ha come scopo quello di raccontare la figura di Bundy attraverso gli occhi della Kendall (interpretata da Lily Collins). Il lavoro compiuto dal regista è mimetico: nei titoli di coda appaiono sequenze televisive originali dei processi e si nota il lavoro da “replicante” effettuato da Zac Efron per interpretare Bundy, arrivando a imitarlo non solo fisicamente, ma soprattutto nei gesti, nelle espressioni, nei movimenti, così come i vari processi con relativi inserti dei veri dialoghi ripetuti all’interno della narrazione.

Esteticamente “Ted Bundy – Fascino criminale” appare un esercizio di riconfigurazione e traduzione di materiale dal vero in messa in quadro finzionale, sfruttando un cast di giovani attori famosi e un profilmico (costumi e scenografia) che riproduce fedelmente l’ambientazione del periodo. Ma se si assiste a un prodotto tutto sommato anche ben recitato, “Ted Bundy – Fascino criminale” è pieno di difetti a livello strutturale che ne pregiudicano la riuscita finale.

Innanzi tutto, la sceneggiatura è molto meccanica e poco fluida. Michael Werwie scrive una serie di quadri con ellissi temporali disomogenee che si focalizzano in particolare sui processi che possono essere interessanti in quanto tali, ma montati troppo seccamente uno con l’altro. Ma il punto più debole è proprio l’incapacità di Berlinger di avere il coraggio di portare fino in fondo la sua scelta di sposare il punto di vista della Kendall, che ben presto viene sostituita da quello di Bundy. Sembra quasi che a un certo punto non si potesse sacrificare il volto di Bundy-Zac Efron. E proprio questo tradimento che rende il film incerto. Oltretutto, partendo dalla Kendall e arrivando a Bundy, non si spiegano fino in fondo le dinamiche degli omicidi né l’efferatezza degli stessi, citando il minimo indispensabile, creando un ritratto di un serial killer di grande fascino, quasi un eroe di fronte alla macchina della giustizia reso spettacolo mediatico, dimenticandosi (se non nei titoli di coda dove sono elencate le trenta vittime accertate ufficialmente) che Bundy era un feroce assassino, stupratore, necrofilo che collezionava le teste delle sue vittime. Manca anche la perversa capacità manipolatoria che Bundy utilizzava nei confronti delle giovani donne, evidenziando solo l’elemento del fascino esercitato. E questo perché fin dall’inizio si voleva raccontare il dramma interiore della Kendall e focalizzarsi su di esso per poi, invece, abbandonarlo.

La mancanza di controllo della materia si riverbera anche sulla forma. Berlinger ha alle spalle solo un’altra opera di fiction e “Ted Bundy – Fascino criminale” appare troppo debitore a un estetismo da documentario televisivo che inficia la messa in scena cinematografica. Sulla figura di questo serial killer in precedenza ci sono stati tre film e uno sceneggiato e quest’ultima pellicola non aggiunge altro, fallendo nel tentativo di raccontare una vicenda così complessa e articolata da un punto di vista diverso.


12/05/2019

Cast e credits

cast:
Zac Efron, Lily Collins, Kaya Scodelario, John Malkovich, Haley Joel Osment


regia:
Joe Berlinger


titolo originale:
Extremely Wicked, Shockingly Evil and Vile


distribuzione:
Notorious Pictures


durata:
108'


produzione:
COTA Films, Voltage Pictures


sceneggiatura:
Michael Werwie


fotografia:
Brandon Trost


scenografie:
Brandon Tonner-Connolly


montaggio:
Josh Schaeffer


costumi:
Megan Stark Evans


musiche:
Marco Beltrami, Dennis Smith


Trama
La storia processuale di Ted Bundy uno dei più efferati serial killer americani.