Ondacinema

recensione di Eugenio Radin
8.0/10

Appare evidente come parte del successo di cui oggi gode il cinema d’animazione orientale, stia nella sua capacità di attingere al grande baule della propria storia, delle proprie leggende e del proprio folklore. Ciò che rapisce la nostra attenzione (e il nostro cuore) di fronte a film come "La storia della Principessa Splendente" o "La città incantata" non è semplicemente la costruzione drammatica della trama, ma la capacità degli autori di mescolare la propria fantasia a elementi provenienti dalla tradizione, dall’arte, dalle fiabe e dai miti locali, non soltanto da un punto di vista contenutistico, ma anche e soprattutto dal punto di vista grafico.     
Nel mondo Occidentale questo aspetto è meno curato (anche se non del tutto assente), forse anche a causa del carattere globale della distribuzione hollywoodiana, che spinge molti registi a cercare il successo di pubblico più che a indagare le proprie radici e a elaborare un proprio stile.     

In ciò fa eccezione l’irlandese Tomm Moore, che sin dal suo primo lungometraggio ha saputo far leva sulla storia e sulle leggende della piccola isola di origini celtiche, inserendo nelle proprie storie e nelle proprie animazioni elementi storici, spunti artistici e richiami culturali che contribuiscono a rendere la sua filmografia così interessante.           
"The Secret of Kells", ambientato in un monastero irlandese del IX secolo, ai tempi delle invasioni vichinghe dell’isola, racconta le vicende fantastiche del giovane miniatore Brendan, impegnato nell’illustrazione del libro di Kells, un antico codice medievale realmente esistente e considerato uno dei picchi dell’arte irlandese del periodo. Il libro di Kells non è però l’unico elemento che Moore prende a prestito dalla storia: persino il nome del gatto Pangur Ban, compagno di Brendan, deriva da una poesiola del tempo, che un giovane monaco irlandese dedicò al proprio felino. Questa capacità di utilizzare elementi reali all’interno della finzione arricchisce il racconto e lo rende ancor più efficace.   
Il leggendario potere di vincere le tenebre, che Brendan è convinto di trovare nel manoscritto, riflette la convinzione medievale secondo cui i vangeli e il messaggio cristiano avrebbero portato la luce anche nelle terre più oscure, preda del paganesimo e dell’eresia.     
Ma la contrapposizione tra mondo cristiano e mondo pagano, che si farà più marcata in "Wolfwalkers", è qui sostituita dalla figura del protagonista, la cui amicizia con la fata dei boschi Aisling, rappresenta proprio il ponte tra le due tradizioni, unite nella lotta contro la distruzione e la sete di denaro incarnata dai vichinghi.

"The Secret of Kells" porta avanti invece una riflessione matura sul ruolo dell’arte (e in particolare del disegno) che se non è capace di sconfiggere le tenebre in senso letterale (i vichinghi abbatteranno le mura e metteranno a ferro e fuoco il piccolo monastero) è però capace di ridonare speranza, di elevare l’animo dell’uomo e di donarci opere che nessuna quantità di oro potrà mai comprare.

E proprio perché il soggetto della pellicola è l’arte, è interessante notare in che modo l’opera sviluppi una propria forma artistica. Ciò che infatti rappresenta l’elemento di maggior interesse all’interno del film è sicuramente il modo in cui le animazioni di Moore si conformano alla storia narrata, definendo quello stile artistico che rivedremo poi anche nei successivi film dell’animatore irlandese.       
In particolare qui, richiamandosi proprio all’arte medievale, Moore gioca con le proporzioni, con l’assenza di profondità e di prospettiva, facendo muovere i personaggi in sfondi fissi, accostando simbolicamente figure lontane nello spazio, creando un senso di piattezza, che talvolta richiama esplicitamente le miniature degli antichi codici e che rende possibile l’asservimento di ogni elemento grafico al senso della narrazione.



Si gioca anche parecchio con le simbologie medievali cristiane, come la contrapposizione tra le forme geometriche del cerchio (simbolo del mondo celeste, della bontà delle cose divine) e del quadrato (simbolo di ciò che è terreno, creato, e dunque asservito a logiche puramente materiali). Non a caso la pianta del monastero è circolare, mentre i vichinghi proiettano, al loro passaggio, ombre rettangolari; allo stesso modo il malvagio Crom Cruach (non a caso un serpente!) si muove con traiettorie quadrilaterali e per sconfiggerlo Brendan disegnerà attorno a lui un grande cerchio bianco.

La seconda componente dell’opera è invece certamente rappresentata dalla rielaborazione dell’arte irlandese. Oltre al codice di Kells, che diventa parte integrante del plot, ritornano più volte le croci celtiche, le triquetre, le triskelis e altri motivi tipicamente pre-cristiani che donano alla narrazione un carattere maggiormente popolare e folkloristico.        



Tali simboli non solo ritornano come elementi della narrazione (l’occhio di Crom, che servirà da lente ai miniatori ricorda chiaramente le rune), ma prestano anche la loro forma agli elementi naturali (i fiocchi di neve a forma di croce celtica) e vengono infine utilizzate come texture per arricchire superfici e sfondi. Tali texture, che diventano un elemento tipico delle animazioni di Moore, si richiamano inoltre alla migliore tradizione artistica europea, tradendo il loro debito nei confronti di pittori quali Klimt o Kandinsky. Anche la musica, che si rifà alle tipiche ballate e gighe irlandesi e ai canti monacali, contribuisce a creare un’atmosfera specifica e gravida di senso.    
L’unione di simbologie cristiane, di elementi popolari e di richiami alla storia dell’arte agisce, allo stesso modo dell’amicizia tra Brendan e Aisling, come un ponte tra paganesimo, cristianesimo e modernità, tra il passato e il presente irlandese (ed europeo). È proprio questo, in effetti, ciò che il cinema di Moore si propone di fare: delineare nuove storie, nuove immagini che non dimentichino però la grande ricchezza e la grande importanza della nostra storia.


29/01/2021

Cast e credits

regia:
Nora Twomey, Tomm Moore


durata:
75'


produzione:
Les Armateurs, Vivi Film, Cartoon Saloon, France 2 Cinéma


sceneggiatura:
Fabrice Ziolkowski


montaggio:
Fabienne Alvarez-Giro


musiche:
Bruno Coulais, Kíla


Trama
Il giovane monaco Brendan vive nell'abazia guidata dall'austero zio, l'abate Cellach e minacciata dall'invasione vichinga dell'Irlanda. Quando fratello Aidan, un vecchio miniatore di importante fama, raggiungerà l'abazia, la curiosità di Brendan lo porterà a scoprire un mondo magico fatto di libri, segreti e spiriti dei boschi.