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recensione di Alex Poltronieri
5.0/10
C'era davvero bisogno di far ripartire da zero la saga cinematografica dell'Uomo Ragno? Forse a chi scrive sfugge qualche cognizione "teorica", o è troppo vecchio per capire, o non ha risentito eccessivamente dello scarto generazionale, ma l'impressione è che di questo "nuovo" Spider Man non ne sentisse la necessità nessuno. Messo in cantiere dopo il naufragio del quarto capitolo firmato Sam Raimi (a causa di divergenze creative con la Sony, che già aveva pesantemente manipolato la versione finale della terza pellicola, non a caso la meno riuscita), questo reboot passerà alla storia per essere il più celere della storia del cinema (un merito non esaltante, che, se avrà successo, potrebbe creare un inquietante precedente; già si parla di far ripartire le saghe di "Harry Potter" e "Twilight"): nessun ciclo cinematografico è stato fatto ripartire da zero a soli cinque anni dall'uscita in sala dell'ultimo capitolo. Inoltre, riferendoci alla trilogia di Raimi, parliamo di film molto popolari ed amati dal pubblico, e ancora non "dimenticati". Ecco allora che le perplessità aumentano ancora di più.

Affidato alle mani del regista Marc Webb (alle spalle solo la commedia romantica "modaiola" "(500) Giorni insieme") questo reset ripresenta con poche, ma rilevanti, modifiche, la genesi del personaggio creato cinquant'anni or sono dal duo Lee-Dikto. Il morso del ragno geneticamente modificato, la morte dell'amato zio Ben, la rivalsa nei confronti dei compagni di liceo, l'amore per la bella di turno (non più la rossa Mary Jane ma la bionda Gwen Stacy), lo scontro col mad doctor cattivone (Lizard, storico villain dei comics dell'età dell'oro), il racconto di formazione che porta il protagonista a diventare adulto ed accettare le sue responsabilità. Insomma, tutte cose che il primo film di Raimi ci aveva già raccontato, e bene, soltanto un decennio fa. In più, ci sono i lanciaragnatele (sostituiti in Raimi da una tela organica), la tanto strombazzata sottotrama legata ai genitori scomparsi di Peter (abbandonata invero dopo cinque minuti di pellicola), e un piglio da commedia adolescenziale di ambientazione scolastica (probabilmente l'apporto principale di Webb), che potrebbe anche essere un'idea vincente, se non lasciasse bruscamente posto nel secondo atto ad un convenzionalissimo showdown tra il supereroe e il suo mostruoso antagonista. Il tono è più cupo e "realistico" rispetto ai film di Raimi, ma non necessariamente più "adulto": l'azione è maggiormente fisica (la cgi è meno presente rispetto al solito), ci sono più sangue e tragedie, e il supereroe rosso-blu agisce praticamente solo di notte, dondolando sui grattacieli di una New York che non ha nulla del luccicante romanticismo da vecchia Hollywood di Raimi. Non c'è spazio per alleggerimenti comici, quali consentivano personaggi come il burbero direttore di giornale J. Jonah Jameson. In compenso la battuta "da un grande potere derivano grandi responsabilità", non viene nemmeno pronunciata. Viene così a mancare il sottotesto morale che sta alla base del personaggio di Stan Lee, quel senso di colpa e responsabilità che lo attanagliano da sempre, e lo distinguono da qualsiasi altro giustiziere mascherato in circolazione.

Ma il confronto con i film di Raimi (in particolare l'eccellente "Spider Man 2") è davvero impari. Qui manca qualsiasi guizzo creativo, non c'è nessuna cifra autoriale o momento di sana follia e divertimento. Manca il grottesco, l'ironia. Non ci sono più riflessioni sulla NY ferita e diffidente post 11-9, non ci sono più simbologie e parallelismi sessuali (la ragnatela organica non era infilata a caso) tra la maturazione di Peter e l'autoaccettazione dei suoi poteri. E non ci sono più scene da antologia come il bacio capovolto tra il supereroe e la bella MJ. Ecco, quello di Marc Webb è un competente popcorn movie che non osa mai più del necessario, che sfrutta senza troppa fantasia l'ormai abusatissimo e noiosissimo effetto 3D, e che rilancia, com'è ormai di moda, l'avventura a futuri sequel (immancabile la sequenza dopo i titoli di coda). La sceneggiatura (benché firmata da tre fuoriclasse come Vanderbilt-Sargent-Kloves) arranca, mescolando con troppa libertà e confusione elementi della continuity classica e della serie "Ultimate" (il ruolo della multinazionale Oscorp, il mistero legato alla morte dei genitori di Peter, che nei fumetti si scopriranno essere agenti governativi dello S.H.I.E.L.D.), tra svarioni di logica e personaggi ridotti a macchietta (il Dottor Connors-Lizard, oltre ad essere realizzato malissimo, non ha nessuna sfumatura).
 
I pochi momenti convincenti sono merito dell'alchimia tra i protagonisti Andrew Garfield ed Emma Stone, ma se la seconda è una scelta di casting perfetta, Garfield, per quanto bravo e misurato, non possiede la perfezione e il physique du role di Tobey Maguire, e incarna un Peter Parker sin troppo cool e sicuro di sé, che stenta a far scattare l'identificazione del pubblico. In definitiva, un'operazione che rischia di scontentare fan vecchi e nuovi, magari accettabile per chi (probabilmente una decina di persone in tutto il globo) non ha ancora familiarità con i fumetti dell'Uomo Ragno o non ha visto i film precedenti, totalmente accessoria per chiunque altro. La storia mai raccontata? Magari la prossima volta.

03/07/2012

Cast e credits

cast:
Andrew Garfield, Emma Stone, Rhys Ifans, Dennis Leary, Martin Sheen, Sally Field, Irrfan Khan, Campbell Scott


regia:
Marc Webb


titolo originale:
The Amazing Spider Man


distribuzione:
Sony Pictures


durata:
136'


sceneggiatura:
James Vanderbilt, Alvin Sargent, Steve Kloves


fotografia:
John Schwartzman


scenografie:
J. Michael Riva


montaggio:
Alan Edward Bell, Pietro Scalia, Michael McCusker


costumi:
Kym Barrett


musiche:
James Horner


Trama
La saga dell'Uomo Ragno riparte delle origini. Il giovane Peter Parker deve scoprire il segreto dietro ai suoi superpoteri, legato in qualche modo alla scomparsa dei genitori.
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