Ondacinema

recensione di Mirko Salvini
6.5/10

Tra qualche tempo uscirà nei nostri cinema, distribuito dalla Lucky Red, "The Kids Are All Right" di Lisa Cholodenko, film dove Annette Bening e Julianne Moore interpretano una coppia di donne che si amano e che tirano su due figli come una qualunque famiglia, la cui stabilità verrà messa a dura prova quando i due rampolli chiederanno di conoscere il padre biologico. Pellicola che ha conquistato pubblico e critica negli Stati Uniti, "The Kids Are All Right" è solo l'ultima dimostrazione del talento e della passione che caratterizzano quell'agguerrita pattuglia di registe che sta rivoluzionando la scena del cinema a tematica lesbica. Guinevere Turner, Alice Wu, Rose Troche e la stessa Cholodenko non sono ancora celebrate come i loro colleghi maschi Almodovar, Ozon, Haynes (o l'italiano d'adozione Ozpetek), né possono vantare numi tutelari come Visconti, Jarman o Fassbinder, tanto meno padrini come John Waters; però si stanno ritagliando una loro nicchia, aiutate anche dal seguito di cui le loro pellicole godono su internet. Di questo gruppo fa parte anche Shamin Sarif, scrittrice inglese quarantenne, di origini indiane e sudafricane, che vive a Londra insieme alla propria partner e ai loro due bambini. I suoi libri sono piuttosto noti presso il pubblico anglosassone e qualche anno fa ha deciso di esprimersi anche attraverso il cinema, esordendo con un'operazione curiosa. Raccontare con un dittico di film una storia simile, la complicità di due donne (una anticonformista e disinvolta, l'altra più insicura) pronta a sfociare in amore, utilizzando registri però diversi: prima una commedia sofisticata ("I Can't Think Straight") e poi un dramma di ambientazione storica, ricavato da un suo libro ("The World Unseen"). Interpretate dalla stessa coppia di attrici, le bellissime Lisa Ray e Sheetal Sheth (che però nei due film si scambiano i ruoli), le due pellicole sono state girate una di seguito all'altra e insieme hanno fatto il giro dei festival a tematica lgbt, riscuotendo un notevole successo di pubblico.
Che uno scrittore prenda parte all'adattamento per il cinema di una sua opera, specie in fase di sceneggiatura, è una cosa cui da sempre siamo abituati, meno usuali invece i casi in cui l'autore si occupa in prima persona della regia. "

The World Unseen" è ambientato nella comunità indiana di Città del Capo all'inizio degli anni cinquanta, quando l'apartheid è agli albori. A parte il contesto, la vicenda narrata ha diverse cose in comune con "Pomodori Verdi Fritti (alla fermata del treno)" di Jon Avnet, film americano dei primi anni novanta molto popolare presso il pubblico femminile (e a sua volta tratto dal libro di una scrittrice dichiaratamente omosessuale, Fannie Flagg, che fu co-autrice della sceneggiatura, sebbene questa si prendesse molte libertà rispetto alla pagina scritta). Anche qui infatti assistiamo al forte legame che si crea fra due donne, intrecciato alle vicende di vari parenti e amici (mancano però i due piani temporali che si alternano e il meccanismo di storia nella storia).
Miriam è una casalinga neanche troppo inquieta. Sposata con Omar (Parvin Dabas) e madre di una nidiata di marmocchi (a inizio film la vediamo in attesa dell'ultimo), vive un'esistenza spensierata, abbastanza incurante dei cambiamenti feroci che stanno per capitare. A dare uno scossone alla sua vita sarà l'incontro con Amina, altra ragazza appartenente alla comunità indiana, che non potrebbe essere più diversa da lei. Anticonformista, non sposata, gran lavoratrice, Amina guida, porta i pantaloni e gestisce un caffè, per di più insieme ad un anziano uomo di colore, contravvenendo ai diktat delle autorità. Non ci vuole molto per capire che Amina è un soggetto scomodo per la comunità e motivo di molti grattacapi per i suoi familiari. Miriam invece è molto affascinata dalla ragazza, che tra l'altro viene assunta da Omar per curare l'orto che i due coniugi hanno dietro casa. La vicinanza fra le due donne permette a Miriam di rendersi conto che ci sono maniere più soddisfacenti e interessanti per vivere il proprio tempo. Incurante della disapprovazione di Omar (che poi si scoprirà essere tutt'altro che un marito perfetto), Miriam tenta prima di aiutare un ragazzo di colore ricercato dalla polizia, poi, con la collaborazione di Amina, trova un nascondiglio per la cognata, a sua volta nei guai con la legge. Questo rende la complicità fra le due donne ancora più forte. Amina però non vuole solo l'amicizia di Miriam; sarà in grado la donna di ricambiare un sentimento così forte che fino a poco tempo prima neanche avrebbe mai considerato possibile?

Come già detto, il film ha goduto di una certa popolarità fra i vari festival (e i neonati premi del cinema sudafricano lo hanno ricompensato con la vittoria in 11 categorie!), inoltre la comunità indiana residente in Sud Africa ha espresso soddisfazione per essere stata finalmente rappresentata in un film e la regista ha annunciato di essere già all'opera su nuovi progetti (sempre ricavati da suoi lavori letterari). Buona parte del merito di questo successo va attribuito sicuramente alla scelta felice delle due interpreti. Sheetal Sheth è un'Amina prodiga e vivace, mai sguaiata o caricaturale; Lisa Ray (indimenticabile vedova prostituta nel candidato all'Oscar Water, negli ultimi tempi balzata agli onori delle cronache anche per una dura battaglia contro il cancro, conclusasi fortunatamente nel migliore dei modi) con la sua bellezza incomparabile e un fisico imponente che ben contrasta col carattere sommesso del personaggio ci regala una Miriam misurata e al tempo stesso carnale. La chimica fra le due attrici (che si può ammirare anche nel gemello, meno riuscito, "I Can't Think Straight") è palpabile e si deve a questa molto del coinvolgimento dello spettatore.
In generale il film però soffre di qualche schematismo ed è impaginato in modo troppo convenzionale per risultare veramente interessante. Inoltre, se i due personaggi principali sono ben resi e messi a fuoco, non altrettanto si può dire di quelli secondari, tagliati con l'accetta, ad eccezione, forse, di Jacob (il bravo David Dennis), il socio in affari di Amina, che nel film vediamo coinvolto in un affair poco promettente con una donna afrikaner, e di Farah (Natalie Becker, molto bella anche lei), amante intrigante di Omar. 
Qualche critico ha suggerito che Shamim Sarif e le sue storie avrebbero bisogno di una mano più esperta nel passaggio al grande schermo. Se tale osservazione è in buona parte comprensibile (e non dico condivisibile), ritengo però che non sarà presa troppo in considerazione dalla diretta interessata. Queste nuove ragazze dietro la macchina da presa hanno diverse cose da dire e tutta l'intenzione di dirle... quindi sono sicuro che sentiremo parlare ancora di Shamim e di tutte le altre. 


26/11/2010

Cast e credits

cast:
Lisa Ray, Sheetal Sheth, Parvin Dabas, Nandana Sen, David Dennis, Grethe Fox, Colin Moss, Roderick Priestley, Natalie Becker, Rajesh Gopie, Amber Rose Revah, Bernard White, Avantika Akerkar


regia:
Shamim Sarif


titolo originale:
The World Unseen


durata:
94'


sceneggiatura:
Shamim Sarif


fotografia:
Michael Downie


scenografie:
Tanya Van Tonder


montaggio:
David Martin


musiche:
Richard Blackford


Trama
Sud Africa, anni cinquanta, agli albori dell’Apartheid. La vita di Miriam, una tranquilla madre di famiglia, viene rivoluzionata dall’incontro con Amina, una ragazza indipendente che infrange tutte le regole sociali, gestendo un caffè insieme ad un anziano uomo di colore. La vicinanza della giovane donna, spingerà Miriam a mettere in discussione le sue visioni della vita fin troppo tradizionali