Ondacinema

recensione di Matteo De Simei
3.0/10
Paul Haggis non è uno degli ultimi arrivati, questo va detto. Dopo aver steso sceneggiature inappuntabili per il glorioso Clint Eastwood degli anni duemila ("Million Dollar Baby", "Flags of Our Fathers", oltre al soggetto di "Lettere da Iwo Jima"), Hollywood lo chiama anche per scritturare due degli ultimi capitoli della saga di James Bond ("Casino Royale" e "Quantum of Solace"). Ma è con il successo inaspettato di "Crash" alla 78° notte degli Oscar che Haggis compie il salto di carriera, passando con decisione dietro alla macchina da presa. Il film scalza, contro ogni previsione, il ben più quotato "I segreti di Brokeback Mountain" di Ang Lee e il successo offre al cineasta canadese l'opportunità di cimentarsi in altri banchi di prova all'interno della factory losangelina. Ma nel sopravvalutato "Crash", a dire il vero, si poteva già leggere il tentativo forzato e pretestuoso di "estorcere" emotivamente lo spettatore attraverso espedienti furbescamente trattati, mentre il thriller "The Next Three Days" si è rivelato semplicemente un buco nell'acqua. L'eastwoodiano "Nella Valle di Elah" è stato quindi l'unico lungometraggio a far pensare che dietro alle doti di sceneggiatore, in Haggis vi fossero anche quelle nascoste di cineasta.

"Third Person" è il suo quinto e ultimo lavoro, lanciato al Toronto Film Festival del 2013 e approdato nelle sale statunitensi nel giugno dell'anno successivo. Oggi arriva anche in Italia dopo quasi un anno di ritardo, il tempo necessario affinché, nel mentre, il film potesse essere praticamente distrutto dalla quasi totalità della critica americana (rendiamo merito all'ingegno dei distributori italiani). In effetti, la benché minima speranza di sovvertire lo sciagurato destino della pellicola in patria si annienta di fronte alla visione di un imbarazzante vuoto cosmico della durata di 135 minuti. Una goffaggine alimentata da comicità involontaria e sbadigli, almeno sino a quando, oltre alla colpa, compaiono le prime avvisaglie di dolo. Quello che sarebbe dovuto essere il film più complesso, profondo e intimista di Haggis, infatti, non solo reagisce con apatia e inoperosità di fronte a un racconto già pedissequo di suo ma ha altresì la meschina audacia di voler sciorinare un profluvio di emozioni attraverso stilemi insinceri e fuori luogo (il bambino che corre verso la madre è forse l'esempio più lapalissiano ma la lista potrebbe essere ben più corposa, tra mogli tradite che sussurrano al telefono e amanti affette da disturbo bipolare che corrono nude all'interno di un albergo).

Il fallimento più difficile da digerire sta tuttavia in sede di sceneggiatura perché il film, come si evince dal titolo, compatta il mondo della scrittura con quello del cinema. La terza persona non solo come l'estraneo che rompe gli equilibri all'interno di un rapporto di coppia ma soprattutto come parte integrante del racconto (il lavoro di Michael/Neeson, alter ego di Haggis, che trascrive tutto quello che sente nella vita di tutti i giorni rielaborandolo nella terza persona del suo personaggio). In questo senso "Third Person" rappresenta la disfatta più atroce per uno sceneggiatore, impegnato per di più nella stesura di venti versioni diverse prima di arrivare a quella definitiva dopo un lavoro di oltre due anni. L'intento di Haggis è quello di rimettere mano al fortunato exploit di "Crash" ma il film a episodi che si intrecciano tra loro, sullo stile di Arriaga, è ormai logoro e non facile da sviluppare. Se poi il razzismo e la corruzione delle istituzioni agivano da valore aggiunto nella pellicola premiata con l'Oscar, in "Third Person" le vacue peripezie del melodramma lasciano lo spettatore smarrito e sbigottito (il foglietto di carta, la figlioletta della gitana) invece di lasciarlo entrare nelle situazioni difficili dei personaggi, simpatizzando con loro (illuminante la critica di Empire: "if "Crash" set your teeth on edge, book in at the dentist's before seeing this one").

Tra passioni stantie e tradimenti sguaiati si consuma anche la disfatta del cast, sulla carta stellare, in realtà costituito da personaggi completamente sballati, su tutti un melenso Liam Neeson che chiede perdono in ginocchio (si fatica davvero a vederlo senza pistola e senza alcuna vendetta da compiere) e lo sguardo continuamente inebetito di Adrien Brody, uomo d'affari che dilapida un patrimonio per una nomade sconosciuta invischiata nella criminalità. Solo Maria Bello si salva con dignità.
Girato in larga parte a Cinecittà con numerosi membri del cast tecnico e artistico di origine italiana (si segnala la colonna sonora di Anna Tatangelo e Gigi D'Alessio oltre alle inquietanti apparizioni di Riccardo Scamarcio e Fabrizio Biggio), "Third Person" conferma, infine, la disastrosa attitudine delle produzioni americane a puntare sulle location italiane ("The American", "The Tourist") utili solo per puntare in modo massiccio sul product placement (Fiat e Monte dei Paschi di Siena sugli scudi). E forse è proprio la pubblicità l'unica a uscirne da vincitrice in questo prodotto totalmente da buttare, uno dei più spaventosi degli ultimi anni, pronto per essere piazzato, con tutta probabilità, nel palinsesto di canale 5 del prossimo anno.
30/03/2015

Cast e credits

cast:
James Franco, Olivia Wilde, Mila Kunis, Liam Neeson, Kim Basinger, Maria Bello, Adrien Brody, Moran Atias, Vinicio Marchioni


regia:
Paul Haggis


distribuzione:
Moviemax


durata:
137'


produzione:
Corsan, Hwy61


sceneggiatura:
Paul Haggis


fotografia:
Gianfilippo Corticelli


scenografie:
Laurence Bennett


montaggio:
Jo Francis


costumi:
Sonoo Mishra


musiche:
Dario Marianelli


Trama
Tre storie d'amore, passione, fiducia e tradimento ambientate in paesi differenti. Michael è uno scrittore che dopo essersi lasciato con la moglie intraprende una relazione burrascosa con una giovane collega, Scott è un ambiguo uomo d'affari americano che incontra una gitana a cui presta aiuto, Julia è un ex attrice impegnata nella battaglia legale per la custodia del figlio contro l'ex marito Rick
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