Ondacinema

recensione di Mirko Salvini
7.0/10

"A Parigi non c'è l'occupazione", dice la diva francese Tala (la splendida attrice belga Lubna Azabal, indimenticabile protagonista del capolavoro di Denis Villeneuve "La donna che canta"), Star della popolarissima soap palestinese "Tel Aviv brucia", a Salam, giovanotto senza grandi possibilità o aspirazioni, che forse troverà il suo futuro nel “dorato” mondo della televisione. Sul set di questa produzione girata a Ramallah si consuma la vicenda dei personaggi della commedia satirica diretta da Sameh Zoabi presentata con successo alla scorsa Mostra di Venezia nella sezione Orizzonti, dove il protagonista Kais Nashif (uno dei due terroristi di "Paradise Now") ha ottenuto anche il riconoscimento come Miglior Attore. Il telefilm è ambientato nel 1967 alla vigilia della guerra dei sei giorni e Salam è stato assunto dallo zio produttore in qualità di consulente per i dialoghi, poiché esperto della cultura israeliana. Lui appartiene alla generazione che ha vissuto l'intifada e tutte le successive fasi del conflitto israeliano-palestinese, quindi la sua conoscenza è legata anche ad esperienze dolorose, che la sceneggiatura, firmata dal regista insieme a Dan Kleinman, cerca di delineare in chiave tragicomica (vedasi l'insofferenza verso l'humus, dovuta al fatto di essersi nutrito esclusivamente di quell'alimento nei giorni più difficili).

Inizialmente sembra che al protagonista il lavoro interessi solo per mere questioni economiche, ma poi si appassiona sempre di più alle vicende del teleromanzo, che si può facilmente riassumere come una storia di tradimenti e spionaggio nella quale Tala interpreta Manal, una donna araba che vive in Israele sotto falsa identità (si fa infatti chiamare Rachel), divisa fra l'amore e la causa dei palestinesi, oltre che contesa fra due uomini, il combattente arabo Marwan e il generale israeliano Yehuda. "Non va bene dire ad una donna sei una bomba, è scortese!", sostiene Salam, facendo capire che la sua presenza sul set non è così passiva come si sarebbe potuto pensare. Non senza qualche scetticismo lo zio produttore comincia ad affidargli la sceneggiatura, anche se il nostro non è proprio uno scrittore consumato. Oltre tutto le sue idee mandano su tutte le furie l'autrice Sarah che lo accusa di sionismo per avere inserito la parola Shoah nella sceneggiatura. Salam trova un inatteso collaboratore in Assi, ufficiale addetto alla supervisione di uno dei check-point che dividono la Cisgiordania e la striscia di Gaza dallo stato ebraico, dal quale Salam passa quotidianamente. La moglie di Assi è un'appassionata di "Tel Aviv brucia", e se il militare inizialmente si fa vanto con lei di avere conosciuto uno degli autori, successivamente si spinge addirittura a fornire neanche troppo richiesti consigli sullo sviluppo della trama, che, non a caso, conoscerà una progressiva nobilitazione del generale israeliano Yehuda a scapito del suo rivale. Anche se un po' improbabile, la collaborazione fra Salam e Assi si farà sempre più stretta e quest'ultimo non mancherà di fare pesare il suo potere per imporre le proprie idee. Il pubblico dimostrerà di gradire e quindi si potrà anche cominciare a pensare ad una seconda stagione, magari senza attrici troppo capricciose...

Il tandem Salam-Assi potrebbe ricordare quello fra l'autore teatrale John Cusack e lo chaffeur mafioso Chazz Palminteri in "Pallottole su Broadway" di Allen, anche se in questo caso non è in ballo nessun talento particolarmente straordinario e i due, pur mettendoci il cuore in quello che fanno, si rivelano più che altro due fortunati dilettanti allo sbaraglio. Naturalmente è facile immaginare che questo rapporto così speciale, pure non sfociando mai in una vera amicizia, abbia per il regista una valenza simbolica importante. L'israeliano e il palestinese possono collaborare fra loro e anche giungere a risultati inaspettatamente positivi che fanno ottenere loro gratificazioni: infatti Assi potrebbe cambiare vita e Salam magari riconquistare l'ex fidanzata Mariam (Maisa Abd Elhadi), precedentemente lasciata perché incapace, come tanti giovani, di guardare al futuro con speranza (non è un caso che il cinema israeliano sia sempre più interessato a raccontare non più soltanto il pluridecennale conflitto, ma le conseguenze che questo ha avuto per le popolazioni di due paesi, in particolare le generazioni più giovani). "Tutti pazzi a Tel Aviv", film brillante e acuto senza essere per forza di cose esilarante, ci mostra un certo disincanto verso la storia mediorientale recente, dove gli accordi di Oslo degli anni novanta sono visti causticamente come una fregatura: non per niente, come dice la moglie di Assi, "non c'è solo la politica", ribadendo che ci si può appassionare ad un programma televisivo un po' sciocchino che racconta sì capitoli di storia fin troppo amari che hanno segnato le vite di ormai più di una generazione ma facendoti pure simpatizzare con chi finora hai considerato un nemico, proprio perché quello che sta facendo è romantico o emozionante.


13/05/2019

Cast e credits

cast:
Kais Nashif, Ashraf Farah, Laëtitia Eïdo, Amer Hlehel, Yousef Sweid, Salim Dau, Nadim Sawalla, Maisa Abd Elhadi, Yaniv Biton, Lubna Azabal, Ula Tabari


regia:
Sameh Zoabi


titolo originale:
Tel Aviv on Fire


distribuzione:
Academy Two


durata:
100'


produzione:
Israel Film Fund


sceneggiatura:
Sameh Zoabi, Dan Kleinman


fotografia:
Laurent Brunet


scenografie:
Christina Schaffer


montaggio:
Catherine Schwartz


costumi:
Magdalena Labuz


musiche:
André Dziezuk


Trama
Salam, giovane palestinese, diventa lo sceneggiatore di una soap popolarissima. Ad aiutarlo un ufficiale israeliano. Il problema sarà trovare un finale che riesca a mettere d'accordo tutti
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