Ondacinema

recensione di Antonello Perrone
7.0/10
La luce abita gli angoli oscuri. La storia come il cuore di una donna sono i luoghi dove la grazia visiva di Shrin Neshat plana delicatamente, dove la sensibilità artistica diviene un tutt'uno con la coscienza politica, con il desiderio di raccontare. Ritratti intimi e disperati nella società persiana compongono questo "Women Without Men", tratto dal romanzo omonimo di Shamush Parsipur. Le vite e le morti di quattro donne nell'Iran del 1953, all'indomani dell'elezione di Mohammad Mossadegh si intrecciano, si sovrappongono, dialogano con la sostanza immateriale che è intorno a loro. Schegge di sensibilità femminile nel caleidoscopio della storia. Munis, castrata sistematicamente, da un fratello integralista e autoritario, nel tentativo di vivere la realtà sociale e politica del suo tempo. La sua amica Faezeh, a sua volta imbevuta di condizionamenti culturali e religiosi, non riconosce la brutalità del fratello di Munis e crede di amarlo. Fakhri, più matura delle altre, dopo un incontro con un suo amore del passato, trova la forza di allontanarsi da un matrimonio ormai logoro. Da ultima Zarin, una prostituta che non distingue più i visi degli uomini con cui è costretta a stare, così carica di auto-distruttività da sfregare il suo corpo, nel tentativo di ripulirlo, fino a farlo sanguinare. Sullo sfondo la Teheran nell'estate di quell'anno percorsa da spinte di libertà e passione e dalla paura di sprofondare nella repressione dello Scià.

Nella rappresentazione apertamente circolare della Neshat, presente e passato sono fatti della stessa materia, si confondono: ogni elemento sembra destinato a tornare da dove è partito. Su questa falsariga è facile vedere un richiamo al movimento verde di questi ultimi tempi che cerca di sopravvivere alla dura repressione del governo di Ahmadinejad. La storia quindi avvolge le anime e lambisce le mura della tenuta di campagna di Fakhri, crocevia nel quale si incontrano le quattro vite. Un luogo sospeso tra fiaba e memoria, a cui con un andirivieni ondivago arrivano e dal quale vanno via le protagoniste. La narrazione tautologica infatti le vede in convulso movimento arrivare dal buio alla luce per poi ritornare nel cono d'ombra.

Il processo narrativo-simbolico della sceneggiatura si lega al trattamento dell'immagine creando una dimensione fantastica che si alterna con gli avvenimenti storici. La fotografia raggela gli istanti in una sospensione onirica e la regia sostiene la narrazione, non abbandonandosi mai al fascino della composizione, ma corrompendo la passione per la posa con il movimento. La regista lavora i colori, li satura e poi li raffredda apre su campi lunghi bucolici con carrelli armoniosi, docili carezze da arte-schermo, che forse faranno storcere il naso a qualche cinefilo, ma che in realtà rappresentano più la danza su una linea di confine che una sperimentazione fine a se stessa.

"Women Without Men", film dal respiro politico, ma nello stesso tempo dai toni intimi, è un lento attraversare la consapevolezza del dolore. Un percorso che abbraccia la complicità, la disperazione, l'entusiasmo e la morte, come il tuffo di Munis che nel suo volo al rallentatore apre e chiude la pellicola.
26/09/2009

Cast e credits

cast:
Bijan Daneshmand, Navid Akhavan, Shabnam Tolouei, Pegah Ferydoni, Orsi Tóth, Arita Shahrzad


regia:
Shirin Neshat


titolo originale:
Zanan Bedoone Mardan


durata:
95'


sceneggiatura:
Shirin Neshat, Shahrnoush Parsipour


fotografia:
Martin Gschlacht


scenografie:
Shahram Karimi, Katharina Wöppermann


montaggio:
George Cragg, Jay Rabinowitz, Julia Wiedwald


costumi:
Thomas Oláh


musiche:
Ryuichi Sakamoto


Trama
Le vicende di cinque donne iraniane nel 1953, l'anno del colpo di Stato sostenuto dalle forze militari inglesi e americane, con l'intento di far tornare al potere gli Shah