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Il recente intervento di Guillermo del Toro riaccende i riflettori sul film-maledetto di Ken Russell, provocando un'onda di interventi in rete indirizzati alla Warner Bros., che da anni ostracizza il film. Dal 1971 a oggi, ripercorriamo la storia di un film che non smette di suscitare scandalo.

 
"My most - indeed my only - political film."

(Ken Russell)

 

specialethedevilsoliverreed_01Questa è la storia di un film che fa paura.
Un film che mette ferocemente alla berlina i legami tra potere politico e potere ecclesiastico grazie a una fortissima esuberanza visiva dominata dalla componente sessuale che, a causa di ciò, nonostante i 45 anni sulle spalle, è ancora al centro di un silente ostruzionismo che ne impedisce la circolazione nei fluviali circuiti di distribuzione home video e digitale.
Questo film è "I diavoli" ("The Devils"), prodotto e diretto da Ken Russell nel 1971, sulla base della cronaca romanzata di fatti realmente accaduti redatta da Aldous Huxley nel 1952 con il titolo "The Devils of Loudun" e del conseguente dramma teatrale scritto da John Whiting e messo in scena nel 1961.
Di tutti i capolavori "maledetti" realizzati negli anni Settanta, col tempo riabilitati e oggi disponibili spesso in più versioni dopo attenti restauri ("Ultimo tango a Parigi", "Arancia meccanica", "Cane di paglia", i film di Pier Paolo Pasolini, "L'esorcista"), il film di Russell è rimasto il solo a creare ancora controversie e polemiche: è notizia delle ultime settimane della polemica del regista Guillermo del Toro nei confronti della Warner Bros. (proprietaria del film di Russell), ritenuta responsabile di un lungo boicottaggio del film, in particolar modo negli Stati Uniti dove nessuna versione approvata da Ken Russell ha mai ricevuto una release ufficiale. Una polemica che è sfociata direttamente sui social network, dove è attualmente in corso una campagna per "liberare 'I diavoli'" che vede coinvolti una pagina Facebook e un hashtag su Twitter.


1971: le due censure

specialethedevilscensuraDapprima proposto alla United Artists e infine finanziato dalla Warner Bros., "I diavoli" racconta l'oscura vicenda realmente accaduta nel 1634 che vide protagonista padre Urbain Grandier, difensore dell'autonomia del paese di Loudun nei confronti degli interessi dei francesi (incarnati dal cardinale Richelieu), i quali, contrari a un'indipendenza tanto manifesta, accusano strumentalmente Grandier di stregoneria e di possessione diabolica verso un intero convento di suore, guidate da suor Giovanna degli Angeli, condannandolo infine al rogo pubblico.
Un argomento esplosivo messo in scena con altrettanta esplosiva veemenza da parte di Russell, già noto per l'esplicita rappresentazione della sessualità nei suoi precedenti "Donne in amore" ("Women in Love"), tratto dal romanzo di D.H. Lawrence, e "L'altra faccia dell'amore" ("The Music Lovers"). E l'etichetta di film-scandalo non tarderà ad arrivare, ben prima dell'uscita ufficiale: già nel dicembre 1970, il quotidiano italiano "La stampa" riporta le dichiarazioni di Ken Russell, investito dalle prime controversie londinesi al termine della lavorazione del film, girato nei Pinewood Studios: "Io stesso sono un cattolico osservante, e credo che in questi miei 'demoni' tutto il chiasso che si fa intorno alle riprese è una sciocchezza". La cronaca dal set riportata dal giornale italiano parla di "resoconti inquietanti" da parte di diversi attori (ma non dei protagonisti, gli eccellenti Vanessa Redgrave e Oliver Reed), ragazze nude sul set costrette a simulare "aneliti di lussuria" e inorridite dal fatto di essere state "quasi violentate". Emblematica la difesa di Russell, che contiene quella che, ancora oggi, sono le principali argomentazioni dei sostenitori in difesa del film: "Altro che pornografia! È chiaro che il film non ha falsi pudori: mostra con precisione documentaria i mali e le malizie della Chiesa cattolica nel Milleseicento. Ci sono sequenze molto spinte di sesso e di tortura, queste ultime di contorno agli esorcismi cui viene sottoposta una suora. Ma da tutto ciò emerge la figura umana e morale di Grandier, il prete che si oppose alle ambizioni di dominio della Francia di Richelieu." Dalle sue parole, sembra quasi che Russell si sentisse già pronto al difficile confronto che l'avrebbe contrapposto alla censura inglese, prima, e allo studio produttore del film, poi.

specialethedevilsrapeofchristI problemi, infatti, non tarderanno a manifestarsi, soprattutto a causa di un momento centrale all'interno dello sviluppo narrativo del film: una vera e propria orgia in cui la folle repressione sessuale delle suore esplode sino alla rimozione di un crocifisso che viene letteralmente "stuprato" dalle donne. La sequenza sarà inequivocabilmente definita in seguito "The Rape of Christ".
La prima proiezione privata di una copia non definitiva del film avviene nel gennaio del 1971, a opera del BBFC, il British Board of Film Classification, l'ente britannico preposto al rilascio della classificazione dei film. Contemporaneamente, la stessa Warner Bros., assiste a una proiezione privata del film. Sia lo studio che il BBFC stilano una lista di tagli da richiedere a Russell: in gran parte dei casi le liste coincidono, ma mentre la Warner si dimostra più preoccupata dall'esplicita rappresentazione del sesso da parte delle suore, il BBFC pone l'attenzione sulla rappresentazione grafica dell'insostenibile violenza che esplode in particolare nel finale del film.
Russell si dimostra malleabile nei confronti dell'intera lista di richieste, acconsentendo a gran parte dei tagli segnalati, e spiegando le sue motivazioni in merito alla difesa di sequenze ritenute cruciali: "per quanto abbia sforbiciato in lungo e in largo il film su vostra richiesta, più di quanto avrei sognato di fare, credo che ciò che rimanga sia ancora fedele alle mie intenzioni, per quanto in una versione più edulcorata." Non basta. A un'ennesima proiezione del film, datata 8 aprile 1971, in presenza di John Trevelyan e Lord Harlech, rispettivamente segretario e presidente del BBFC, l'ente, pur lodando l'impegno di Russell, chiede un ulteriore intervento su quattro scene del film. Il regista alleggerisce tre scene su quattro (risparmiandone una per ragioni di continuity), e finalmente il BBFC acconsente a classificarlo con la X, il divieto di visione più alto allora consentito. Rinunciando definitivamente alla sequenza dello stupro del crocifisso, Russell consegna alla Warner un film dalla durata di 111 minuti.
Il percorso del film a questo punto si biforca: nel Regno Unito il film esce regolarmente a Londra e altrove, ma viene rifiutato in otto città, tra le quali Glasgow, Cambridge e Nottingham; negli Stati Uniti, il cui sistema di rating è assai più rigido, la Warner non può permettere che il film venga classificato con una X, che precluderebbe all'opera la circolazione nei circuiti commerciali. Per raggiungere il suo scopo, la Warner alleggerisce ulteriormente il film, senza il coinvolgimento di Russell. Il risultato è un film parzialmente rimontato (in particolar modo nella sequenza del sogno di suor Giovanna), e accorciato di ulteriori quattro minuti circa.


1971: polemiche e sequestri all'ombra del Vaticano

specialethedvilsrondi.In Italia il film crea inevitabilmente scandalo. Scelto per la Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia del 1971, diretta per la prima volta da cattolicissimo critico del quotidiano "Il tempo", Gian Luigi Rondi, e scelto da un gruppo di selezionatori che annovera tra gli altri Luchino Visconti, Federico Fellini, Vittorio De Sica e Valerio Zurlini, il film, nella versione internazionale conforme a quella americana, viene proiettato in prima italiana il 28 agosto 1971. Il fuoco delle polemiche divampa all'istante: le cronache del giorno dopo parlano di "serata demoniaca al Lido" con "grida di orrore soffocate, mani femminili levate a coprire gli occhi, fischi, proteste, ripetizione incredula e indignata di frasi quali 'non è possibile', 'non si può sopportare' e anche 'è una vergogna'". Non ci vorrà molto prima che venga puntato il dito contro Rondi.
A farlo, in maniera violenta, è il Centro Cattolico Cinematografico, nelle parole di don Claudio Sorgi: "L'indignazione è duplice: ci sdegnano le immagini, oscenamente blasfeme oltre ogni limite di sopportabilità. Ci preoccupa l'aspetto ideologico, che richiama in modo ambiguo problemi attualmente dibattuti dalla Chiesa quali il connubio con il potere politico o il celibato dei preti. Era indispensabile prendere posizione, dopo aver soppesato le eventuali reazioni in vista della circolazione del film." A seguito di questo intervento, ventiquattr'ore dopo il Centro Cattolico Cinematografico divulgherà un comunicato ufficiale ancor più netto: "Il film è [...] una volgare mistificazione sul piano culturale, una distorsione faziosa sul piano ideologico e storico e un vero e proprio tradimento nei confronti del testo huxelyano al quale si ispira. Il delirio erotico-sessuale-sacrilego delle sue immagini supera ogni precedente nella storia del cinema ed è purtroppo aggravato dall'istrionico mestiere dell'autore." Il giudizio su Rondi è pesantissimo: "Non si capisce perché [...] nella già deprecabile alchimia politica per l'assegnazione dei posti nel cinema italiano, si debba attribuire ai cattolici la responsabilità di un posto, occupato da chi, pur fregiandosi della etichetta di cristianesimo, dimostra nei fatti, proprio nell'esercizio di quella responsabilità che gli viene attribuita come cattolico, di non avere nessun codice di riferimento a quei valori che sostiene di rappresentare".
La figura di Rondi, già aspramente criticata da sinistra al tempo della nomina, perché considerata un colpo di mano democristiano sulla gestione della Mostra, vacilla pericolosamente. "l'Unità" del 1° settembre segnala un ulteriore affondo da parte del patriarca di Venezia, monsignore Albino Luciani, futuro Papa Giovanni Paolo I, che ne "I diavoli" vede "un attacco clamorosamente denigratorio e blasfemo contro elementi non secondari della Chiesa cattolica". A tal proposito, Rondi fornirà a distanza di anni, e in due distinte occasioni, la sua versione dei fatti. In un intervento al "Corriere della sera" nel 1999, sosterrà: "L'obiezione morale è uno dei diritti pastorali della Chiesa. Io rischiai la scomunica nel '71 per 'I diavoli' di Ken Russell, ma fui salvato dal patriarca Luciani, futuro Papa Giovanni Paolo I, che riconobbe, da persona illuminata, la qualità di quel film." Due anni dopo, in un'intervista al mensile "30 giorni" diretto da Giulio Andreotti (!), il resoconto è decisamente più dettagliato: "Avevo una commissione che selezionava i film composta da persone come Fellini, Visconti, Blasetti, De Sica. Non era facile contraddirli, e così accettai di inserire nella Mostra il film di Ken Russell 'I diavoli'. Piaceva a tutti, ma sapevo che era un film pericoloso dato che raccontava un episodio di monache indemoniate. Alcuni, sapendo che sono cattolico, colsero l'occasione per mettermi in difficoltà e tentare di togliermi la direzione della Mostra. E così dal laicissimo 'Corriere della sera' si gridò allo scandalo. Io venivo messo alla berlina perché, pur proveniente da ambienti cattolici, avevo osato proiettare un film di quel tipo. E si scrisse che il patriarca di Venezia 'era rimasto sbigottito di fronte al film'. Telefonai subito al segretario del cardinale Luciani, chiedendogli un incontro. Viene fissato per la mattina dopo. Alle 8 il patriarca celebra la messa, e al termine mi si avvicina, mi prende le mani e mi dice: 'Come immagina, io non mi sono affatto sbigottito, perché il film non l'ho visto. So quante persone importanti attorno a lei hanno indicato quel film. E so quanto sarebbe stato pericoloso se lei, a tutte queste persone laiche, avesse opposto un veto cattolico. Non si preoccupi, io la difenderò, anche se quando vedrò il film probabilmente dirò qualcosa. Ma la proteggerò sotto la mia porpora'. Seppi poi che fece chiamare dal suo segretario un sacerdote che si era schierato contro di me e gli disse di stare tranquillo perché 'il cardinale intendeva difendere quella scelta'." Dalla versione di Rondi emerge un solo dubbio: Luciani avrà poi davvero visto il film, oppure no?
L'anno seguente Rondi sarà ancora saldamente in sella alla manifestazione cinematografica veneziana; l'unico a "cadere" per mano del film di Russell sarà il poeta e scrittore Giovanni Raboni, licenziato in tronco dalle colonne di "Avvenire" per aver difeso il film.

specialethedevilsscenaPochi giorni dopo le polemiche veneziane, il 7 settembre 1971, si riunisce la commissione censura per il visionamento della pellicola: giudicata di "carattere artistico", ne viene riconosciuta l'estraneità "da ogni intento di commerciale pornografia" in quanto "cerca di cogliere, nella immaginazione del regista, i motivi secolari della lotta tra il bene (Dio) e il male (il diavolo)." Con questo, tutto sommato, pacato giudizio, il film esce nelle sale italiane di prima visione il 15 settembre 1971 con un divieto ai minori di 18 anni.
Folle in coda fin dal primo mattino, proiezioni di mezzanotte, ricco botteghino, e... nel giro di 24 ore arriva il sequestro della pellicola per ordine del sostituto procuratore di Verona che, su denuncia presentata da un dipendente di un istituto di credito, ha rilevato sequenze "estremamente oscene, anzi di pura pornografia, non giustificate né dallo scorrere del racconto, né dall'assunto ideologico." Come da prassi, il provvedimento viene esteso a tutto il territorio nazionale. "L'Osservatore Romano", il giornale della Santa Sede, gongola: "L'intervento del magistrato non mancherà di suscitare giudizi di coloro che, a ogni denuncia di illecito per violazione delle norme del codice, considerano violata la libertà di espressione artistica." Secondo il quotidiano "è chiaro invece che il provvedimento di sequestro è provocato non già dalla tesi o dalla attendibilità del film, ma dagli eccessi del linguaggio del film in sequenze deliranti che la critica, benevola o no, ha concordemente sottolineato". Dieci giorni dopo, il 25 settembre, sarà la Questura di Milano (in quanto Milano risulta essere la prima città a proiettare il film) a dissequestrare la pellicola, con motivazioni a sostegno della libertà di espressione artistica del regista: "È comunque da escludere che la rappresentazione di un episodio storico, condotta nel sostanziale rispetto dei fatti documentalmente tramandati, pur eseguita secondo la personale sensibilità dell'artista, e che investa un costume religioso superato, possa essere ritenuta offensiva della religione. [...] Il legislatore prescinde da qualsiasi valutazione morale e quindi un'opera d'arte, in quanto manifestazione del pensiero, è intangibile e non è soggetta alla norma penale che punisce l'oscenità".
Caso finalmente chiuso? In un'epoca del nostro recente passato in cui i sequestri erano all'ordine del giorno, nemmeno per sogno: poco meno di un mese dopo, sarà un procuratore di Ancona a chiedere nuovamente il sequestro del film, questa volta per il solo territorio cittadino, contravvenendo alle disposizioni milanesi.
In Italia, nel 2014, il film resta vietato ai minori di 18 anni: nessuno, in oltre 40 anni, ha mai richiesto la derubrica del divieto originario. Come conseguenza di ciò, il film non è mai stato trasmesso da una rete televisiva italiana. Il film ha trovato regolare distribuzione in vhs, e solo in tempi recenti, in un dvd pubblicato nel 2013 su licenza Warner dalla rivista "Ciak", esaurito il quale, è tornato presto nel suo oblio.


1995-2002: il rilancio della tv inglese

specialethedevilsbbcNegli anni Ottanta la portata iconoclasta del film si ridimensiona. Il "rated cut" americano del film viene reso disponibile in videocassetta in tutto il mondo, rimpiazzando anche nel Regno Unito la versione inglese autorizzata da Russell.
Il pubblico inglese ritroverà il film originariamente proiettato nelle sale inglesi soltanto nel 1995. Per la prima volta dal 1971, una rete nazionale trasmette il film: è BBC2, il 29 maggio, all'interno di "Forbidden Weekend", un evento la cui programmazione sarà interamente dedicata al cinema proibito e al racconto del delicato e multiforme ruolo della censura nella vita (commerciale e non solo) di un film. A fare da padrone di casa, inaugurando ogni film con delle brevi introduzioni, è il regista Alex Cox. Prima della messa in onda, l'ultima parola spetta a un intervento filmato dell'allora responsabile del BBFC, James Ferman, che in coda stigmatizza bonariamente il provvedimento americano sul film: "Hanno provato a imporre la loro idea di buon gusto su questo film, nel tentativo di trasformarlo in qualcos'altro. Ma non si può imporre il buon gusto a Ken Russell, Russell è Russell!" Due anni dopo, nel 1997, finalmente la Warner Bros., immette sul mercato una nuova edizione in vhs del film, all'interno della collana "Maverick Directors": a esclusione del passaggio televisivo della BBC, è la prima volta che la major rilascia una copia del film conforme all'uscita cinematografica inglese.
Pochi anni dopo, il critico cinematografico inglese Mark Kermode, tra i fautori della nuova "versione integrale" del film "L'esorcista" uscita nel 2000, si mette alla ricerca delle leggendarie sequenze cadute nel 1971 sotto le forbici del BBFC, e mai più recuperate. Il colpo riesce, e a differenza di altri ritrovamenti più fortunosi, le bobine vengono recuperate in un deposito inglese. Kermode mette le mani sia sulla ormai leggendaria "Rape of Christ" che su un'altra ardita sequenza sforbiciata sul finale del film. Ottenuta dalla Warner l'autorizzazione al restauro e alla diffusione pubblica, Kermode propone le due sequenze all'interno di un documentario che ricostruisce per intero il travagliato iter della pellicola, "Hell on Earth", trasmesso da Channel 4 il 25 novembre 2002, come lunga introduzione alla messa in onda della non più rara versione inglese del film. La rete introduce la programmazione con il seguente annuncio: "La visione è consigliata a un pubblico di soli adulti. Il film contiene un linguaggio molto forte, scene sessuali esplicite, e potrebbe offendere la sensibilità religiosa di alcuni spettatori." Molto tempo dopo, Kermode racconterà che la Warner aveva contrattualmente acconsentito alla messa in onda di tali sequenze declinando ogni responsabilità e ribaltandola sull'emittente televisiva, riservandosi inoltre il diritto di sospendere l'autorizzazione alla messa in onda in qualsiasi momento.
A seguito di questo ritrovamento, Kermode non si ferma: coinvolge l'ormai ottuagenario Russell e il montatore del film, Michael Bradsell, per mano dei quali le sequenze ritrovate vengono reinserite all'interno del film. Nasce la terza e definitiva versione de "I diavoli", il "director's cut", che verrà proiettata per la prima volta al National Film Theatre di Londra il 23 novembre 2004.


2004-2014: un decennio di attesa

specialethedevilscoverdvdGli ultimi dieci anni sono anni di attesa. Attesa che la Warner capitalizzi il lavoro di divulgazione e riscoperta del film promosso da Kermode, con un'uscita ufficiale in home video che ripaghi il film del lungo oblio vissuto negli ultimi anni. Un'attesa che viene interrotta più volte, ma invano: nel 2006, sul suo blog, Kermode anticipa che la major sta finalmente lavorando a un'edizione in dvd del film. Nel febbraio del 2008 il sito "dvdactive" annuncia l'uscita del film, proponendo addirittura una suggestiva cover che riporta la parola "unrated"; senza alcuna spiegazione, la release viene prontamente cancellata qualche giorno dopo.
Intanto proliferano i bootleg: i più ricercati presentano una ricostruzione amatoriale del "director's cut" del film, con le sequenze dello "stupro di Cristo" prelevate da una registrazione televisiva del documentario "Hell on Earth" innestate nel master utilizzato dalla videocassetta "Maverick Directors". A oggi, questa rimane l'unica possibilità per vedere o possedere il film nella forma più vicina a quella concepita dal regista. La Warner, trincerata nel suo silenzio, autorizza senza clamore successive altre proiezioni del "director's cut", anche al di fuori del Regno Unito: spesso sono accompagnate dalla presenza di un malandato ma ancora istrionico Russell.
Poi Ken Russell muore: è il 27 novembre 2011. Solo poche settimane prima, il British Film Institute annuncia di essere riuscita finalmente a persuadere la Warner Bros., e ad acquisire i diritti home video del film per il mercato britannico. L'evento è più unico che raro: la Warner è conosciuta nel mercato dell'home entertainment per non aver mai licenziato a società terze un proprio film per la pubblicazione in dvd, nemmeno alla blasonata Criterion (che riuscirà a "strappare" la licenza per "La rabbia giovane" di Terrence Malick solamente in seguito).
Il BFI chiarisce subito cosa aspettarsi, rendendo pubblici alcuni dettagli dell'accordo con la Warner: quest'ultima ha licenziato il film nella sola versione originale inglese, vietando categoricamente l'inserimento, anche solo negli extra, delle sequenze ritrovate qualche anno prima. Ciò significa che anche "Hell on Earth", presente tra gli extra del dvd su licenza della stessa Warner (il che evidenzia un'ennesima condizione imposta dalla major che, evidentemente, nel 2002 ha autorizzato la realizzazione e la messa in onda del documentario riservandosi la proprietà e i diritti di sfruttamento dello stesso), viene rimontato per lasciare solo una timida traccia (quantificabile in una manciata secondi) delle due sequenze ritrovate. Inoltre, la major fornisce al BFI un semplice digibeta, con il quale è possibile ricavare un master in definizione standard adatto alla pubblicazione in dvd, ma non in alta definizione: non è chiaro se è un'ennesima imposizione o una semplice necessità.
L'annuncio e l'uscita del doppio dvd nel marzo del 2012 placano gli animi dei sostenitori più inquieti, per quanto, lo stesso Kermode, coinvolto nella realizzazione del dvd, si dimostri titubante nel mostrare entuasiasmo per l'uscita, augurandosi più volte che si arrivi a una "fine delle ostilità" da parte della Warner nei confronti del film.


2014: #FreeTheDevils

specialethedevilsdeltoro_01A sorpresa, dopo un biennio di sotanziale calma, il regista Guillermo del Toro risveglia gli animi attaccando duramente la Warner Bros. durante una masterclass tenuta il 24 novembre a Toronto: "Chi comanda alla Warner non permette che il film venga visto. Il film non ha avuto una vasta diffusione: può essere mostrato nella versione originale soltanto in Inghilterra in caso di proiezioni di carattere culturale o accademico. Non è un caso. E non è per mancanza d'interesse da parte del pubblico. È un vero e sfacciato atto di censura."
Parole dure e sicuramente disinteressate, da parte di chi, con lo stesso studio, è in pre-produzione con il sequel del blockbuster "Pacific Rim", che sottolineano quanto pesi la completa assenza del film nell'immenso mercato dell'home entertainment americano. Parole alle quali la Warner ancora una volta ha ritenuto di non dover replicare. Parole, però, che non cadono nel vuoto: a seguito della notizia, Kermode ha rilanciato attraverso un video del suo blog, chiedendo la definitiva "liberazione" del "director's cut" del 2004, e rivelando per la prima volta che a essere davvero contraria alla distribuzione de "I diavoli" è la dirigenza americana, non quella inglese, lasciando intendere che le parziali vittorie ottenute nell'ultimo decennio sono dovute anche grazie all'intervento negoziale di quest'ultima nei confronti della casa madre americana.
L'argomento riprende vigore in rete e sui social network, dal basso, viene lanciata la campagna "#FreeTheDevils", che fino a oggi ha coinvolto centinaia di persone, tra cui la vedova di Russell, intente a lanciare il proprio messaggio alla Warner nei modi più svariati.
In un nuovo video, Kermode ha raccolto l'idea di qualcuno, chiedendo pubblicamente l'intervento di Christopher Nolan, l'unico filmaker (inglese, tra l'altro) ad avere voce in capitolo nei confronti della major americana, produttrice della quasi totalità dei suoi film.


Una conclusione

Questa è la storia di un film che fa ancora paura.
Se però oggi non ci scandalizziamo più né per l'ultraviolenza di "Arancia Meccanica" di Stanley Kubrick né per il turpiloquio blasfemo de "L'esorcista" di William Friedkin (due film, non a caso, prodotti negli stessi anni dalla stessa Warner Bros.), cos'ha di tanto pericoloso "I diavoli" da meritare ancora tanto ostracismo?
A differenza de "L'esorcista" (dove, val la pena di ricordarlo, assistiamo allo "stupro" di una croce in maniera ancora più oscena e violenta del film di Russell), "I diavoli" è un film dove in realtà il demoniaco non si palesa mai, ma è uno spauracchio invocato da chi gestisce il potere per riuscire a manipolare, secondo i propri interessi, un'intera città. I diavoli di Russell (e di Huxley, ancor prima), sono figli della natura umana, della corruzione morale, e del blasfemo abbraccio tra il potere religioso e quello politico. Non c'è possibile catarsi per l'umanità dipinta nel film di Russell, né quella beffarda che conclude il film di Kubrick, né quella riconquistata con il sacrificio e stappata a un Male superiore manifestatosi nel corpo di una bambina innocente. Quel che rimane al termine dell'oltraggioso capolavoro di Russell è un indigesto e disturbante miscuglio di desideri carnali e debolezze spirituali, di persecuzione politico-religiosa e morte: qualcosa di troppo umano da tollerare.





I Diavoli: l'ultimo film maledetto