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La diversità è un punto di forza: intervista a Eric Lartigau

La tavola rotonda organizzata per presentare "La famiglia Bélier" è l'occasione per parlare di cinema e diversità con il regista del film Eric Lartigau

Il cinema francese ci ha abituato a scelte coraggiose, soprattutto quando si tratta di realizzare commedie che ragionano sul significato di credenze e luoghi comuni. Penso per esempio agli ultimi film di Francois Ozon e Luca Belvaux.
I registi di cui parli sono molto aperti nei confronti del mondo esterno ed è per questo che i loro film riescono a divertire e pure a far riflettere. Per quanto mi riguarda sono interessato da sempre alla formazione dei percorsi adolescienziali e nel caso di questo film disponevo già di un punto di partenza fornito dal libro da cui è tratto il mio lungometraggio. Quello che io ho aggiunto è uno sviluppo maggiore dei personaggi e delle loro rispettive personalità.

Com'è stata l'integrazione del resto del cast con gli interpreti di Quentin e Rossigneux gli unici attori a essere realmente disabili?
Mentre Bruno Gomila che intepreta Rossigneux è sordo solo al 65 per cento, Luca Gelberg lo è interamente e per questo ho voluto che rimanesse se stesso. Se avesse utlizzato un'apparecchio acustico avrei perso quella sorta di distanza psicologica che la particolarità della sua condizione gli produce. Luca è un grande amante dell'arte e della fotografia (soprattutto di photoshop), ed è dotato di un talento speciale che gli permette di affrontare la macchina da presa senza alcun timore. Vive a Parigi ma è riuscito alla perfezione a calarsi nel ruolo di un ragazzo di campagna. Con lui ho stabilito fin da subito una grande complicità e tra di noi facevamo un gioco che consisteva nel fatto di segnalargli attraverso il semplice movimento delle labbra la riuscita o meno delle scene.

Conoscevi il linguaggio dei segni?
Sia io che gli altri non avevamo alcuna dimestichezza con quel linguaggio ma dalla nostra parte c'era il fatto di conoscere a memoria il copione. Per fare entrare nel ruolo gli attori mi sono servito di un professore di Parigi che prima e durante la realizzazione del film ha lavorato con loro, sottoponendoli ad un tour de force divertente ma impegnativo, organizzato su quattro ore al giorno di esercizi per un totale di sei mesi di lavoro. Ho chiesto poi agli attori di imparare a memoria la loro parte, dimenticandosi della possibilità che avevo di scartare le scene sbagliate.

Qual è stata la reazione delle associazioni dei non udenti rispetto al film?
Ho fatto centinaia di proiezioni in sale attrezzate per poter soddisfare le esigenze delle persone sordomute, con sottotitoli su ogni lato dello schermo a indicare colori, rumori e musica. Il 95 per cento dei partecipanti sono rimasti soddisfatti del film. Gli altri invece, fortunatamente una piccola parte, si sono irritati soprattutto per il fatto che gli intepreti non fossero realmente disabili. E' comprensibile da parte loro ma la scelta degli attori è un particolare artistico a cui io affido il mio punto di vista sulla storia e il taglio che voglio dare al film.

Il film affronta il tema della disabilità con allegria. E quindi possibile farlo senza offendere nessuno.
"La famiglia Bellier" parla di differenze ma lo fa secondo una filosofia, la mia, convinta che il deficit si possa trasformare in qualcosa di potente e positivo. Ho incontrato molte persone disabili che reagivano al loro handicap con coraggio e determinazione. Esiste poi, da parte loro, un risentimento derivato dalla convinzione che il mondo non faccia alcuno sforzo per integrarli con il resto della società.

Mi sembra che ciò emerga con forza nella scena in cui la madre confessa alla figlia i motivi del suo rancore verso di lei ?
Quello è forse il momento più duro del film ma mi serviva per far sentire fino a che punto arriva il disagio della madre. Il personaggio di Karin Viard dichiara a Paula di aver maledetto la nascita di una figlia perfettamente udente, ma ancora una volta lo scopo era quello di far percepire lo stato d'animo di chi, quotidianamente, è costretto a sopportare le difficoltà di tale disabilità.
Dal mio punto di vista la diversità produce una forza che è presente anche nei miei personaggi. Certo mi rendo conto che è una convivenza difficile, perchè il rischio di essere tagliati fuori dal mondo esiste comunque. In questo senso devo dire che la tecnologia aiuta molto. Tenga conto che il 75 per cento dei sordomuti comunica tramite sms.




La diversità è un punto di forza: intervista a Eric Lartigau