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Dieci titoli (più uno) del ventennio d'oro del cinema comico demenziale americano. Un sottogenere ambiguo e indecifrabile, che ha compiuto la completa e definitiva trasformazione alla fine degli anni 60

In principio c'erano Charlie Chaplin, Buster Keaton, i fratelli Marx, Haurel & Hardy ma anche Charley Bowers e W.C. Fields rimasti oggi colpevolmente nell'ombra. La comicità al cinema nasce come suprema forma d'arte, come "meccanismo a orologeria" (adottato in particolar modo da Keaton), autentico motore propulsore della messa in scena. In Chaplin si sovverte in poesia, nei fratelli Marx in un surrealismo di palese matrice sociopolitica. O ancora, nel cinismo e nel politicamente scorretto degli sketch di Fields, o nella più semplice gag slapstick di Harold Lloyd. Stili e forme diverse con un unico comun denominatore: una pura forma d'arte in grado di suscitare risate e allegria negli occhi dello spettatore.

hellzapoppinNegli anni 40 la coppia di attori Bud Abbott e Lou Costello, da noi conosciuti come Gianni e Pinotto, continuarono sotto registri differenti a prendere in eredità le performance artistiche di Haurel & Hardy. Contemporaneamente iniziava a crescere un talentuoso ragazzino di nome Jerry Lewis. Nessuno di loro però furono in grado di dare una svolta al filone comico come fu in grado di farlo un musical, "Hellzapoppin'" di Henry C. Potter nel 1941. Per la prima volta accadde che tutti gli stilemi sino ad ora incontrati si rafforzassero sotto forma di un'unica grande rivelazione: la pazzia e il nonsense. Tutto è completamente fuori di testa in "Hellzapoppin'": gli attori guardano in camera e interagiscono col pubblico, la gag fluisce con una soluzione di continuità spiazzante e il metacinema assume contorni ridicoli e sprezzanti (nei titoli di testa compare la frase "qualsiasi somiglianza tra Hellzapoppin' ed un film è puramente casuale"). Non era mai successo nulla di simile prima di allora. Come sostiene Georges Sadoul, sarebbe inutile cercare un soggetto o una storia in questo accumulo frammentario di sequenze scollegate e rimandi metalinguistici: gli sketch si susseguono senza soluzione di continuità e hanno il solo scopo di inibire continuamente il racconto, trasformandolo in una serie di scene che potrebbero proseguire all'infinito.

Terminata la fase d'oro del cinema classico americano, con le commedie di Wilder e Edwards solo per citare due giganti, fu alla fine degli anni sessanta che la nascita di una rivista satirica cambiò definitivamente le carte in tavola al genere comico. Con "National Lampoon", creato da Douglas Kenney insieme a Henry Beard e Rob Hoffman, il surrealismo di "Hellzapoppin'" diventava estremamente cinico e a tratti addirittura violento. Eccessivamente trasgressivo e fuori da ogni tipo di schema. Sono gli anni in cui prende vita anche il Saturday Night Live, popolato tra gli altri da Chevy Chase, Dan Aykroyd, John Belushi e M. O'Donoughe. Ma non è solo il politicamente scorretto a farla da padrone. C'è un altro genio precursore del genere che instilla una ricercata cura nei personaggi e nel racconto attraverso la parodia satirica, Mel Brooks, particolarmente attratto dalla stupidità del razzismo e dalla diversità, lui ebreo figlio di immigrati.

animal_houseFilm come "Animal House" del 78 (il cui titolo originale riprende proprio il nome della rivista sopra citata) e ancor prima "Mezzogiorno e mezzo di fuoco" e "Frankenstein Junior", entrambi del 74 ed entrambi firmati Brooks furono l'apripista al ventennio d'oro che andremo a condensare nei 10 film più rappresentativi del cinema demenziale americano degli anni 80 e 90. Il primo nasce come moto insurrezionalista ad "American Graffiti" di George Lucas e a tutta la moda sixties perbenista e perfettina. Stessa cosa, ma in modo ancor più lapalissiano fa Brooks, spaziando dalla parodia western di Zinnemann a quella horror di Mary Shelley, con la stessa fervida visione e con la stessa veemente, geniale verve parodistica. L'indole improvvisatoria ma al tempo stesso lungimirante e ponderata di Brooks, crea eccitazione perché trasgredisce all'utilizzo di uno tra i mezzi considerati fondamentali dalla produzione, il copione. Era una ribellione a livello psicologico, una metafora di come l'improvvisazione stessa potesse non solo innescare una più facile ispirazione sul piano comico, quanto "modellare" la vita (e il cinema) senza un foglietto di istruzioni per l'uso. Nessuna garanzia sul risultato, certo, ma la libertà di esprimere sè stessi. In questo Brooks è stato un maestro. Molti attori e cineasti comici emersi sul finire degli anni sessanta, fondarono le loro radici sull'improvvisazione. Sarà il marchio di fabbrica anche per un famoso trio statunitense che aprì di fatto le porte al ventennio d'oro del cinema demenziale americano.  


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1. L'aereo più pazzo del mondo (Jim Abrahams, David Zucker, Jerry Zucker, 1980)

Gli anni 80 iniziarono con i fratelli Zucker e Jim Abrahams, forse i maggiori esponenti della demenzialità americana in voga in quel decennio. Abbiamo visto come il cinema demenziale abbia trasformato l'arte atavica del muto in una grottesca e grossolana ricerca del nonsense e della parodia satirica. "L'aereo più pazzo del mondo" è una tra le maggiori testimonianze di questa metamorfosi circoscritta tra forma e contenuto. Il trio Zucker-Abrahams-Zucker, già sceneggiatori di "Ridere per ridere" diretto da John Landis, stanchi dell'interminabile saga catastrofica di "Airport", si inventano una storia assurda popolata da piloti con la paura di volare, hostess svampite, passeggeri-macchiette creati con meticolosa idiozia e due protagonisti indiscussi: il pilota automatico Otto e il dottor Rumack interpretato da un superbo Leslie Nielsen. Nel 2000 l'American Film Institute ha inserito il film al decimo posto nella classifica delle cento migliori commedie americane di sempre.


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2. Top Secret! (Jim Abrahams, David Zucker, Jerry Zucker, 1984)
Ancora il trio delle meraviglie. Quattro anni dopo la parodia del cinema catastrofico, a venire scimmiottata è addirittura una delle pagine più drammatiche della Storia. Ambientato in una Germania Est alle prese con gli strascichi della Guerra Fredda (clamoroso l'incipit dove uniformi tedesche lasciano improvvisamente spazio a surfisti lungo le coste americane), "Top Secret!" è l'ennesima prova di come i fratelli Zucker e Jim Abrahams riescano a trarre vigore dal racconto demenziale partendo da soggetti austeri (come la politica, quella di Jimmy Carter e di Margaret Thatcher, entrambi citati nel film). Perché non c'è demenza più manifesta se non rovistando tra paure ancestrali (un aereo in volo) e orrori prodotti dagli uomini (una guerra). "Top Secret!" segna l'esordio di un giovanissimo Val Kilmer, un surf-rocker infiltrato in una Germania occupata da spie, neri usciti da un film di Mel Brooks ("addio Montblanc! Non dimenticherò mai il tuo colore!"), incursori anali e... mucche! Indimenticabile la statua del piccione deturpata da una pioggia di urina umana che urla vendetta.


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3. Balle spaziali (Mel Brooks, 1987)
Se la demenzialità del trio Zucker-Abrahams-Zucker è più improntata alla ricerca ininterrotta della gag idiota e grottesca, Mel Brooks elabora la parodia con la solita, ragguardevole dose di satira politica e sociale. In "Spaceballs" il regista newyorkese interpreta un presidente cattivissimo che vuole aspirare l'aria della Terra e annientare l'ecosistema. Chiaro riferimento alla fine dell'era reaganiana che ha generato i prodromi della crisi capitalistica e ambientale odierna. "Balle spaziali" si presenta agli occhi dello spettatore non solo come una parodia di "Guerre stellari", ma come un overdose di scimmiottamenti, da "2001" ad "Alien" (meravigliosa la sequenza con il cameo di John Hurt), da "Il mago di Oz", a "Star Trek", da "Rocky" a "Il pianeta delle scimmie". Geniali le trovate dei personaggi che si vedono in tempo reale nel film (chiaro omaggio a "Hellzapoppin'"), giocando con censura e tagli di montaggio, così come l'autopromozione di merchandising all'interno del film. Unico neo: lo sciagurato doppiaggio italiano.


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4. Donne amazzoni sulla luna (AA. VV, 1987)
Una delle armi più potenti del cinema demenziale è quella di poter scardinare qualsiasi regola esistente. Lo sapevano bene i propedeutici Monty Phyton nella Gran Bretagna degli anni settanta, e così hanno ben pensato oltreoceano sul fine degli anni ottanta gli scrittori televisivi Michael Barrie e Jim Mulholland. Diretto a singoli sketch da cinque registi diversi (tra cui spiccano i nomi di Joe Dante e John Landis), "Donne amazzoni sulla luna" è un blob infarcito di trovate slapstick alla Stanlio e Ollio e alla W. C. Fields imperniato sul mezzo televisivo: inframezzato da ossessivi colpi di zapping, l'uomo è intrappolato dalla tv e dalla pubblicità che non permette addirittura di narrare con fluida regolarità il racconto che dà il titolo al film. "Donne amazzoni sulla luna" è anche un film ad alto carico erotico che schiaffeggia il tabù sessuale in tv. Un progetto che tra luci e ombre regala sequenze dannatamente idiote e lungimiranti come il programma tv "stronzata o no?" nel quale si ipotizza che Jack lo Squartatore non fosse altro che Nessie, il Mostro di Lochness (!)


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5. Una pallottola spuntata (David Zucker, 1988)
Nel 1988 vede la luce il capolavoro assoluto del cinema demenziale a stelle e strisce. Lo firma il trio Zucker-Abrahams-Zucker, che già a inizio decennio si erano segnalati come i più grandi rappresentanti di questo filone cinematografico. La storia inizia ben 6 anni prima con una sitcom composta da una sola stagione di sei episodi intitolata "Quelli della pallottola spuntata". Dietro al cliché poliziesco si nasconde una creatività nonsense spiazzante, con gag che viaggiano a velocità supersonica, tutte sempre azzeccate. E poi c'è l'espressione sorniona e sprezzante del mitico Leslie Nielsen. Così gli autori si decidono a farne un lungometraggio diretto dal fratello più grande degli Zucker, David. Quello che ne esce è pura poesia demenziale: l'incontro tra il moribondo Nordberg e Frank Drebin nella stanza di ospedale, la cerimonia in compagnia della regina Elisabetta II, l'incursione dello stesso Drebin dentro all'appartamento del villain Ludwig, Enrico Pallazzo e la partita di Baseball... Non ci sono soste e il ritmo è vertiginoso per tutti i 90 minuti di pellicola. Sarà seguito da un monumentale sequel 3 anni più tardi e da un terzo capitolo meno fortunato nel 1994.


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6. Fusi di testa (Penelope Spheeris, 1992)
A inizio anni 90 un bizzarro caratterista del Saturday Night Live comincia a farsi conoscere tra il pubblico statunitense. Si chiama Mike Myers e raggiunge un fulmineo riscontro grazie a uno dei suoi personaggi: Wayne, giovane amante della musica rock dagli spiccati comportamenti infantili e da idiote espressioni facciali poliforme. La descrizione ricorda molto quella di Jim Carrey, figura a cui Myers deve molto. Nel 1992 uno i suoi sketch si tramuta in un film che diventerà in brevissimo tempo un instant cult: "Wayne's World", in italia "Fusi di testa". In coppia con lo strampalato Dana Carvey, la pellicola è un mix di cretinate improvvisate e dialoghi farneticanti dove i due protagonisti interagiscono con il pubblico fissando la camera continuamente ("Hellzapoppin'" docet), ballano come pazzi invasati "Bohemian Rapsody" nell'abitacolo di una scassata AMC Pacer e azzeccano qualsiasi appiglio delirante come il magistrale triplo finale. Da ricordare inoltre i camei di Robert Patrick e di Alice Cooper intento a disquisire ai due protagonisti informazioni geopolitiche sulla città di Milwaukee!


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7. Hot Shots! 2 (Jim Abrahams, 1993)
Nello stesso periodo Jim Abrahams si separa dai fratelli Zucker e gira "Hot Shots!" (1991), basato sulla parodia di "Top Gun" con il finto duro Charlie Sheen nei panni del celebre Topper Harley. Se è indiscutibile che il primo episodio funga da apripista a uno tra i più fortunati esperimenti di cinema demenziale a stelle e strisce e abbia geniali trovate, è con il secondo capitolo che il cineasta del Minnesota centra ogni bersaglio. I punti di forza sono due: uno script sublime e vagamente contro la guerra del Golfo (con un rincoglionito Saddam Hussein e soldati americani ridotti a celebrolesi) e soprattutto un'esagerata, interminabile carrellata di parodie, da "Rambo" a "Guerre stellari", da "Apocalypse Now" e "Platoon" a "Il monello" di Chaplin (la sequenza della Golino sulla barca). Lo spettatore viene preso per sfinimento, tra galline usate come frecce e combattimenti in stile videogames. D'obbligo la menzione all'ammiraglio/presidente Benson interpretato da un superbo Lloyd Bridges, tredici anni dopo "L'aereo più pazzo del mondo".



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8. Ace Ventura - L'acchiappanimali (Tom Shadyac, 1994)
Al contrario di Mike Myers, Jim Carrey non è reduce dalle performance del Saturday Night Live, anzi  venne clamorosamente escluso dallo show agli inizi degli anni 80. Ma l'attore canadese avrà modo di far conoscere al mondo intero la poliedricità delle sue espressioni e la sua incredibile plasticità facciale agli inizi degli anni 90, con la commedia fantastica di "The Mask" (1994) e, soprattutto, nella comicità demenziale di "Ace Ventura". In collaborazione con Tom Shadyac (autore de "Il professore matto", opera più che degna di essere citata in questo contesto e  resa celebre da un altro mago della comicità multisfaccettata, Eddie Murphy), il film è incentrato su un investigatore privato di animali (!) che tra mille peripezie e insidiosi ostacoli deve ritrovare Fiocco di Neve, il delfino mascotte dei Miami Dolphins vittima di un rapimento. Anche qua, comprendendo anche il secondo riuscitissimo episodio, le scene cult sono innumerevoli. Carrey è un mattatore straordinario che ha regalato al cinema degli anni 90 una tra le più idiote e geniali incursioni all'interno di questo filone cinematografico.


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9. Scemo & più scemo (Peter Farrelly, 1994)
Peter e Bobby Farrelly sono altri due autori di punta del genere demenziale a stelle e strisce. Il loro contributo alla sceneggiatura della serie televisiva "Seinfeld" sarebbe di per sé un degno biglietto da visita ma è con l'esordio cinematografico nel 1994 "Dumb & Dumber" che i fratelli del Rhode Island ottengono fama internazionale. Jim Carrey e Jeff Daniels, due grandi amici (e interpreti) uniti da una forte dose di imbecillità, condividono peripezie grottesche e assurde in un on the road che dal Rhode Island li portano sino alla neve di Aspen, passando tra i deserti dello Utah. Nel mezzo dialoghi e sequenze scorrettissime (il politicamente scorretto è il cavallo di battaglia dei Farrelly) e sequenze al limite della sanità mentale, "Scemo & più scemo" è oggi forse l'emblema del cinema demenziale americano degli anni 90. Un cult istantaneo con due protagonisti assoluti, una colonna sonora di rilievo e un inaspettato, enorme successo commerciale, con oltre 300 milioni di dollari incassati in tutto il mondo, a fronte dei 16 investiti dalla produzione. I Farrelly, realizzeranno altri esilaranti titoli come "Tutti pazzi per Mary" (1998) e "Io, me e Irene" (2000).


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10. Austin Powers - Il controspione (Jay Roach, 1997)
Gli anni novanta si chiudono con quella che è l'ultima vera perla della cinematografia demenziale. Il diamante grezzo Mike Myers, già protagonista del cult "Fusi di testa", diventa a tutti gli effetti un fuoriclasse di prima fascia con "Austin Powers", personaggio da lui ideato, scritturato e interpretato. Una rivisitazione del genere di spionaggio che deve molto all'iconica figura di James Bond ma con innesti innovativi e originali non solo da una prospettiva puramente parodistica/demenziale, quanto in chiave di stilemi cinematografici (l'evoluzione del genere, o meglio, della fruizione del genere, dai primi anni 80 del trio ZAZ a fine 90 è lapalissiana) e di una satira implacabile nei confronti del potere e del capitalismo, resa possibile grazie alla brillante idea in fase di scrittura di ibernazione del protagonista e del Dottor Male per 30 lunghi anni, dal 67 al 97. Myers è encomiabile nella sua poliedrica performance attoriale e oltre a vestire anche i panni del villain di turno (parodia del personaggio di Fleming, Ernst Stavro Blofeld) rivestirà numerosi altri ruoli anche nei fortunati (e meritevoli) due episodi successivi. Non conoscere o dimenticare Ciccio Bastardo è un delitto.


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Menzione speciale
11. Il silenzio dei prosciutti (Ezio Greggio, 1994)

Qua si varca il regno dell'invalicabile. I limiti imposti, sempre che un genere di questo tipo possa averne, vengono letteralmente stuprati e martoriati. Non si parla neanche di trash, di cinema ignobile. Qua siamo ai confini del Cinema stesso (il lupo della 30th Century che tossisce dopo l'ululato, siamo solo a mezzo secondo dall'inizio del film). "The Silence of The Hams" è una coproduzione tra la Silvio Berlusconi Communications (chi se no?) e Stati Uniti partorita da uno dei protagonisti del riflusso televisivo italiano degli anni 80/90, lo "Yuppie" Ezio Greggio, allievo però di un certo Mel Brooks. Il film è tremendo e geniale (per certi versi attuale in alcuni sketch sociali e politici), così brutto da vedere da rientrare a pieno titolo tra i più maestosi film dell'intero filone demenziale. Tra le sue vittime rientrano i capolavori assoluti di Demme e Hitchcock e tra i camei compaiono John Carpenter, Joe Dante, Shelley Winters, John Landis e lo stesso Brooks. Il ritmo è disturbante, le idiozie si susseguono senza soluzione di continuità. Alcune sono così stupide da non pretendere di strappare la risata dello spettatore, quanto piuttosto alienarlo, estrometterlo dai canoni imposti dalla fruizione cinematografica, come testimoniano dialoghi orgogliosamente farneticanti e sequenze caciarone fiere della loro idiozia.


Gli anni Duemila

Negli anni duemila inizia il lento, inesorabile declino del genere demenziale a stelle e strisce. Forma e contenuto non hanno avuto più né decisive deviazioni/derivazioni a seguito del ventennio d'oro, né il coraggio di autorigenerarsi, rimanendo ancorate a commedie adolescenziali sulla scia di "Animal House" e "Porky's" come la saga di "American Pie" e a ruota "Road Trip", "Fatti, strafatti e strafighe", "Maial College"... La normalizzazione prende il "sopravvento", ad aggiungersi vi è una spasmodica (forse eccessiva) ricerca al volgare e al sesso come nella fortunata, almeno al botteghino, epopea di "Scary Movie" (almeno il primo capitolo è meritevole di essere menzionato). Ma in generale scompaiono appigli all'uso antisociale e autodistruttivo, non compaiono originali/innovative prese di posizione di fronte al mezzo filmico, rimane solamente il carattere grottesco e surreale (condito da becere battute) figlio della parodia di fortunate pellicole degli anni precedenti. Le propedeuticità del muto e della seconda metà degli anni sessanta vengono accantonate, senza idea alcuna l'obiettivo è solo quello di realizzare scatole preconfezionate per il botteghino, usa e getta di pessima qualità.

Tra le opere degne di nota, in un'ipotetica playlist, oltre al già citato primo capitolo di "Scary Movie", ci sono "40 anni vergine", firmato da Judd Apatow e "Suxbud" di Gregg Mottola, forse più incentrati sullo stile classico da commedia ma con degli spunti davvero interessanti, e la sorpresa di Todd Phillips, "Una notte da leoni" (anche qua ci si ferma rigorosamente al primo capitolo). Eccetto sporadiche eccezioni, dunque, oggi il cinema demenziale americano è una bella addormentata che aspetta ancora di essere destata da una nuova, energica onda rivoluzionaria o almeno da una fresca lavata di faccia. Nell'attesa che questa "nuova" teen comedy e che le varie trovate parodistiche trovino nuova linfa, non possiamo che sottolineare quello che fu il ventennio d'oro di un genere di difficilissima categorizzazione, quasi un figlio illegittimo del cinema, che ha avuto, sin dagli albori, il fondamentale compito di descrivere e raccontare il reale attraverso mezzi, comportamenti, dialoghi altamente inopportuni, deliranti,  irreali. Uno stravolgimento che ha del grottesco, dello "stupido", ma che molte volte è il percorso più breve per fuggire da questo pazzo, pazzo mondo. Perché come sostiene Mel Brooks, "fin quando il mondo continuerà a girare saremo sempre sciocchi e continueremo a commettere errori". L'arte della risata oggi non è più mera poesia, ma una scappatoia per evadere dalla pazzia della realtà del quotidiano.





1980-2000: il ventennio d'oro del cinema demenziale americano