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Speciale registi - Il miglior film di Christopher Nolan

L'uomo che ha cambiato Hollywood nel nuovo millennio viene da Londra. Breve viaggio tra i nove film girati dal cineasta britannico, che ha dato il meglio lontano da Gotham

Nel nostro viaggio attraverso le filmografie dei registi che stanno cambiando il cinema contemporaneo, non poteva non arrivare il momento di Christopher Nolan, il britannico adottato da Hollywood, tanto da diventarne, forse, il simbolo più significativo dell'ultimo decennio. Stiamo parlando di un autore che anche all'interno della nostra redazione raccoglie pareri fortemente contrastanti: da una parte alcuni di noi lo considerano un cineasta indispensabile per cogliere appieno l'evoluzione del cinema odierno, soprattutto laddove il concetto di mainstream incontra quello di autorialità. Dall'altra parte c'è chi ne mette in risalto la fumosità dell'offerta artistica, la vacuità delle sue riflessioni, ammantate di una finta profondità che, a vedere bene, non nasconderebbe altro che alcuni trucchi da buon mestierante, facili da scoprire.

Che piaccia o no, a ogni modo, stiamo parlando di un uomo che ha saputo cogliere totalmente lo spirito del suo tempo. Il suo cinema è il compendio di ciò che attrae della grande industria hollywoodiana: la possibilità di ricreare mondi complessi, la maestria di utilizzare al meglio le maestranze tecniche così come i virtuosismi di sceneggiatura. Sono queste le doti migliori del cinema di Nolan. Nella sua carriera, al momento in cui pubblichiamo questo speciale, il regista londinese ha all'attivo nove lungometraggi. Si parte dal manifesto "Following", emblema del cinema indipendente inglese, fino ad arrivare al dibattutissimo "Interstellar", pellicola di fantascienza che ha dilaniato critica e pubblico: un ritorno ai fasti del cinema sci-fi di impronta pionieristica, dove le imprese dell'uomo sono il fulcro della narrazione, o irritante favola new age, che usa giusto qualche teoria di fisica per annacquare l'incertezza del racconto?

Qualche risposta la diamo nella classifica che trovate di seguito. Abbiamo ordinato i suoi lavori da quello che ci è piaciuto di meno a quello che riteniamo il suo titolo migliore. Ogni redattore ha poi scritto alcune impressioni sull'opera che, individualmente, ha votato come miglior film del lotto. Attenzione: è in queste pillole individuali che troverete le tracce del nostro pensiero, perché, come noterete, ci sono differenze di opinione non di poco conto. Una considerazione che colpisce, senza entrare nel merito di ogni singola posizione, è che abbiamo ritenuto di collocare fuori dal podio tutta la trilogia di Batman. Una scelta che può risultare curiosa, dato che è quella l'impresa che più di ogni altra scorribanda dietro la macchina da presa identifica la carriera di Nolan fino a questo punto.

Ma riteniamo che, nonostante questa ricostruzione rivoluzionaria di Gotham e la creazione di un universo che emerge dal fumetto per diventare favola nerissima della nostra modernità, il meglio dell'arte cinematografica di Nolan stia altrove. E proviamo ora a spiegare alcune ragioni di questa nostra scelta.



9. FOLLOWING (1998)

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8. INSOMNIA (2002)

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7. IL CAVALIERE OSCURO - IL RITORNO (The Dark Knight Rises, 2012)

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6. INTERSTELLAR (2014)

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Alla ricerca del motore immobile
A voler guardare "Interstellar" con indulgenza sotto il profilo scientifico, si sente un po' meno il peso dei labirinti spazio-temporali che contraddistinguono il modo di concepire storie da parte di Nolan. E al di là della fissa di Nolan per le dilatazioni temporali, il motore immobile di questo universo dove si muove tutto sono i sentimenti: il film termina in odore di "Solaris", con un finale che quasi vorremmo immaginare sulla soglia di una dacia. In quella biblioteca di borghesiana memoria (più che stanza rococò kubrickiana) si coltiva la speranza che a far da guida, nell'infinito proliferare dei segni, possano essere solo le lancette dell'interiorità.
Limiti e valori di Nolan, come per un prestigiatore, si misurano sul terreno della suggestione con cui, di fronte a un suo film, non si riesce mai a sapere in quale parte sia solo un trucco, o sia invece in parte autentico, quel che il regista ci lascia immaginare.
Stefano Santoli


5. BATMAN BEGINS (2005)

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4. IL CAVALIERE OSCURO (The Dark Knight, 2008)

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Gotham come il cinema di Michael Mann
È vero, la trilogia del Batman nolaniano è contraddittoria, discontinua e incoerente. Oscilla tra il registro kitsch del primo "Batman Begins" al rischio dell'effetto-fracasso totale dell'ultimo "Il cavaliere oscuro - Il ritorno". Ma in mezzo, il regista britannico, forse aiutato da un soggetto che si confaceva alla perfezione al suo universo artistico, ha trovato un punto di equilibrio perfetto. Nel duello fra Batman e Joker, Nolan trova la forza per abbandonare l'origine fumettistica del fumetto e mettere in scena un mondo parallelo che obbedisca ai suoi canoni creativi. È questo che rende il film un grande film: il cineasta plasma una materia preesistente a sua immagine e somiglianza e disegna una Gotham sinistramente contemporanea. Tralasciando le derive da psicodramma hollywoodiano, che pure ci sono, "Il cavaliere oscuro" è un action movie che rispecchia le paure e le fobie del nostro tempo. Un'opera imprescindibile per comprendere appieno il cinema mainstream del nuovo millennio.
Giancarlo Usai


3. INCEPTION
(2010)

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Il maelstom cinematografico è Inception(nale)
Viaggi onirici. Sogni all'interno di sogni all'interno di incubi. La lotta subliminale nel subconscio, flussi di coscienza, architettura dell'immaginario collettivo, sensi di colpa individuali. Come si ruba un'idea, come s'instilla una sensazione impropria? Nolan percorre un viaggio allucinante, non corporale con tecnologie miniaturizzanti, ma dentro correnti psichedeliche, compiute da un gruppo di ladri sonnambuli. Lo scontro per il potere economico ormai si sposta dal mondo del reale a quello mentale, in una messa in scena escheriana, alfa e omega temporale, in un montaggio lemniscato di scenografie curvilinee e surreali. In una mise en abyme millimetrica, lo spettatore perde il contatto con se stesso, dove il pericolo è in attesa in ogni frame, in ogni inquadratura, in ogni sequenza. Inception(ale) maeltrom in cui sprofondare lentamente in apnea e poi risalire in velocità, per riacciuffare il fiato della visione cambiato per sempre.
Antonio Pettierre


2. THE PRESTIGE (2006)

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Il trucco c'è (e si vede)
L'uomo è chino su un banco spoglio, nitido come una piazza di de Chirico. Una rana gli penzola dalla bocca. Ha gli occhi stretti, la fronte appena corrugata; sbircia, sedotto, i gesti del mago che fa svolazzare tra le mani una biglia luccicante e non si avvede del complice, che, con sguardo indifferente, gli sottrae il borsello alle spalle. È "Il prestigiatore", di Hieronymus Bosch: a lui corre il pensiero quando si voglia conchiudere in simbolo il cinema di Christopher Nolan, un'arte della seduzione magniloquente, del trucco celato, dell'illusione che si consuma ai danni del pubblico. "The Prestige" ne è, forse, l'emblema, con quel suo sposare il tema dell'inganno al meccanismo del film, che è un gioco di prestigio come quelli che mette in scena. E in quanto tale gioca con lo sguardo dello spettatore, lo ammalia e tutto gli rivela già nell'incipit, in quella bizzarra sfilata di cappelli. Infilata la mano in tasca per riporre le carte usate nel precedente gioco, Nolan afferra una pallina di spugna, preparando così sotto gli occhi del pubblico il trucco seguente. Da bravo prestigiatore, esibisce, anziché nascondere, il trucco e lo insinua, lo agita sotto il nostro sguardo per tutta la durata della pellicola - un po' troppo, in realtà, per non destare sospetti e, infatti, tra tube sgualcite e folti basettoni molto si intuisce, ma ciò che conta è il metodo. La domanda non è più "come ho fatto a non accorgermene?", ma "perché mai avrei dovuto farci caso?" E il trucco è riuscito. Applausi.
Matteo Pernini


1. MEMENTO (2000)


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Il nastro di Nolan
La superficie non orientabile del tempo narrato: si inizia dalla fine e si torna lentamente indietro per finire all'inizio. Rendendo per una volta meravigliosamente funzionale una trovata cinematografica, restituendo un nuovo senso al film di indagine, a un revenge movie che diventa unico nella storia del cinema. Un'immersione soggettiva nel racconto (tornando indietro lo spettatore ripercorre in qualche modo lo straniamento del protagonista del film) e un incastro perfetto. Oltre alle continue, non banali, riflessioni sul senso dell'immagine, della memoria e del tempo.
Il nastro di Möbius realizzato filmicamente regge gli anni passati, quasi venti ormai, e in un certo senso ha dato il via a molta narrazione cinematografica postmoderna dove i piani temporali si intrecciano e le vicende narrate cercano di riflettere sulla loro stessa natura. Memento rimane probabilmente la punta di diamante della produzione di Nolan, non è forse il film più godibile o esaltante, ma quello che concentra in nuce tutta l'autorialità del regista e nel quale quest'ultimo tiene meglio a bada la sua necessità di essere perennemente strabordante. 
Alessandro Viale

"I fatti non esistono, esistono solo interpretazioni"
"Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: «Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo.»" A cavallo fra i due millenni un cineasta verso i 30, al suo secondo film, girò una delle opere più esemplificative del periodo. No, non sto parlando di Tarantino ma dell'altrettanto (o ancor più ?) discusso Christopher Nolan. Oltre alla definitiva decostruzione del noir, oltre all'uso quasi sperimentale del montaggio, oltre alla sorprendente abilità e coerenza di questo esercizio vi è la creazione della parabola del simbolicamente chiamato Leonard, vero e proprio emblema della hybris dell'umano nel mare informe della postmodernità. Parabola che sembra spingere (sempre di film hollywoodiano si tratta) all'immedesimazione grazie al montaggio, per poi negare tutto nel finale. All'eroe moderno non resta che imporsi la sua verità per andare avanti, illudendosi che sia realtà. "Allora, a che punto ero ?", Nolan probabilmente ancora lì.
Matteo Zucchi

Remember Sammy Jankis
Inserito nella filmografia di un regista che ha spesso e volentieri giocato con le deformazioni spazio-temporali, con la dimensione inconscia e con l'illusione, "Memento" assume una rilevanza primaria: nel suo saper comporre, attraverso il montaggio per progressivi flashback, una forma capace di gettare lo spettatore nella stessa condizione del protagonista (incapace di ricordare quanto appena successo) la pellicola riesce a costruire un meccanismo di immedesimazione perfetto che non si ferma al livello della semplice spettatorialità.
Ma al di là della maestria tecnica è poi interessante (qui come in altre opere del regista londinese) la decostruzione dell'Io che viene lentamente portata a compimento nel corso della storia. L'irragionevolezza in cui sprofonda Leonard Shelby, il viscerale desiderio di vendetta e l'appiattimento di ogni relazione sociale al livello dell'automatismo forniscono alla fine un ritratto dell'uomo molto più vicino all'animale istintivo, che alla perfetta macchina razionale che crediamo di essere.
Eugenio Radin

La memoria sulla pelle
Criticato talvolta come l'esercizio di stile di un giovane autore che stava testando il proprio talento, "Memento" è diventato col tempo uno dei cult degli anni Duemila oltre che uno dei film-puzzle più influenti degli ultimi tempi. "Memento" era ancora privo di quella grandeur a cui il cinema di Christopher Nolan si è oggi attestato nel formato delle grandi produzione targate Warner (che fornisce i mezzi per filmare le ampie e immersive immagini IMAX), sebbene non mancasse l'ambizione né tantomeno l'ispirazione. È un noir che costringe lo spettatore a tenere altissima l'attenzione, nel medesimo sforzo ermeneutico del protagonista che a ritroso cerca di tirare le fila di una disperata ricomposizione mnesica. Il secondo lungometraggio nolaniano, scritto sulla scorta di una short story  del fratello di Christopher, Jonathan, è già un gioco di prestigio cinematografico, come asserirà il manifesto e successivo "The Prestige", nel quale il montaggio fornisce le cause dopo che abbiamo visto le conseguenze in atto e porta avanti una riflessione sul corpo del cinema: così come le immagini si imprimono sulla pellicola (e Nolan è uno dei pochi strenui difensori del supporto analogico), allo stesso malinconico modo il detective protagonista appunta i propri ricordi tramite polaroid e tatua le sua memorie sulla propria pelle, portando avanti la sua infinita ricerca della verità. Finché un taglio di montaggio non spazzerà via tutto, costringendolo a ricominciare. Ne siamo certi, "Memento" è ancora il miglior film di Christopher Nolan.
Giuseppe Gangi

Zygmunt
Memento è un thriller presentato a blocchi temporali inversi di 3 minuti, di modo che lo spettatore condivida l'amnesia del protagonista. un dispositivo basato su una idea così forte che rischiava di mangiarsi tutto il film. Ma quello che pare un trucco efficace per aumentare la tensione è in realtà una rappresentazione fulminante dell'uomo contemporaneo senza appigli senza passato, incapace di piani, che si limita a reagire come può al confuso mondo che lo circonda. Modernità liquida, precariato esistenziale, chiamatelo comè volete. Lo conoscete perché vivete così anche voi. È una lettura che esiste solo nella mente dei critici? Il bellissimo finale chiarisce di no. Smisuratamente ambizioso fin dal (quasi) inizio, Nolan non è mai più stato così preciso ed essenziale nella messa in scena.
Alberto Mazzoni

Il tempo, la memoria, il montaggio
Le sorprendenti capacità del giovane regista britannico nel mixare i canoni del mainstream a profonde riflessioni di matrice autoriale si palesano nel labirinto metacinematografico della sua opera seconda. Se l'operazione è tutt'altro che innovativa e assurge a cavallo di battaglia di numerosi cineasti della New Hollywood (uno tra tutti Ridley Scott), è anche vero che con Nolan questo impianto assume contorni ancor più marcati, fino ad arrivare a una vera e propria fenomenologia sulla plasticità e sulla malleabilità del mezzo cinematografico. Oltre a essere un piccolo capolavoro sul tempo e la memoria, "Memento" ha avuto il merito di fomentare numerosi fan con schemini e tabelline sul significato del film, video amatoriali sulla spiegazione del montaggio. Una mini rivoluzione in ambito di fruizione cinematografica che ha reso "Memento" non solo un'icona del cinema del nuovo millennio ma semplicemente un'opera che compendia l'assurdità e l'astrazione del tempo, la debolezza della memoria umana, l'inesplicabilità della verità. Come in un nastro di Möbius.
Matteo De Simei

 





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