Ondacinema

recensione di Eugenio Radin
7.0/10

Doctor Strange nel multiverso della follia

Era dai tempi pre-pandemici di "Avengers: Endgame" che i Marvel Studios faticavano a produrre un film capace di soddisfare a pieno le aspettative della critica e del proprio pubblico.
Alla definitiva sconfitta di Thanos e al salvifico sacrificio di Iron-Man avevano fatto seguito le vicende del gradevole "Spider-Man: Far From Home": un prodotto che, esente da grandi difetti, non poteva però nemmeno vantare grandi pregi. Dopo di esso, una serie di titoli minori (da "Black Widow" al già dimenticato "Shang-Chi") sono stati incapaci di suscitare quelle emozioni e di generare quella spettacolarità a cui erano stati abituati i fan del colosso hollywoodiano, divenuto oramai la voce principale di un certo tipo di cinema: un cinema popolare e mainstream, in grado di entrare con forza nella cultura di massa, di incarnare quel che rimane del Sogno Americano e di riflettere sui suoi destini.

Ma anche un cinema che, dominato dal franchise e da strette logiche di mercato, corre il forte rischio dell'omologazione, come fa notare Stefano Santoli nel suo lavoro sull'ultimo decennio di cinema statunitense. Tra i registi che hanno contribuito a creare la grande narrazione del Marvel Cinematic Universe ci sono cineasti di lungo corso e autori indipendenti di rilievo: da Kenneth Branagh ("Thor") a Taika Waititi ("Thor: Ragnarok") passando per Chloé Zhao, a cui è stato affidato il più recente (e poco entusiasmante) "Eternals".
Ma "tutti questi registi - come scrive Santoli - debbono inevitabilmente adattare i propri stilemi autoriali a quelli imposti dalla casa madre, assimilandosi e soffocando le proprie peculiarità individuali".

"Doctor Strange nel multiverso della follia" rappresenta allora un'eccezione a questa tendenza omologatrice, grazie alla scelta vincente di lasciare la regia alle mani esperte di Sam Raimi. Pioniere del nuovo horror americano degli anni Ottanta/Novanta, Raimi è infatti un autore che può vantare ottimi precedenti nel mondo del cinefumetto (sua è la trilogia di Spider-Man con protagonista Tobey Maguire) ma che, con il suo stile a metà tra lo spaventoso e il cartoonesco, sembra al contempo il candidato ideale per far valere la propria peculiarità autoriale di fronte al gigante californiano.
A differenza dei prodotti DC, infatti, i cinecomic Marvel sono sempre stati caratterizzati da quella commistione tra epico e comico, tra serio e faceto, rivelatasi fin da subito una delle componenti più amate dal pubblico. Con i dovuti distinguo, tale mescolanza di registri è la medesima che caratterizza anche la filmografia di Raimi, nella quale le ambientazioni horror hanno spesso ceduto il passo ad altre contaminazioni, ad esempio alla commedia slapstick: la trilogia iniziata con "La casa" rappresenta un capolavoro in tal senso, ma per capire di cosa si parla basterebbe aver visto il più recente "Drag me to Hell".

Così, forse per la prima volta nella storia del MCU, una componente più personale si innesta sugli stilemi narrativi tipici della casa degli Avengers. Raimi gioca con il suo pubblico richiamando le caratteristiche tipiche del proprio cinema: movimenti fluidi e veloci della mdp, angoli di ripresa atipici e volti a dare un senso di instabilità all'inquadratura, jump-scares, utilizzo (come già detto) dell'horror in chiave ironica e demenziale, ricorso a elementi gotici, un'attenzione ricorrente verso il tema del Male.
Tutto ciò viene però adeguato a un prodotto rivolto a un pubblico anche molto giovane (che dunque richiede di smorzare la componente orrorifica) e soprattutto alla logica razionale-giustiziale estranea a Raimi ma tipica dei film supereroistici (la giustizia trionfa grazie alle gesta dell'eroe, capace di discernere sempre tra bene e male e di riportare la pace nell'universo).

Questo, se vogliamo, è anche il più evidente limite del film. La firma del regista è presente e ben riconoscibile, ma il suo spazio di manovra è limitato dai paradigmi narrativi imposti dalla casa madre. Nonostante alcune ottime sequenze (il duello con le note musicali in primis) e la presenza delle commistioni succitate che configurano questo nuovo capitolo di Doctor Strange come un prodotto Marvel sui generis, resta la sensazione che le capacità del cineasta di Detroit avrebbero potuto essere sfruttate maggiormente.
Qualche difetto poi è riscontrabile anche nella sceneggiatura, che abbandonandosi a intricati giochi spazio-temporali rende difficile ricomporre il puzzle narrativo in modo chiaro e lineare, dando talvolta l'impressione che qualche pezzo si sia perduto per strada. Questa caratteristica è però tipica delle storie che, anche nei fumetti omonimi, vedono protagonista il personaggio di Strange e va dunque in una certa misura accettata come parte integrante del suo universo narrativo.

Mettendo in relazione il presente film con lo stato attuale della Settima Arte, è possibile poi fare un'ultima considerazione. Il tentativo vagamente snob e raramente riuscito di nobilitare il blockbuster assoggettandolo a logiche autoriali e a barocchismi stilistici è sempre più frequente nel cinema contemporaneo, che spesso sembra vedere il puro divertimento come un difetto, o peggio come una colpa ("The Batman" di Reeves e "The Northman" di Eggers sono i due esempi più recenti di questa tendenza). "Doctor Strange nel multiverso della follia" si pone invece come un prodotto fieramente pop e volontariamente scanzonato, in cui il bisogno di autorialità è comunque messo al servizio di un'opera che va nella direzione di un sano e necessario intrattenimento.


05/05/2022

Cast e credits

cast:
Michael Stuhlbarg, Rachel McAdams, Xochitl Gomez, Benedict Wong, Chiwetel Ejiofor, Elizabeth Olsen, Benedict Cumberbatch


regia:
Sam Raimi


titolo originale:
Doctor Strange in the Multiverse of Madness


distribuzione:
Walt Disney Studios Motion Pictures


durata:
126'


produzione:
Marvel Studios


sceneggiatura:
Michael Waldron


fotografia:
John Mathieson


scenografie:
Robert Stromberg


montaggio:
Bob Murawski, Tia Nolan


costumi:
Graham Churchyard


musiche:
Danny Elfman


Trama
Dopo le avventure di "Spider-Man: No Way Home" Stephen Strange incontra America Chavez, una ragazzina incapace di controllare il proprio potere di spostarsi nel multiverso e in fuga da una terribile minaccia.
Per aiutarla Strange si reca da Wanda Maximoff: sperando di trovare in lei un'alleata il nostro eroe incapperà invece in un nuovo, più grande, pericolo.