Ondacinema

recensione di Francesca d'Ettorre
7.0/10

                 "Everything you touch turns to shit, like King Midas's idiot brother"
 

Llewyn Davis si sta esibendo in "Hang Me, Oh Hang Me" al Gaslight Café quando le immagini iniziano a fluire sorrette dalla voce in presa diretta di Oscar Isaac. Intorno c'è New York, lievemente desaturata, autunnale quanto basta a rievocare un mood (influirà questa copertina) e a introdurci nel Greenwich Village del 1961. L'importanza che l'ambientazione assume, grazie alla cura della fotografia - splendido lavoro di Bruno Delbonnel che non fa rimpiangere l'abituè Roger Deakins - va oltre l'estetica e il suo crepuscolarismo si fa concettuale, se messo in relazione agli anni, agli sgoccioli dei Cinquanta, in cui il vivaio folk aspettava la rivoluzione dylaniana per crescere, e il Village era, semmai, crocevia di belle speranze cresciute in periferia, di giovani che dividevano bettole asfissianti e si ritrovavano, chitarra alla mano, a rinverdire un codice per pochi eletti.

Non è una novità un fondale a tal punto narrativo, pensiamo al noir più freddo che mai, "Fargo".
Questo è, dunque, il momento in cui Dave Van Ronk esordisce con la sua musica e che dà ai fratelli Coen l'ispirazione giusta, attraverso la biografia postuma del 2005, "The Mayor of MacDougal Street", per farne un campione di antieroismo.
In un film confezionato per essere ascoltato oltreché guardato e, cionondimeno, in un film dei Coen, la musica assume un ruolo fattuale ed evocativo che si sostanzia grazie alla collaborazione (la quarta) con il produttore musicale T. Bone Burnett, che si è occupato di comporre e indirizzare le esibizioni live degli attori; è, invece, la prima volta con i registi di Minneapolis per Marcus Mumford.

Llewyn Davis è un musicista che cerca di trasformare il talento in lavoro. Come nella peggiore delle parabole coeniane, il suo peregrinare da New York a Chicago, da un appartamento all'altro attraverso corridoi ciechi, dalla frustrazione per l'insuccesso del suo disco alle umiliazioni rancorose di Jean (Carey Mulligan) non porterà a nulla di buono, se non una serie di smaccanti sfortune, finanche quando, vinto da cupa disillusione - e dal quantomeno esaustivo "What are you doing?" letto in un bagno pubblico - proverà a imbarcarsi per la marina mercantile. Niente è destinato a evolversi positivamente e l'odissea a vedere approdo, se non per il gatto che ritroverà la strada di casa. Tutto era già scritto in un nome, Ulisse, che il protagonista tenta invano di ricordare. Quello di Llewyn Davis è, invero, un viaggio che non conduce da nessuna parte. A differenza dei personaggi che gli gravitano intorno, non ha compromesso l'arte di sogni borghesi, come la coppia Jim e Jean, e non l'ha infarcita di appeal commerciale - "I don't see a lot of money here", dirà l'impresario Bud Grossman (nome che ricorda quello di Albert Grossmann, il fu manager di Bob Dylan). Durante il tragitto in macchina verso Chicago, insieme a un musicista jazz eroinomane e affarista (John Goodman) e a un taciturno "valletto" e poeta beat (Garrett Hedlund), la sua estraneità verso un mondo che risponde a logiche conformiste pur di perpetrarsi e sopraffare la solitudine - l'unico a non avere qualcuno accanto è proprio Davis - giunge a uno snodo centrale.

Le sequenze finali si ricongiungono con l'incipit e il film rivela nella geometria formale una struttura circolare che si avvale di lunghi flashback per introdursi tra le miserie di una vita da outsider. Una circolarità ancor più lesiva se imbevuta di feroce poetica autoriale coeniana: a suonare è Bob Dylan, la sua "Farewell", mentre sul retro il protagonista è aggredito da un uomo. E messo in ginocchio dalla sua stessa sconfitta.


07/02/2014

Cast e credits

cast:
Oscar Isaac, Carey Mulligan, Justin Timberlake, Garrett Hedlund, John Goodman, F. Murray Abraham, Adam Driver


regia:
Joel & Ethan Coen


titolo originale:
Inside Llewyn Davis


distribuzione:
Lucky Red


durata:
105'


produzione:
Mike Zoss Productions, Scott Rudin Productions, StudioCanal


fotografia:
Bruno Delbonnel


montaggio:
Roderick Jaynes


Trama
Una settimana nella vita di un giovane musicista folk mentre cerca di farsi strada nel mondo musicale del Greenwich Village nel 1961