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recensione di Domenico Ippolito
4.5/10

Jesse Eisenberg è principalmente noto come interprete di diversi film di successo, tra cui "The Social Network" del 2010, in cui diede il volto a Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook. A partire da questa pellicola, l’attore americano si è costruito una carriera internazionale piuttosto riconoscibile, affiancandola con quella, meno nota, di scrittore per il teatro e regista cinematografico. Dopo l'esordio dietro la macchina da presa del 2022 di "Quando avrai finito di salvare il mondo", adattamento di un suo radiodramma, ha realizzato l’anno scorso il suo secondo film, "A Real Pain", presentato nel 2024 al Sundance e ora in sala in Italia.

Lo sfondo autobiografico che avvolgeva l'esordio è riproposto anche in questo film, ulteriormente sottolineato dalla presenza dello stesso Eisenberg nel ruolo principale, David Kaplan, chiaro alter ego del regista. In "A Real Pain", David è un newyorkese di origine ebraica che intraprende col cugino Benji un viaggio in Polonia, alla ricerca delle origini della loro famiglia, la cui meta finale è la casa nativa della nonna, scomparsa pochi mesi prima in America. A Varsavia, i due cugini si uniscono a un piccolo gruppo di turisti, accompagnati da James, la loro guida britannica, e affrontano un tour sui luoghi della memoria del giudaesimo polacco.

Per David e Benji sarà anche l’occasione per confrontarsi sul loro rapporto, minato dalle differenze caratteriali e dalle ormai diverse prospettive di vita: entrambi affetti da lievi disturbi della personalità, David è riuscito a tenere sotto controllo la sua ansia, concentrandosi sul lavoro e sulla vita famigliare, mentre Benji vivacchia in quella che appare una post-adolescenza infinita, senza un vero obiettivo, col suo umore imprevedibile che lo fa oscillare da una grande affabilità verso una estroversione incontrollata che sfocia nella psicosi.

È chiaro fin da subito che "A Real Pain" si presenta come uno studio sui due personaggi principali, alternando alla leggerezza di alcune situazioni un tono più serio, in linea col viaggio della memoria che ha come tappa anche il campo di concentramento di Majdanek. È altresì facile individuare nelle opere di autori come Woody Allen e Noah Baumbach, in alcune delle quali Jesse Eisenberg ha lavorato come attore ("Café Society", "Il calamaro e la balena"), i modelli a cui tende tale costruzione.

A parere di chi scrive, però, i contrasti che animano la pellicola non sono quasi mai a fuoco. L’animo irrequieto di Benji, la sua grande spontaneità, innescano i suddetti momenti di leggerezza che restano però al di sotto di qualsiasi velleità comica - vedasi la scena delle fotografie multiple davanti al monumento della rivolta nel ghetto di Varsavia e quella della corsa in treno senza biglietto per sfuggire ai controllori, tra l’altro girate con un piglio decisamente poco convinto.

A tratti, il rapporto sempre in bilico tra affetto e repulsione che esiste tra David e Benji ricorda quello di tanti buddy movies, con il viaggio come sfondo per equivoci, rotture e riconciliazioni. Un esempio su tutti potrebbe essere "Sideways" di Alexander Payne, dove al malinconico intellettuale Miles si contrapponeva Jack, l’amico guascone e casanova, dentro l’addio al celibato di quest’ultimo tra vini della California e nuovi incontri.

In "A Real Pain", però, nonostante i tentativi di rendere stridenti le personalità dei due cugini, è come se ci trovassimo di fronte alla doppia versione dello stesso uomo. Esplicativa, in tal senso, è una scena al ristorante in cui, dopo l’ennesima uscita scomposta di Benji, il cugino si lascia andare a un lungo, imbarazzato monologo che non fa altro che riconfermare il profondo disagio di cui si nutre il loro rapporto.

L’accompagnamento musicale, affidato alle composizioni di Chopin, nonché la fotografia, a cura del polacco Michal Dymek ("EO"), restituiscono la corretta ambientazione, la quale, pur lontana da un’immagine di pura cartolina, non riesce a sganciarsi da una cornice senza pecche che non offre, però, alcun spunto originale o delle intriganti asimmetrie. Anche i dialoghi verbosi, che avvicinano "A Real Pain" a un altro modello, quello del cinema di Richard Linklater, non possiedono la grazia seducente dell’autore di "Before Midnight".

Il film pare anche un susseguirsi di occasioni mancate, se pensiamo che l’unico vero contatto con la popolazione locale, che poteva offrire svolte esilaranti e di vera scoperta, avviene nella scena della visita di David e Benji alla casa della nonna, esaurendosi in un dialogo, in polacco e broken English, amorfo e piuttosto di facciata, lontanissimo dalle possibilità surreali di uno "scontro di civilità" tra americani e autoctoni. Inoltre, nonostante le ottime interpretazioni, specie quella di Kieran Culkin (candidato all’Oscar come miglior attore non protagonista), "A Real Pain" non lascia spazio ai personaggi secondari, che restano sullo sfondo, anonimi, come quello di Marcia, interpretato dalla rediviva Jennifer Grey, che avrebbe potuto allargare lo sguardo e offrire un’interpretazione esterna al rapporto tra i due cugini.


28/02/2025

Cast e credits

cast:
Jesse Eisenberg, Kieran Culkin, Jennifer Grey, Will Sharpe


regia:
Jesse Eisenberg


distribuzione:
Searchlight Pictures


durata:
90'


produzione:
Jesse Eisenberg, Ewa Puszczyńska, Jennifer Semler, Emma Stone, Ali Herting, Dave McCary


sceneggiatura:
Jesse Eisenberg


fotografia:
Michał Dymek


scenografie:
Mela Melak


montaggio:
Robert Nassau


costumi:
Malgorzata Fudala


musiche:
Erick Eiser


Trama
Il viaggio in Polonia dei due cugini americani, David e Benji, alla ricerca delle origini della loro famiglia ebraica, è un'occasione per riscoprire il loro difficile rapporto.