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recensione di Diego Testa
7.0/10

2010, Grecia. Una coppia americana, Beckett e April, è in vacanza mentre sullo sfondo si svolgono le elezioni nazionali nel cui moto nervoso si muovono poli opposti ben precisi, tra Alba Dorata e il suo possibile antidoto liberale. Politica e tensioni realmente accadute, ma anche personaggi storici di finzione, nel secondo film di Ferdinando Cito Filomarino, "Beckett" che inserisce il thriller, declinazione manhunting, in una cornice storica quasi-reale, a un passo dal documentato e sempre sulla fragile linea di una rappresentazione tangibile eppure di genere, come un "Apocalypto", ma senza l’epica e la grandeur hollywoodiana di Mel Gibson. I riferimenti di genere rimangono chiari fin da principio: il thriller anni Settanta tra Alan J. Pakula e Sydney Pollack.

La prima tensione di "Beckett" sta nelle iniziali battute di un melodramma che delineano un protagonista emotivamente dipendente dalla sua donna, dal carattere irresoluto rispetto ad April, la figura chiave e propulsiva della coppia. Un elemento di scrittura che pone Beckett in una felice subalternità che si scomporrà in una singolarità perduta, successivamente alla morte di lei, negli spazi aspri della natura puntellata dalle rovine prima, e nel cemento di Atene poi. 
"Beckett" si avvinghia al suo protagonista, ritraendolo in ogni inquadratura, perno prioritario del punto di vista di ogni movimento di camera: che siano piani, campi o le soggettive, Filomarino sottolinea la condizione sperduta di Beckett con la focalizzazione interna fissa, eppure sempre perfettamente osservato e inseguito. A livello produttivo questa fissità sul protagonista è anche un modo per nascondere un budget contenuto, pur non facendo mancare al film il respiro di un’ottima produzione1.

Il moto costante, in un ritmo soltanto parzialmente serrato e sostenuto da accelerazioni e frenate di Walter Fasano al montaggio ("Suspiria"), fluisce in un muoversi di sfondi paesaggistici inerti, grigi e puri, sottintendendo la dispersione geografica di un cittadino statunitense che cerca di raggiungere l’ambasciata americana in un crescendo di violenza e cospirazioni. Fasano recupera uno sguardo d'insieme sugli ambienti e sulla condizione del protagonista, preferendo alla frequenza degli stacchi il lungo minutaggio di ogni scena, ampliando la sensazione di precarietà attraverso la sospensione del tempo, mentre le musiche di Ryūichi Sakamoto sembrano allontanarsi dall'immagine, tra diffuse melodie ambient e spasmi elettronici.
Il punto di vista prediletto da Fasano è certamente in funzione di Beckett, ma profondamente guidato dall’esterno: si nota una sottile osservazione non partecipante che si limita a essere percepibile, mai a commento della fuga del protagonista. Dunque è la vista sui contesti e sulle situazioni a guidare Beckett e con lui lo spettatore, portandoli in un indeciso mondo contemporaneo tra realtà (la foto di Obama, Alba Dorata) e finzione.
Di questa definizione realistica partecipa la preziosa collaborazione del direttore della fotografia Sayombhu Mukdeeprom ("
Lo zio Bonoomee che si ricorda le vite precedenti", "Chiamami col tuo nome") il cui stile naturalista e quasi completamente asservito ad ambienti illuminati dalla luce del giorno imprime una flessione cruda alla rappresentazione, non opprimente o estatica, ma profondamente neutrale, sottolineando l’osservazione dall’esterno appunto, contribuendo alla sensazione che siano Beckett e il sentore di rivolta sociale a rendere gravi e afflitti i luoghi urbani e rurali.
 
"Beckett" è la storia di un johndoe in divenire, schiacciato dalle incertezze e dall’indefinibilità degli accadimenti, annegato nella contrastante funzione dell’onnipresente aumentata profondità di campo che ha la funzione di rendere nitidi i componenti del profilmico.
"Beckett" si muove tra la testimonianza dei contesti (sociali, politici) in rivolta, come testimonia la fase 
Distruzione del ciclo di dipinti Thomas Cole nell’ufficio americano, e la loro materiale concretizzazione action. Un continuo spostamento di senso che passa dall’archiviazione di ogni passo del protagonista, persino in un obitorio, alla sua repentina trasformazione in eroe che non può sottrarsi al mutamento (con conseguente ampliamento delle possibilità di azione sul finale, forse esagerando la credibilità fino ad allora costruita).
Azione di genere o portata realistica? Un compiuto passo tra le due dimensioni, credibile quanto basta a patto di far tendere nei momenti giusti le corde della sospensione d’incredulità.


1 Filomarino, per aumentare la sensazione di realismo e immersione, ha girato scene come l’affaccio sullo strapiombo in luoghi reali, evitando l'utilizzo del green screen.


08/09/2021

Cast e credits

cast:
John David Washington, Vicky Krieps, Alicia Vikander, Boyd Holbrook


regia:
Ferdinando Cito Filomarino


titolo originale:
Beckett


distribuzione:
Netflix


durata:
108'


produzione:
Frenesy Film Company, MeMo Films, Rai Cinema, RT Features, Wise Pictures


sceneggiatura:
Kevin Rice


fotografia:
Sayombhu Mukdeeprom


scenografie:
Elliott Hostetter


montaggio:
Walter Fasano


costumi:
Giulia Piersanti


musiche:
Ryūichi Sakamoto


Trama
Una coppia è in viaggio in Grecia, provincia di Atene, mentre in città scoppia la rivolta contro le forze di estrema destra. Beckett, rimasto solo, deve fuggire dalle forze dell'ordine che lo vogliono morto.