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5.0/10

Sissako esibisce in “Black Tea” una forma estetizzante e incentrata sul rapporto aptico, tattile fra sguardo spettatoriale e immagini, determinato dalla prevalenza accordata alle superfici e alla materialità delle immagini. Basti pensare alla prima inquadratura, raffigurante il drappeggio del tessuto bianco immacolato di una sposa, su cui si trova un insetto nero intento a percorrerlo, caratterizzato dunque da un colore contrastante e opposto al vestito, tale da esaltare entrambi. Oppure le numerose scene realizzate ponendo un vetro o una superficie (di nuovo!) trasparente fra la macchina da presa e gli attori, su cui sovente la regia è attenta a catturare riflessi e sovrapposizioni di luci e di colori (immagine 1). È questa attenzione ipertrofica alla forma, incentrata sulla preferenza accordata a trasparenze e riflessi, a suggerire una vicinanza al calligrafismo e all’uso, sfumato e sovrapposto, dei colori operato da Wong Kar-Wai.

Immagine 1

“Black Tea” si divide fra una forte omogeneità stilistica e una narrazione, al contrario, caotica e dispersiva. Se il primo aspetto si manifesta nel marcato calligrafismo e nella prevalenza di inquadrature frontali ai soggetti ripresi, fisse o caratterizzate da lenti movimenti, il secondo si concretizza in una narrazione frantumata in mille pezzi. Sissako conduce lo spettatore dal matrimonio interrotto sull’altare da Aya al languido rapporto con Cai, il proprietario della bottega di tè che conduce la protagonista ad un’educazione gustativa (l’olfatto e il palato negli assaggi della bevanda) ma anche sentimentale, nella forma di un erotismo suggerito e mai davvero espresso fino in fondo (immagine 2). Il film si divide anche fra riprese che documentano la comunità africana, chiamata “Chocolate City”, nella città cinese; inserti comici come i siparietti della ragazza che gestisce il negozio di fronte alla bottega di Cai, intenta a spostare ossessivamente merce e cartelli pubblicitari; oltre a sequenze dei flashback onirici, incentrati sui (reali o immaginari?) tradimenti di Cai con una precedente assistente di colore.

Immagine 2

“Black Tea” è quindi un film incompiuto per via della narrazione, frastagliata fra più spunti e priva di un centro nodale, oltre che a causa della ricerca formale: quest’ultima è interessante e ammaliante nei risultati ma completamente svincolata da un contenuto che contribuisca ad esprimere e che, dunque, ne giustifichi l’esistenza.


18/05/2025

Cast e credits

cast:
Chang Han, Michael Chang, Wu Ke-xi, Nina Mélo


regia:
Abderrahmane Sissako


distribuzione:
Academy Two


durata:
111'


produzione:
Archipel 35, Arte France Cinéma, Cinéfrance, Dune Vision, Gaumont, House on Fire, Red Lion, Wassakar


sceneggiatura:
Abderrahmane Sissako, Kessen Tall


fotografia:
Aymerick Pilarski


scenografie:
Véronique Sacrez


montaggio:
Nadia Ben Rachid


costumi:
Stacey Berman


musiche:
Armand Amar


Trama
Dopo aver abbandonato il promesso sposo sull’altare, Aya si rifugia a Guangzhou, città del sud della Cina, per imparare l’arte del tè da Cai, seducente e affasciante proprietario di un’importante bottega di questa bevanda.