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recensione di Mario Vannoni
4.0/10

Siamo giunti (da qualche film oramai, a dire il vero) al punto in cui per fruire di un nuovo prodotto Marvel è necessario conoscere a menadito l’intero percorso narrativo del MCU. Non fraintendete, è chiaro che all’interno di un universo cinematografico seriale ogni opera vada a costituire un tassello su cui costruire le premesse e i presupposti di quelle successive, ma ci ritroviamo in una situazione nella quale qualsiasi dettaglio di sceneggiatura di un film, serie, arco narrativo parallelo possono diventare determinanti all’improvviso.

Giusto per fare un esempio che riguarda "Captain America: Brave New World" (Julius Onah, 2025): qui l’antagonista principale è Samuel Sterns (Tim Blake Nelson), un personaggio comparso un’unica altra volta nel MCU, in "L'incredibile Hulk" (Louis Leterrier, 2008), secondo film del franchise e probabilmente il meno visto di sempre. Non che conoscere il background di Sterns sia fondamentale ai fini della comprensione degli sviluppi di trama in "Captain America: Brave New World", ma resta il fatto che ci troviamo in una situazione in cui chiunque non conosca gli avvenimenti precedenti di 35 film più una decina di serie viene tagliato fuori dalla comprensione non tanto del quadro generale, ma proprio dell’opera in sé. Detto ciò, facciamo un patto. Parliamo del nuovo film Marvel lasciando da parte tutti i millemila riferimenti citazioni ammiccamenti: parliamo del film in quanto tale, dando giusto alcuni elementi di contesto utili all’analisi.

La Fase Quattro del MCU – quella che ha inaugurato la Saga del multiverso – è stata deludente sotto ogni punto di vista: qualitativo (non che i film Marvel siano mai stati portatori di qualità, ma intendiamoci: la qualità si è abbassata, soprattutto dal lato della coerenza narrativa); produttivo (Kevin Feige, presidente dei Marvel Studios e fautore del MCU, continua a spendere una marea di soldi nelle produzioni senza che però a ciò corrisponda un alto valore realizzativo, che al contrario percorre una parabola sempre più discendente); fruitivo (superato l’entusiasmo per la conclusione della Saga dell’infinito ed escluso l’evento pseudo-generazionale di "Spider-Man: No Way Home" (Jon Watts, 2021), il pubblico – non solo quello generalista, ma anche e soprattutto i fan – si è sempre più disinteressato alle sorti del franchise) e, in conseguenza del precedente, economico (gli incassi sono calati, e non di poco). Questo ha innescato una prima piccola crisi in casa Marvel, che con la Fase Cinque non ha fatto altro che acuirsi.

"Captain America: Brave New World" è emblematico del periodo che l’azienda sta vivendo. La produzione del film è stata forse la più travagliata nella storia dello studio e ciò si riflette in maniera evidente sui risultati. A dominare è la confusione, con una regia che più che seguire un percorso unitario, o quantomeno un’idea su cui strutturarlo, sembra piuttosto il frutto di un taglia e cuci messo in piedi alla bell’e meglio: continui raccordi di montaggio errati, un tono – per usare un eufemismo – incerto, oscillante tra la spy story più banale e la commedia degli equivoci, gag fuori tempo massimo che si trasformano in un cringe diffuso e, per finire, un livello tecnico decisamente basso, sia nella gestione delle scene d’azione, al limite dell’indecifrabilità, che soprattutto nell’utilizzo della computer grafica, di qualità tra le più scadenti di tutta la storia della Marvel.

E se la regia è confusa e senza personalità (perlomeno un tempo la direzione era affidata a mestieranti che sapevano portare a casa il prodotto), la sceneggiatura non è da meno. Al netto dei diffusissimi riferimenti alle pellicole precedenti, citate spesso anche con rimandi che rasentano l’imbarazzo, in generale lo scorrimento della storia è compromesso dalla totale aleatorietà delle premesse.

Due dei personaggi principali del film, Sterns e Thaddeus Ross, provengono appunto da "L'incredibile Hulk", nel quale avevano ruoli secondari. Giusto per complicare ancora un po’ la comprensione, Ross, lì interpretato da William Hurt (che è purtroppo deceduto), è ora impersonato da Harrison Ford ed è diventato Presidente degli Stati Uniti. Ci sono poi ovviamente il nuovo Captain America ed ex Falcon (su cui torneremo dopo), ovvero Sam Wilson (Anthony Mackie), e il nuovo Falcon, cioè Joaquin Torres (Danny Ramirez), senza contare il ritorno di Liv Tyler nei panni di Betty Ross, la figlia del neo-eletto presidente, la cui presenza è quantomeno incerta, dal momento che in ogni sua (rara) apparizione pare generata artificialmente e non realmente presente in scena.

Tutto ciò crea lo scenario per un film corale, in cui però i personaggi si trovano a interagire molto poco, restituendo l’impressione che la sceneggiatura sia stata scritta montando una serie di subplot tenuti assieme dal pretestuosissimo rischio di guerra globale su cui si fonda il piano del villain. Credo che anche solo rileggendo queste righe le cose siano più confuse di quanto dovrebbero. In più, nessuno dei personaggi ha un vero sviluppo, e così ci troviamo a vagare da una parte all’altra del mondo senza capire effettivamente il perché, se non quando arriva l’irrinunciabile spiegone di Sterns che svela le sue carte a Ross: il problema è che ciò accade quando il film si sta avviando alla conclusione.

Un’ultima cosa riguardo alla sceneggiatura – ma che in realtà si lega anche al marketing – e poi passiamo oltre. Non è spoiler dire che in "Captain America: Brave New World" compare Red Hulk. E non lo è nemmeno dire che Red Hulk è Harrison Ford. E non lo è perché questo è stato l’elemento su cui tutti i trailer promozionali distribuiti, a partire dal primo teaser, si sono basati per generare hype. Il fatto, tuttavia, è che la trasformazione di Ross in Red Hulk è allo stesso tempo il principale plot twist del film. In altre parole la strategia promozionale di "Captain America: Brave New World" ha disinnescato il colpo di scena in esso contenuto. Mi rendo conto dell’esigenza di inserire un qualcosa di attrattivo per portare il pubblico in sala in un periodo di magra, ma davvero non si poteva trovare un’idea migliore?

Ma veniamo ora alla questione principale: il nuovo Captain America. Il passaggio di testimone era avvenuto nel finale di "Avengers: Endgame" (Anthony e Joe Russo, 2019), con Steve Rogers che cedeva lo scudo a Wilson, il quale poi nella serie "The Falcon and the Winter Soldier" (Kari Skogland, 2021) accettava la pesante eredità. Le titubanze e i dubbi di Wilson sull’accettare il ruolo derivavano in parte anche dal suo essere un uomo normale e non un superuomo come Rogers, fermo restando il suo totale rifiuto nell’assumere il siero che lo avrebbe trasformato in un supersoldato.

Qui sta la prima differenza tra i due: Wilson si può affidare unicamente alle sue abilità, incarnando un ideale più vicino all’ordinarietà che non all’eccezionalità. Da un punto di vista rappresentativo questo scarto si è tradotto in un’azione più da spy story vecchia maniera (con i risultati che abbiamo discusso sopra), più coreografie di combattimenti e meno assurde acrobazie e impatti da effetto speciale. Ci si è dimenticati, forse, che questo resta pur sempre un film della Marvel, e il pubblico si aspetta qualcosa che va decisamente più in direzione della fantascienza/fantasy che non dell’action puro.

In più la ricaduta di casting risulta del tutto inefficace. Non si riesce nemmeno a determinare fino in fondo quanto la colpa sia dell’interprete, perché anche a fronte di una recitazione all’altezza – comunque non pervenuta e anzi difettata da una totale assenza di carisma – lo spazio, sia scenico che contenutistico, riservato a Sam Wilson non è da protagonista né tantomeno da futuro leader degli Avengers.

Per giunta "Captain America: Brave New World" sarebbe dovuto essere il film che in qualche modo avrebbe piantato le fondamenta dei futuri sviluppi del franchise, o addirittura (ma qui forse sono io ad aver calibrato male le aspettative) il film della rinascita della Marvel; invece finisce con l’essere un episodio interlocutorio, quasi una parentesi non necessaria – e non voluta – che anziché rilanciare uno dei personaggi principali del franchise e spianare il terreno per i prodotti a venire si incaglia in una storia senza mordente, inutile ai fini del progresso narrativo e incapace di proporre un modello. In una parola: anonimo.

Al netto del calo qualitativo dei prodotti del MCU, che, ripetiamolo, non è comunque mai stato il core attorno al quale l’intero progetto ruotava e ruota, il progressivo decrescere anche sul versante economico è il vero problema che sta mettendo gli studios con le spalle al muro, perché parliamo pur sempre di produzioni dal budget molto elevato, che prevedono ampie voci di spesa per i membri del cast, per il marketing, per il merchandising e per il comparto tecnico.

Il modello, a oggi, non è più sostenibile, banalmente perché agli investimenti non corrispondono più gli incassi. Tutto ciò accade soprattutto a causa di una strutturazione narrativa ormai assente, in cui ogni film o serie che sia cerca di rincorrere le precedenti con agganci pindarici e referenze interne che sfuggono anche ai più attenti, ma accade anche a fronte di una serie di scommesse perse: quella di investire sull’autorialità (vedi "Eternals", Chloé Zhao, 2021) e su incastri narrativi confusi anziché complessi (il multiverso, che più che un ciclo è diventato il pretesto per sorvolare sulla coerenza).

Al momento i soli progetti che hanno avuto un riscontro commerciale sono quelli che hanno puntato su operazioni nostalgia (vedi "Spider-Man: No Way Home" e "Deadpool & Wolverine", Shawn Levy, 2024) e che avevano al loro interno volti conosciuti e vecchie glorie della Saga dell’infinito. E forse il vero tallone d’Achille è allora l’assenza di un nuovo "star system" interno, personaggi e caratteri a cui il pubblico possa affezionarsi e sospendere la propria incredulità, anziché il contrario.


07/03/2025

Cast e credits

cast:
Anthony Mackie, Danny Ramirez, Giancarlo Esposito, Liv Tyler, Tim Blake Nelson, Harrison Ford


regia:
Julius Onah


distribuzione:
Walt Disney Studios Motion Pictures


durata:
118'


produzione:
Marvel Studios


sceneggiatura:
Rob Edwards, Malcolm Spellman, Dalan Musson


fotografia:
Kramer Morgenthau


scenografie:
Ramsey Avery, Alan Hook, Rosemary Brandenburg


montaggio:
Matthew Schmidt, Madeleine Gavin


costumi:
Gersha Phillips


musiche:
Laura Karpman


Trama
Sam Wilson, dopo aver ereditato lo scudo da Steve Rogers, è il nuovo Capitan America. Nel frattempo l'ex generale Thaddeus Ross diventa Presidente degli Stati Uniti. I due si ritrovano al centro di una crisi diplomatica internazionale innescata dai piani di Samuel Sterns.