Ondacinema

recensione di Mirko Salvini
8.0/10
Non è detto che i cinefili o comunque gli appassionati della Settima Arte siano per forza di cose degli inguaribili romantici, ma sicuramente chi segue il cinema ne ha viste tante di storie riguardanti grandi o primi amori. "Chiamami col tuo nome" di Luca Guadagnino, uscito in questi giorni nelle nostre sale dopo avere girato per vari mesi nei vari festival riscuotendo accoglienze ottime e ricevendo candidature a premi importanti (non ultime, le quattro nomination all'Oscar appena annunciate), racconta appunto del primo innamoramento importante di un adolescente. Tratto da un libro dello scrittore statunitense André Aciman, ambientato nella Liguria dei primi anni Ottanta (ma Guadagnino ha trasferito la scena nella Lombardia che l'ha adottato), l'ultima fatica del regista di "Io sono l'amore" vede al centro il giovane Elio Perlman (l'apprezzatissimo Timothée Chalamet, giustamente in corsa anche lui per la statuetta hollywoodiana se non altro per la spavalderia regalata a un personaggio che altri avrebbero dipinto come introverso), che passa la stagione calda nella casa cosmopolita degli intellettuali genitori, in compagnia degli amati libri, della musica e dell'amica parigina Marzia (la figlia d'arte Esther Garrel che si fa notare, anche grazie alla bella chimica col giovane Chalamet).

Le cose cambiano quando arriva Oliver, uno studente universitario (Armie Hammer, forse un tantino maturo per il ruolo ma perfetto come oggetto del desiderio, grazie a quell'aria da "movie star" che peraltro non mancano di sottolineare durante il film) arrivato dall'America per una vacanza studio durante la quale sarà assistente del professor Perlman, padre archeologo di Elio. Tutti sembrano impazzire per lui, giusto il diciassettenne non sembra gradire troppo la sicurezza del nuovo ospite, ma le cose cambiano rapidamente e tra i due comincia a nascere qualcosa. Un sentimento per Elio nuovo, per Oliver forse no (malgrado un flirt con una ragazza locale e una fidanzata in America che lo sta aspettando), fatto di complicità e tenerezza, destinato a interrompersi col ritorno dello studente in patria, ma non prima di essersi concessi una breve vacanza e ad avere condiviso momenti che renderanno quell'estate molto speciale (libro e film non si soffermano più di tanto sul fatto che il legame potrebbe essere controverso, data la minore età di uno dei due). Qualche tempo dopo, una telefonata intercontinentale e un lungo primo piano ci confermeranno che anche gli amori destinati a non durare possono lasciare il segno.

Continuatore della tradizione di un cinema italiano formalmente curato e ricco di umori, che in passato ha avuto i suoi campioni in figure come Mauro Bolognini o Giuseppe Patroni Griffi, Luca Guadagnino finora in patria è stato piuttosto divisivo (all'estero invece i suoi film, anche prima di "Chiamami col tuo nome" venivano accolti con un certo favore) nonostante il suo dichiarato amore per gli autori italiani e non solo (infatti la sceneggiatura porta la firma del grande James Ivory che sognava di dirigere egli stesso l'adattamento del romanzo). Forse l'astio dei detrattori verso Guadagnino è dovuto a un percorso artistico piuttosto diverso da quello dei registi suoi coetanei e alla componente spiccatamente weird che le sue storie e i suoi personaggi di solito hanno e che non a caso in questa occasione risulta meno spiccata, nonostante qualche figura macchiettistica faccia capolino ogni tanto in Casa Perlman. Tra canzoni di Franco Battiato e musiche di Bach, senza dimenticare i bellissimi brani scritti da Sufjan Stevens appositamente per il film, il coming of age viene realizzato con un occhio al Bernardo Bertolucci di "Io ballo da sola" e un altro al ciclo delle stagioni di Eric Rohmer e il valente direttore della fotografia tailandese Sayombhu Mukdeeprom (noto per il suo sodalizio con Apichatpong Weerasethakul, ma che con Guadagnino ha anche lavorato nel successivo "Suspiria") immerge il tutto in un'atmosfera adeguatamente luminosa e sospesa. Per i detrattori del film il tutto sarebbe scontato, ma in effetti stiamo parlando della scoperta dell'amore da parte di un ragazzo, quindi è normale notare che siano cose già raccontate, l'importante è semmai il modo delicato seppur manierato in cui il regista lavora. Basti pensare a quando Hammer massaggia delicatamente e spontaneamente i piedi di Chalamet, momento assai più efficace e significativo della già proverbiale scena della pesca.

Non si può parlare di "Chiamami col tuo nome" senza avere speso qualche parola sui genitori di Elio, il professor Perlman e la moglie Annella, interpretati dal bravissimo Michael Stuhlbarg e dalla splendida Amira Casar. Discreti, attenti, saggi, rispettosi, osservano le vicissitudini del figlio e lo sostengono senza intromettersi, ma soprattutto senza giudicarlo. Il cotè intellettuale dei due rende il tutto piuttosto attendibile, ma non è difficile immaginare che il regista e i suoi collaboratori abbiano visto in loro una versione idealizzata delle figure genitoriali che nell'Italia degli anni Ottanta (ma come altrove e in tempi anche più vicini) doveva essere tutt'altro che scontata. Non sorprende quindi che uno dei momenti più apprezzati del film sia il dialogo (quasi monologo in effetti) prefinale tra padre e figlio, dichiarazione di incondizionato amore paterno che difficilmente può lasciare indifferenti.

26/01/2018

Cast e credits

cast:
Timothée Chalamet, Armie Hammer, Michael Stuhlbarg, Amira Casar, Esther Garrel, Victoire Du Bois, Vanda Capriolo


regia:
Luca Guadagnino


titolo originale:
Call Me by Your Name


distribuzione:
Warner Bros.


durata:
132'


produzione:
Frenesy Film Company


sceneggiatura:
James Ivory, Luca Guadagnino, Walter Fasano


fotografia:
Sayombhu Mukdeeprom


scenografie:
Samuel Deshors


montaggio:
Walter Fasano


costumi:
Giulia Piersanti


musiche:
Sufjan Stevens


Trama
Un diciasettenne nella Lombardia dei primi anni Ottanta scopre l'amore grazie ad uno studente universitario americano in vacanza studio
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