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recensione di Diego Capuano
7.5/10

Tante sono le piccole e grandi città che possono rivendicare una propria sfera favolistica. Miti e leggende o derivazioni da celebri storie letterarie, icone locali o figure che nei secoli hanno attraversato i continenti. Fiabe da ogni dove per cullare il nostro spirito più sognante, ma quando si accendono le luci di Parigi è tutta un’altra storia. Attraversiamo gli Champs-Élysées, in battello navighiamo sulla Senna, saliamo e poi scendiamo le scale de la rue Foyatier a Montmartre, rimiriamo la torre Eiffel da svariati punti della città, ci fermiamo ai piedi della cattedrale di Notre-Dame, fino alle prime luci dell’alba. Parigi non ha bisogno, allora, di scavare in scrigni segreti alla ricerca di leggende. Un po’ come accadeva in "Midnight in Paris" di Woody Allen quando, al calar della sera, per il protagonista Gil aveva inizio l’approdo nei meravigliosi anni 20. Tra salotti letterari e azione al ritmo di can-can, Gil avrebbe potuto incrociare la piccola Dilili, giunta nella capitale francese alle soglie del 1900.

Dal continente africano a quello asiatico fino alla fantasiosa Francia medievale: nell’unire i puntini, è come se l’ambientazione parigina fosse risultata un approdo naturale di tutte le storie precedentemente narrate da Michel Ocelot. Dilili è senz’altro una sorellina di Kirikù, ma da mulatta franco-canaca - critica la sua condizione, in quanto etnia respinta dai bianchi perché troppo nera e dai neri perché troppo bianca - diventerà un emblema di abbattimento di razze e barriere. La presenza, la presentazione e gli ingressi in vari ambienti sono fronteggiati dalla bambina con fare gentile e affabile: Dilili specifica di volta in volta che è "molto lieta di fare la conoscenza" di turno. Nel sondare la materia antropologica semplicemente accostando la bambina con l’adulto, Ocelot rivelerà l’altra tematica della sua opera: quella della condizione femminile, vittima di soprusi e violenze, radicata certamente in paesi e culture marginali e poco raccontate, ma al contempo ben salda anche in nazioni e civiltà che si vorrebbero sviluppate in modo compiuto. Il razzismo e la misoginia possono dunque essere spiegate ai bambini, morali inglobate in una storia avventurosa, in una canzoncina educativa, senza per questo sacrificare la raffinata e incantatoria componente visiva.
L’autore responsabilizza il suo ruolo raccontando il bene e il male a grandi e piccini, distinguendoli ma anche evidenziando le contraddizioni delle singole posizioni. Le panoramiche che tracciano le coordinate contenutistiche vengono delineate attraverso un costante moto capace di attraversare la meravigliosa Parigi: come una guida che sviluppa e propone sulla tela del grande schermo le bellezze della città, Dilili e il giovane fattorino Orel si muovono sul triciclo di quest’ultimo, artisti-viaggiatori, sempre alla ricerca di una scenografia, di una prospettiva, di indizi per imparare e portare avanti la narrazione a uno step successivo.

La struttura è quella di un gioco dell’oca a cielo aperto, ideale variabile in versione didattico-infantile di "Le Pont du Nord" di Jacques Rivette: l’elemento che vale come prova porta man mano ad un avanzamento della trama, dove una lieve ma perdonabile farraginosità – sommata a una vicenda che parte velocemente, senza una limpida e robusta introduzione - vale come unico limite di una pellicola che predilige l’addizione delle molte suggestioni a una incalzante fluidità narrativa. O è forse una volontà di saper restituire, specie a un pubblico infantile, una visione in grado di farsi antidoto contro la freneticità dell’odierna animazione e contemporaneamente un audiovisivo da sfogliare per appropriarsi di squarci culturali alti ma non intellettualistici: l’ampio ventaglio di nomi e volti noti di artisti dell’epoca faranno la gioia di elettrizzati adulti e, ci si augura, incuriosiranno l’immaginario di giovani generazioni.

Se, come si diceva, Parigi non necessita di invenzioni inedite per spiccare il volo della fantasia, Ocelot applica un metodo che in principio può spiazzare ma che, col trascorrere dei minuti, renderà l’esperienza ancor più personale: i luoghi, le scenografie abitate dai personaggi animati in 3D sono in molte occasioni fotogrammi di Parigi che lo stesso autore ha fotografato nel corso di quattro anni, vagando ed esplorando la città in lungo e in largo, dalle nobili istituzioni alle fogne sotterranee. Immagini poi ritoccate, qua e là dipinte, rese vive dalla sovrapposizione di Dilili e i suoi amici, per un risultato di encomiabile e partecipe perizia tecnica.
Abbiamo ancora e avremo sempre bisogno di un’animazione colta e gentile, di una fiaba e di una morale, del sapere e del ricordo. E con gusto ed entusiasmo fanciullesco di tramandare ciò a tante piccole Dilili.


27/04/2019

Cast e credits

regia:
Michel Ocelot


titolo originale:
Dilili à Paris


distribuzione:
Bim Distribuzione, Movies Inspired


durata:
95'


produzione:
Nord-Ouest Films, Studio O, Arte France Cinema, Mars Films, Wild Bunch, Artemis Productions, Senator


sceneggiatura:
Michel Ocelot


montaggio:
Patrick Ducruet


musiche:
Gabriel Yared


Trama
Nella Parigi della Belle Époque, con l’aiuto di un giovane fattorino, la piccola canaca Dilili indaga su una serie di rapimenti misteriosi in cui sono coinvolte alcune bambine. Nel corso delle indagini incontreranno personaggi straordinari che li aiuteranno fornendo loro gli indizi necessari per scoprire il covo segreto dei Maestri del Male, i responsabili dei rapimenti.