commedia | Francia (2024)
Il font dei titoli di testa di Quentin Tarantino, gli accesi colori di Pedro Almodovar (in particolare la palette di "Pepi, Luci, Bom"), le principali svolte narrative di "Volver", le riflessioni teoriche di "La finestra sul cortile". Una delle protagoniste, Ruby, che è una cam-girl nelle cui sessioni gli uomini aprono tutto se stessi (come in "Parigi, 13arr."). Un’altra, Élise, che invece è un’attrice con in programma il suo primo film per il grande schermo, in cui sarà una musa per un pittore (easter egg di "Ritratto della giovane in fiamme"). Ancora, un momento di ballo come cementificazione dell’unità tra le protagoniste ("Bande de filles").
Scusateci se questo elenco vi sembra bulimico: sono solo alcuni dei titoli e registi che vengono citati o direttamente ripresi in "Le donne al balcone", secondo lungometraggio da regista di Noémie Merlant, scritto in collaborazione con la cineasta Céline Sciamma, che l’aveva lanciata come interprete in "Ritratto della giovane in fiamme". Un calderone in cui mescolare materiali differenti e cucinare un pasticcio (pun intended).
In una calda estate a Marsiglia, tre giovani donne, Ruby, Élise e Nicole, si ritrovano dal loro balcone a attrarre le attenzioni di un affascinante e misterioso uomo che vive nel palazzo di fronte.Quest’ultimo le invita a casa sua per un drink: le tre accettano, fanno la sua conoscenza ma presto qualcosa va storto. Seguono rocambolesche avventure per porvi rimedio.
Una delle prime scene di "Le donne al balcone" mostra Ruby e Nicole spiare l’uomo col binocolo descrivendo le sue bellezze, mentre quest’ultimo si affaccia dalla finestra a petto nudo. Ribaltamento del male gaze (qui l’uomo è oggetto del desiderio) e, nel rifarsi a "La finestra sul cortile", esplicitazione del carattere metatestuale implicito nel capolavoro di Hitchcock. Nicole stessa, non a caso aspirante scrittrice, spiega a Ruby (e indirettamente allo spettatore) che la visione a distanza lascia spazio all’immaginazione, alle molteplici possibilità di racconto. Poco dopo, Nicole segue un corso di scrittura online, dove propone un testo da lei redatto: l’insegnante le rimprovera la destrutturazione dei canoni della narrazione, che quest’ultima fieramente rivendica.
Medesimo obiettivo anima il film stesso: un mix libero di generi e forme (la commedia, il thriller, il pulp; le risate e l’assurdo, il gore) per un inno alla solidarietà e alla libertà femminile, vanificato da come nella seconda parte la storia si focalizzi sul tema delle violenze e abusi. La confezione ibrida diventa strumento per un orizzonte di denuncia, certamente legittimo e condivisibile, portato avanti in maniera troppo semplicistica e diretta. Tutto è bianco e nero, uomini cattivi e donne buone, quest’ultime personaggi esemplari e con cui empatizzare, anche quando si macchiano di atti non altrettanto tali. A esplicitare il messaggio non mancano poi simboli ben poco sottili e programmatiche dichiarazioni, come quella riportata poco sopra. Siamo lontani dall’ambiguità del recente "Mon crime" o dalle irriverenti giovani dei film di Sciamma.
Nel corto da lei diretto nel 2017 "Je suis un biche", Merlant racconta di una ragazza che finisce per vedere sul proprio volto i filtri che massicciamente usa sui social, in un divertente contrappasso che in due minuti di durata non lascia spazio a lezioncine. In "Le donne al balcone", invece, il fatto che Ruby si riprenda continuamente nella sua stanza per la sua attività di cam girl, è prima espressione della sua agentività (è lei a scegliere di farlo) e poi, quando questo le si ritorce contro, del suo inevitabile destino da vittima. C’è dunque un bel cortocircuito nell’operazione, che vorrebbe scardinare i pilastri di una certa rappresentazione della donna nel cinema mainstream contemporaneo per poi ricorrerci indefessamente.
L’adesione allo spirito del tempo, in particolare le istanze post-Metoo, cannibalizza ogni traettoria dell'opera. L’elemento mystery, ampiamente prevedibile. La dimensione da commedia dark/gore: le trovate comiche sono spuntate, le migliori idee sfacciatamente altrui, non bastano certo generici riferimenti macabri, lievi volgarità o la chimica tra le interpreti. E infine anche il modo in cui Merlant prova a rielaborare i modelli di riferimento. Nel finale, l’addio a un fantasma è la definitiva presa di coscienza per una donna come in "Volver", ma qui la voice over rende manifesti le colpe di lui e il percorso di lei, la morale da ricavare.
Nella nostra Pietra Miliare su "Pulp Fiction", Giuseppe Gangi notava come il citazionismo "permetta al cinema di Tarantino di compiere quel salto mortale per cannibalizzare e stravolgere la realtà. Il cinema, pensato come universo a parte, a sé stante, si sostituisce con il proprio linguaggio alla normale rappresentazione mimetica della realtà". Orizzonte diametralmente opposto a quello di "Le donne al balcone".
cast:
Lucas Bravo, Sanda Codreanu, Souheila Yacoub, Noémie Merlant
regia:
Noémie Merlant
titolo originale:
Les Femmes au Balcon
distribuzione:
Officine UBU
durata:
103'
produzione:
Nord-Ouest Films, France 2 Cinéma
sceneggiatura:
Noémie Merlant, Celine Sciamma, Pauline Munier
fotografia:
Evguenia Aleksandrova
scenografie:
Chloé Cambournac
montaggio:
Julien Lacheray
costumi:
Emmanuelle Youchnovski
musiche:
Uèle Lamore