Ondacinema

recensione di Luca Sottimano
5.0/10

"Claire, mi spaventa di più essere una nullità, dell'idea di farmi male"
(Tom Cruise in "Giorni di Tuono", T. Scott, 1990)

A partire dal suo lancio nel novembre 2019, il servizio di streaming AppleTv+ si è da subito caratterizzato, in netto contrasto con le concorrenti, per la sua proposta seriale di alta qualità (vedi ad esempio "Scissione" e "Servant"). Anche per quanto riguarda i lungometraggi, la strategia ha previsto l’assunzione di noti registi, offrendo loro un budget altrove impensabile per realizzare i propri desiderata e garantendo una regolare uscita nelle sale ("Killers of the Flower Moon", "Napoleon"). Dal 2024, ha poi cercato di raggiungere il grande pubblico con progetti più mainstream, rivelatisi flop di pubblico e critica ("Argylle"). Tendenza acuita nell’ultimissimo periodo, con l’arrivo direttamente in streaming di "Fountain of Youth", blockbuster d’avventura accolto negativamente e definito come "il primo titolo Apple che sembra uno di Netflix": un grande film commerciale che, fallendo, cerca di essere degno delle grandi opere di un tempo (alla stregua di "Red Notice"). Un mese dopo, ecco arrivare al cinema "F1-il film" che AppleTv+ ha prodotto con Warner Bros. al costo complessivo di oltre 300 milioni di dollari (tenendo conto di sgravi fiscali e ingenti sponsor). Un titolo realizzato da un team di successo, con una formula collaudata e l’obiettivo di riscuotere altrettanto successo, lanciato nell’estate statunitense, una gara ricca di blockbuster. Aspettando il responso del botteghino, quello della critica è stato generalmente positivo. Ci sentiamo di dissentire.

"F1 – Il film" sta a "Giorni di tuono" come "Top Gun: Maverick" sta al primo "Top Gun". Ad accomunare i quattro titoli citati c’è il produttore Jerry Bruckheimer, autore di "F1" molto di più dello sceneggiatore Ehren Kruger e del regista Joseph Kosinski, i quali non ripropongono quanto di buono fatto con "Top Gun: Maverick". Sonny Hayes (Brad Pitt), ex promessa della Formula 1 che trent’anni prima era andato incontro a un grave incidente causato da un suo azzardo, viene raffigurato in prima battuta come un maverick, un cane sciolto, un pilota indomito che non esita a fare bravate e scorrettezze per vincere. All’inizio della storia viene richiamato in pista dal caro amico ed ex compagno di corse Ruben Cervantes, proprietario della scuderia Expensify APXGP (Javier Bardem, in un ruolo che ricalca quello di Robert Duvall in "Giorni di Tuono") a far parte del suo team per salvarlo dal fallimento, dovendo fare squadra col giovane Joshua Pearce (Damson Idris), con il quale prima si scontra, dentro e fuori la pista, e poi finisce per allearsi come mentore. Le coordinate narrative di "Giorni di Tuono" si aggiornano alle riflessioni sulla vecchiaia e divario generazionale di "Top Gun: Maverick", con una simile perizia nella messa in scena ma senza quel livello metatestuale, riscontrabile nel divismo di Tom Cruise e nel significato di nostalgia, che rendevano il titolo del 2022 un’operazione postmoderna.   

Come gli stessi dialoghi non fanno che sottolineare più volte, Sonny viene caratterizzato anche come un cowboy, uomo d’altri tempi che segue il proprio istinto, la cui auto da corsa equivale al cavallo, la velocità all’imprescindibile violenza, e che alla relazione sentimentale preferisce nel finale le avventure solitarie nel deserto, in una connotazione del tutto classica (da più parti si è sottolineato il rimando a "Il cavaliere della valle solitaria"). Come in quest’ultimo, nella parte centrale il protagonista riesce a integrarsi nella società (qui intesa come scuderia) e a perseguire il bene comune (inteso come vittoria e profitto economico dei suoi superiori). I suoi ideali anacronistici trovano spazio in quelli contemporanei, trascendendo il contrasto connaturato nel cinema moderno, vedi ad esempio i "Misfits" di John Huston (in Italia "Gli Spostati") o il "Midnight Cowboy" di John Schlesinger (in Italia, "Un uomo da marciapiede").

Con la presenza di Bruckheimer, e in sintonia con il suo protagonista, "F1" appare come un blockbuster che proviene da un'altra epoca, assimilabile complessivamente a "Pearl Harbour", dove contano la retorica e le grandiose scene d’azione piuttosto che la trama."F1", oltre che dai film sopra citati, riprende infatti alcune coordinate da classici film sui motori (la cronaca di un’annata di gare, gran premio dopo gran premio, da "Gran Prix"; il ritorno di un vecchio pilota dopo un incidente da "Le 24 Ore di Le Mans") e non si fa problemi a proporre snodi formulaici (la caduta prima del successo, lo scontro prima della riappacificazione), nonché personaggi monodimensionali, tra cui un villain interpretato da Tobias Menzies sfacciatamente odioso e odiabile che, quando i propri piani vanno a ramengo, va su tutte le furie. Aspetti improponibili oggi se non sotto forma di parodia, che non abita nel film, dominato da un vizio di fondo che macchia gli sforzi tecnici.

Kosinski gira il film sulle piste del Gran Premio di Gran Bretagna, con gli attori alla guida di vetture di Formula 2 e Formula 3 adeguatamente modificate e innovative tecnologie capaci di trasportare lo spettatore dentro l’abitacolo. L’effetto, estremizzando quanto mostrato dai precedenti film sui motori, è di notevole realismo e immersione: nelle scene in pista si alternano inquadrature soggettive del pilota, primi piani mentre sta guidando, riprese da vicino delle auto in corsa a oltre 300 km/h. Una resa che varrebbe la visione dell’operazione (tassativamente su grande schermo) se non fosse che il suo orizzonte è manifestamente costituirsi come un grande spot della Formula 1, come dimostra la presenza di veri e riconoscibili piloti (tra cui Lewis Hamilton, anche co-produttore) e di insistito product placement. Così, "F1" non sfrutta l’occasione di parlare di motori per parlare (anche) d’altro, come ad esempio lo scontro tra apollineo/dionisiaco incarnato dai due protagonisti di "Rush". E soprattutto viene meno il tratto comune a diversi film sui motori, l’enfasi sull’ebrezza del pericolo e il rischio di morte che delinea un’interessante ambiguità: mentre superficialmente sono racconti celebrativi, in particolare dello spirito americano, in profondità lasciano emergere le crepe del sistema, che rende uomini carne da macello, che consapevolmente rischiano la vita tutte le domeniche in gara (o nelle missioni di volo in "Top Gun"). In "F1" invece l’incidente e la tragedia sfiorata sono la leva per l’esaltazione di Sonny, del suo compagno di squadra e di tutto uno sport (o meglio, di un business). Un’opera che si vende come più realistica possibile scopre il proprio artificio, la propria essenza implausibilmente mitologica, per natura irrealistica.


25/06/2025

Cast e credits

cast:
Brad Pitt, Damson Idris, Javier Bardem, Kerry Condon, Tobias Menzies, Kim Bodnia


regia:
Joseph Kosinski


titolo originale:
F1 - The Movie


distribuzione:
Warner Bros.


durata:
155'


produzione:
Apple TV+, Jerry Bruckheimer FIlms, Dawn Apollo Films, Plan B Entertainment


sceneggiatura:
Ehren Kruger


fotografia:
Claudio Miranda


scenografie:
Mark Tildesley, Ben Munro


montaggio:
Stephen Mirrione


costumi:
Julian Day


musiche:
Hans Zimmer


Trama
Conosciuto come “la più grande promessa mai realizzata”, Sonny Hayes (Brad Pitt) è stato il talento più cristallino della FORMULA 1 negli anni ’90, fino a quando un incidente in pista non ha rischiato di porre fine alla sua carriera. Trent’anni dopo, Sonny si mantiene come pilota mercenario quando viene avvicinato dal suo ex compagno di squadra Ruben Cervantes (Javier Bardem), proprietario di una squadra di FORMULA 1 in difficoltà e sul punto di fallire. Ruben riesce a convincere Sonny a tornare in FORMULA 1 come ultima speranza per salvare la squadra e affermarsi come miglior pilota al mondo. Sonny correrà al fianco di Joshua Pearce (Damson Idris), giovane talento esordiente determinato a dettare le sue regole all’interno del team. 
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