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recensione di Rudi Capra

Fantasia Disney

Walt Disney’s "Fantasia"

Fin dagli albori, l’uso pioneristico del linguaggio musicale costituì una delle ragioni principali del successo clamoroso delle produzioni Disney. Già nel primo cortometraggio animato sonoro, "Steambot Willie" (Walt Disney, 1928), si ravvisa una sincronizzazione aggressiva di musica e immagini, passata alla storia come mickeymousing. Il mickeymousing, secondo Chion, "consiste nel sottolineare e accompagnare le azioni e i movimenti che avvengono nelle immagini del film mediante figure e azioni musicali esattamente sincrone, che possono al tempo stesso esprimere rumori, stilizzati e trasposti in note musicali" (Chion 1990, 109), al fine di facilitare la decodificazione del testo filmico tramite un rafforzamento caricaturale e sinestesico del linguaggio audiovisivo.

La celebre serie delle "Silly Symphonies" (75 cortometraggi, 1929-1939) esplorò le rinnovate possibilità del cinema d’animazione, ma in tutto questo tempo Walt Disney non aveva mai abbandonato il sogno wagneriano di una Gesamtkunstwerk – un’opera d’arte totale (Canemaker 1988, 3). Fedele al principio che il primo dovere di un cartone animato non fosse la rappresentazione o la duplicazione della realtà, ma una caricatura fantastica che sfruttasse associazioni subcoscienti per liberare l’immaginazione (Barrier 2007, 116), Disney sognava un’originale fusione di sonorità e disegni animati che coinvolgesse più medium estetici e inducesse molteplici sollecitazioni sensoriali.

La sfida appariva complessa in un contesto culturale ancora dominato dalla rigida divisione tra high arts (musica classica, pittura, letteratura, architettura, danza) e low arts (jazz, animazione, fotografia, fumetti). Il progetto decollò dopo l’incontro in un ristorante di LA con Leopold Stokowski, direttore che aveva trasformato la modesta orchestra di Philadelphia in una delle migliori al mondo e condivideva con Disney un sentimento di curiosità ed entusiasmo verso le avanguardie e le nuove tecnologie. È proprio a Stokowski che si deve il titolo dell’opera, quel fantasia che nell’italiano del 16° secolo aveva cominciato a indicare una creazione musicale libera da schemi e ricca di improvvisazioni. E che Stokowski utilizzava colloquialmente per descrivere "la fantasia musicale di Walt."

"Fantasia" e le avanguardie

L’improvvisazione ha svolto un ruolo significativo anche nella realizzazione di "Fantasia." Nel settembre 1938 vari collaboratori dei reparti di animazione si riunirono per decidere la scaletta insieme a Stokowski e Deems Taylor, stimato critico musicale e compositore che sarebbe diventato il "cerimoniere" (ovvero il narratore-presentatore) del lungometraggio. Agli oltre mille disegnatori e tecnici fu richiesto uno sforzo continuo di riscrittura e aggiustamento delle singole scene, non di rado influenzato da decisioni estemporanee; ad esempio una delle sequenze più celebri, la danza dei funghetti nel segmento dello "Schiaccianoci," fu aggiunta su insistenza dello stesso Walt Disney a partire da un semplice schizzo.

Durante la fase iniziale Disney partecipò marginalmente, conscio della propria limitata cultura musicale, salvo serbarsi l’ultima parola sulla realizzazione delle singole sequenze. L’obiettivo comune era lanciare un’opera d’avanguardia capace al contempo di nobilitare il disegno animato e popolarizzare la musica classica, coinvolgendo figure illustri come Stravinskij e gli stessi Stokowski e Deems Taylor. Sulle prime Disney aveva persino concepito un lungometraggio "componibile," da riproporre ogni anno tramite aggiunte, rimozioni, modifiche, sostituzioni, sempre seguendo il principio rivoluzionario di un approccio sinestesico piuttosto che l’adesione alla centralità del paradigma narrativo: "We’re supposed to be picturing this music – not the music fitting our story" (Barrier 1999, 248).

Per "approccio sinestesico" si intende una poetica orientata a stimolare associazioni percettive inusuali o inedite, come suono/colore, forma/suono, movimento/colore, movimento/suono, eccetera. [1] All’alba del 20° secolo, la sinestesia era un tema dibattuto sia nei circoli scientifici che nei salotti delle avanguardie; in particolare, Vasilij Kandinskij dedicò a questo tema un’attenzione particolare, cercando di esprimere nei suoi dipinti l’autonomia e la vitalità della musica: "risulta che la migliore insegnante sia la musica, l’arte che non si è dedicata alla riproduzione dei fenomeni naturali, ma alla espressione dell’animo dell’artista e alla creazione di una vita autonoma attraverso i suoni musicali" (Kandinskij 1968, 90). Sotto, "Senza titolo" (1940) e un frame di "Fantasia."



Esiste inoltre un filo diretto che collega l’astrattismo musicale di Kandinskij a "Fantasia." L'arte di Kandinskij influì sul "cinema astratto," corrente sperimentale sviluppata negli in Germania negli anni ’20 a opera di Hans Richter, Viking Eggeling, Walter Ruttmann e l’allievo di quest’ultimo, Oskar Fischinger, che lavorò nove mesi alla sequenza "Toccata e fuga in Re minore" prima di abbandonare per divergenze artistiche con Walt Disney. Se infatti da un lato Disney desiderava un’opera avanguardista, dall’altro si preoccupava di offrire al pubblico un prodotto digeribile – a cominciare dai contenuti, confezionando una summa dei valori e della storia dell’occidente. Che tipo di summa? Sinestesica, ovviamente.

"Fantasia" come Summa Sinestesica

Come specifica lo stesso Deems Taylor nel preambolo, in "Fantasia" ci sono tre tipi di musica: musica associata a una narrazione definita e immagini definite (α), musica senza narrazione ma con immagini definite (β), musica senza narrazione e senza immagini definite (γ). In tutti e tre i casi osserviamo libere associazioni di qualità sonore (tono, timbro, volume e ritmo) e qualità visuali (luminosità, colore, movimento e scena). Ad esempio, nell’episodio 1 (tipo γ) il progressivo allontanamento di una pietra semovente è accompagnato da un’associazione sinestesica che vede decrescere luminosità e forma insieme al tono grave del fagotto. Nell’episodio 3 (tipo β), il volo degli pterodattili è sottolineato dal suono acuto dei flauti, esprimendo in un accostamento sincronico la variazione improvvisa di movimento visuale e timbro sonoro. Nell’episodio 5 (tipo α), le saette di Giove si schiantano sul terreno seguendo il ritmo di archi e percussioni, offrendo quindi un accostamento sinestesico di scena e ritmo, di luminosità e volume. [2]

Troppe e troppo varie le occorrenze per poterle esaurire, ma non si sbaglia quando si afferma che "Fantasia" offre attraverso il medium sinestesico un serrato dialogo audiovisivo sui valori, le riflessioni e i periodi significativi della storia dell’occidente. Come riportato nella tabella sottostante, le otto sequenze di cui è composto il lungometraggio esemplificano ciascuna un’idea, un paradigma culturale, un periodo storico. Ecco allora che "Fantasia" si può leggere come un autoritratto dell’occidente. Tuttavia ogni ritratto dipende da un filtro prospettico e ogni prospettiva impone alterazioni, distorsioni, deformazioni, deviazioni, corruzioni. Stiamo per addentrarci nel lato oscuro di "Fantasia."

 

N Opera Periodo  Paradigma dominante
1 J.S. Bach"Toccata e fuga in Re minore" Avanguardie Astrattismo
2 P.I. Čaikovskij"Lo schiaccianoci" Romanticismo
(fantastico)
Fiabe
3 P. Dukas"L'apprendista stregone" Medioevo Esoterismo
4 I. Stravinskij"La sagra della primavera" Preistoria Scienza
5 Intermezzo(jam session, colonna sonora) XX secolo Modernità
6 L. van Beethoven"Sinfonia Pastorale" Antica Grecia Classicità
7 A. Ponchielli"La danza delle ore" Belle époque Art pour l'art
8 M. Musorgskij"Una notte al Monte Calvo"
F. Schubert
"Ave Maria
Romanticismo
(religioso)
Religione



Il lato oscuro di "Fantasia" - autoritarismo, repressione e razzismo

Il concetto di autorità ricorre con insistenza in "Fantasia." In primo luogo è una figura autoritaria a comandare l’orchestra: Stokowski, il conduttore. Un’altra figura autoritaria, Deems Taylor, dirige e connette le sequenze, arrivando persino ad ammaestrare una scherzosa rappresentazione della colonna sonora (5). Il film si apre e chiude con l’immagine di una cattedrale nel sole, simbolo dell’autorità divina (1 e 8). Un’altra autorità divina, Giove, castiga l’irrefrenabile Bacco, richiamando all’ordine la comunità dell’Olimpo (6). Un tirannosauro si impone come dominatore del proprio ecosistema (4). Autorità è quella esercitata dallo stregone sull’apprendista (3), dal demone Chernabog sugli altri demoni (8), dalle campane su Chernabog (8). Giallo è il colore dell’autorità, e lampeggia negli occhi dello stregone (3), di Chernabog (8), del T-rex (4), nel carro di Febo (6), nei raggi del sole (1 e 8). “Fantasia” è insomma la risultanza di una somma di autorità diegetiche, incarnate in figure patriarcali o archetipi sacri (montagna, sole, luce, cielo, nuvole), ed extra-diegetiche, dal genio tirannico di Walt Disney alla Hays Commission che gli impose una severa censura del materiale scenico, proibendogli di mostrare il seno delle centaurette (6), e il piccolo sedere di una ballerina nella suite dello Schiaccianoci (2) per suscitare nel pubblico il desiderio di percepire la sessualità in un fiore. [3]

L’istanza repressiva in "Fantasia" emerge più distintamente nella Pastorale (6), dove i centauri, raffigurati come studenti dei college americani, si accoppiano seguendo un rigoroso schema cromatico mentre i deliri di Bacco si concludono con il bacio all’asicorno Jacchus (che pronunciato suona come "jackass"), un gesto che implicitamente accosta l’omoerotismo alla bestialità e la bestialità all’inesorabile castigo divino. L’intera sequenza allude all’urgenza di incanalare la sessualità secondo modelli di corteggiamento istituzionalizzati e modelli di accoppiamento eterosessuali e monorazziali. L’ideologia razzista si palesa chiaramente nelle scene espunte dall’original cut in cui Otika e Sunflower, due centaurette nere con gli attributi stereotipici degli afro-americani, pettinano servilmente e puliscono gli zoccoli delle altre centaure. Da notare a questo proposito che le due ancelle di Bacco, le centaurette "nubiane," non condividono il look caricaturale di Otika e Sunflower, rivelando una concezione spregiativa della specifica minoranza afro-americana più che un razzismo sui generis, anche se la rappresentazione paternalistica e condiscendente dell’oriente e degli orientali offerta nello "Schiaccianoci" (2) risponde pienamente alla definizione di "orientalismo" (Said 1978). Mandarini, odalische e cosacchi confluiscono nel panorama apparentemente universale di "Fantasia" in quanto elementi esotici, mentre ne rimangono escluse le minoranze etniche e culturali della società statunitense: ispanici, messicani, chicanos, nativi americani (Willis 1987, 86).

"Fantasia" si configura insomma come un’opera rivoluzionaria nella forma e reazionaria nel contenuto. L’esuberanza creativa e sessuale, che assume nei vari episodi le sembianze archetipiche di un liquido – l’alluvione provocata dalle scope (3), il magma vulcanico (4), il torrente di vino (6), la fontana (7) e metaforicamente, il flusso di suoni (1 e 5) e spiriti (8) – viene celebrata solo nella misura in cui esiste una figura autorevole (e rigorosamente maschile) in grado di contenerla, plasmarla e dirigerla – Stokowski (1), lo stregone Yensid (3), l’invisibile signoria delle leggi naturali (4), Deems Taylor (5), Giove (6), il dongiovannesco Ben Ali Gator (7), Chernabog e Dio (8). Rappresentazione consapevole della dialettica di anarchia e disciplina che annuncia la genesi dell’arte, o forse allegoria involontaria del modello verticista e padronale della produzione. 

Quali che siano i difetti (numerosi) della poetica disneyana, non impediscono al critico di apprezzare l’opera. Il giudizio richiesto al critico non è etico ma, appunto, critico. Allo stesso modo in cui etnocentrismo e misoginia non ci impediscono di studiare Aristotele, delitto e violenza non ci impediscono di ammirare Caravaggio, e le accuse di pedofilia e molestie non ci impediscono di riconoscere il genio di Woody Allen, similarmente il lato oscuro di "Fantasia" non ci impedisce di riconoscere l’impatto duraturo, il piglio pionieristico e il fascino senza tempo di un capolavoro assoluto del cinema d’animazione.

"Fantasia" in pezzi

1. "Toccata e fuga in Re minore" di J.S. Bach

Senz’altro la sequenza più avanguardista. Disney ebbe l’idea di creare un film tridimensionale sin dalla visione di "A Colour Box" (L. Lye, 1935), film-esperimento che combinava colori, suoni e forme. Kandinskij e Mirò sono ispirazioni dichiarate per questo episodio che, partendo dalla ripresa di figure e strumenti dell’orchestra, mostra nell’ordine proiezioni, saturazioni, forme e paesaggi riconoscibili, astrazioni cromatiche e geometriche, fotismi, per chiudersi con una cattedrale fatta di nubi, cascate di luce e un’alba rossa davanti alla quale troneggia il profilo scuro di Stokowski. Finale che prefigura il finale del film. Sotto, Joan Mirò ("Razzo", 1959) e un frame di "Fantasia."



2. "Lo schiaccianoci" di P. I. Čajkovskij

Sei danze animate basate sui balletti della suite dello "Schiaccianoci," opera tratta da un racconto di E.T.A. Hoffmann, noto esponente del romanticismo gotico e fantastico. Lo spirito dell’episodio aderisce alla matrice romantica nell’evocazione di un cosmo naturale seducente e senziente, traboccante di fate, fiori, piante, pesci, funghi, stagioni che danzano.  Contiene una "danza russa" (cardi e orchidee), una "danza araba" (le pescioline) e una delle sequenze animate più celebri della storia, la "danza cinese" con i piccoli funghi. La "danza cinese" fu aggiunta su richiesta espressa di Walt Disney a partire da un bozzetto lasciato da parte, mentre l’idea per la "danza russa" venne in mente ai disegnatori osservando alcuni cardi nel parcheggio degli studios. Questi dettagli aiutano a comprendere come il la realizzazione di "Fantasia" procedesse in maniera estemporanea, scena per scena, attraverso uno storming di idee, stimoli e schizzi preparatori. La suite è senza dubbio l’episodio più avulso e poetico del film. L’approccio sinestesico raggiunge qui una raffinatezza mai più eguagliata, specialmente nel segmento finale "Il valzer dei fiori," dove il ritmo autunnale di arpeggi, fagotti e flauti si sposa perfettamente con la doratura, i volteggi e la caduta delle foglie.  

3. "L’apprendista stregone" di P. Dukas

Tratto da un’opera di Dukas, a sua volta ispirata a un poema di Goethe, a sua volta preso da un racconto di Luciano di Samosata, a sua volta sentito chissà dove. "L’apprendista stregone" è il nucleo originario di "Fantasia" e segna l’inizio della collaborazione tra Disney e Stokowski (1938). Per l’occasione l’animatore Fred Moore ridisegna Topolino, dotandolo per la prima volta di un paio di pupille. Secondo Willis (1987), la relazione apprendista/stregone esemplifica il rapporto schiavo/padrone nelle logiche di produzione capitaliste, mentre l’incantesimo simboleggia il dominio tecnologico che trasforma la manodopera in un proletariato robotico. Nel momento in cui il proletariato represso e automatizzato (le scope) sfugge al controllo del padrone (Topolino), è necessario l’intervento di un’autorità superiore (lo stregone Yensid). Tale lettura ovviamente fa leva sui presupposti impliciti del testo più che sull’intenzione autoriale. Comunque non è sbagliato interpretare l’episodio come una satira del dispotismo aziendale se consideriamo che Yensid, il nome dello stregone, è l’esatto contrario di "Disney."

4. "La sagra della primavera" di I. Stravinskij

Realizzato con la collaborazione del direttore dell’American Museum of Natural History e biologi, paleontologi e astronomi, e dopo avere osservato iguane e alligatori trasportati appositamente negli studios, il sesto episodio di "Fantasia" continuò per molti anni a essere proiettato nelle scuole e nei college americani come documentario sulla nascita della Terra. Ovviamente scatenò la furia dei creazionisti.
Privo di trama e ricco di scene violente, "La sagra della primavera" è il segmento più lungo del film e contiene armonie dissonanti e ritmi sfasati, in sostanziale antitesi con le altre pièce orchestrali. Stravinskij era l’unico compositore vivente tra quelli selezionati; cedette il brano per soli cinquemila dollari – gentile omaggio della Disney, perché a quel tempo i diritti d’autore valevano solo in URSS.
I rapporti con Stravinskij furono altalenanti: nel 1938 affermò entusiasta, "Non sapevo di avere scritto questa musica!", nel 1949 criticò il trattamento nip ‘n tuck operato sul concerto – sorte che, è bene dirlo, subirono quasi tutti i brani selezionati per "Fantasia." Il segmento in cui i dinosauri vagano nella polvere e strusciano il muso in pozze di fango e sabbia, in precedenza colme d’acqua, rispecchia un timore concreto della comunità in cui "Fantasia" fu concepito, la Los Angeles delle water wars raccontata magistralmente da Roman Polanski in "Chinatown" (1974).

5. "Intermezzo"

Breve jam session innescata dal contrabbasso, sviluppata da clarinetto e violino. Deems Taylor fa esibire la colonna sonora come un domatore. La colonna sonora, in origine una linea verticale bianco-azzurra, muta aspetto e colore a seconda dei suoni che le vengono richiesti. L’intera sequenza è quasi un manifesto della poetica di "Fantasia." Studi approfonditi rilevano l’esistenza di una correlazione sistemica tra suoni e immagini, sfruttando la naturale congruenza degli stimoli audiovisuali rispetto alle facoltà percettive (Cai e altri 2010; Guevara 2016).

6. "La Pastorale Sinfonica" di L. van Beethoven

In origine doveva essere "Cydalise et le Chèvre-pied" di Gabriel Pierné a musicare la sequenza. Dei significati reconditi, fra i quali sessualità, repressione e ideologia razziale, si è già parlato. In un certo senso la scelta di Beethoven, araldo della potenza e del virile splendore della civiltà occidentale, era un veicolo ideale per la trasmissione dell’ideologia conservatrice e suprematista che animava gli USA nel primo Novecento. 
Gli sfondi sono ispirati all’Art Noveau, il design dei centauri allo stile sordido ed erotizzante del simbolista Franz von Stuck. La Hays Commission impose di coprire i seni nudi delle centaure. Disney si sbizzarrì negli accostamenti cromatici: alture rosa, alberi viola, cespugli arancioni, prati celesti. Di Turi riporta l’aneddoto di un animatore che colora le tavole con una marmellata di more (2011, 76). Qui sotto, un confronto con "Centauro e ninfa" di von Stuck (1895) e "Pastorale" di Matisse (1905).




Forse l’episodio meno riuscito, non solo per il sottotesto ideologico ma anche per l’evidente scollatura tra musica e immagini, l’assenza di personaggi significativi, la debolezza della narrazione, difetti ravvisati anche da Culhane (1974).

7. "La danza delle ore" di A. Ponchielli

Ponchielli ottenne un grande successo internazionale con l’opera "La Gioconda" (1876), dalla quale è tratta "La danza delle ore." Orchestra numerosa, sonorità esuberante, fondali appariscenti, ampio cast e coreografie vistose sono i tratti distintivi della grande opéra, ripresi nel modello disneyano in chiave parodica. La danza è divisa in quattro parti: struzzi al mattino, ippopotami nel pomeriggio, elefanti al crepuscolo, alligatori di notte. Coreografie e colori seguono lo schema: al mattino passi slanciati e tinte algide, nel pomeriggio colori vividi e danze dondolanti, al crepuscolo tinte sfumate e piroette, di notte forti contrasti e le movenze sinuose e ficcanti degli alligatori.
La prima ballerina struzzo, mademoiselle Upanova, è un omaggio a Irina Baronova, che eseguì davanti ai disegnatori le cinque posizioni di base del balletto classico vestita di piume di struzzo. L’ippopotamo Giacinta posa come la Maya desnuda, Ben Ali Gator è un incrocio tra Saladino e Casanova, l’étoile Elephancine allude al coreografo e danzatore georgiano George Balanchine. La mole di elefantesse e ippopotami accentua l’aspetto comico della sequenza, pervasa di un’ironica leggerezza che "viene illustrata musicalmente sia mediante l’uso di fraseggi veloci di arpa clarinetti o violini sia attraverso ritmiche figurazioni attribuite a corni o fagotti, dal timbro più scuro ma non per questo poco agili" (Di Turi 2011, 87).



È interessante notare che il balletto, malgrado le apparenze, non abbandona mai il palco: gli esterni sono fittizi, come indicano il cielo dipinto, le fessure tra i pannelli, la luce dei riflettori che rimbalza sulle pareti, la presenza di tende e altri elementi scenici in ambienti aperti. La sequenza insomma stabilisce una differenza netta tra interni ed esterni, tra on stage e off stage, per poi negarla in maniera esplicita. La natura artificiale, ironica e auto-consapevole della messa in scena rimanda alla concezione bohémien della "arte per l’arte," ovvero l’esaltazione della creazione artistica in quanto bellezza che si auto-gratifica e auto-giustifica slegandosi da ogni pretesa didattica (moralismo), politica (marxismo), salvifica (romanticismo) e descrittiva (realismo).

8. "Una notte sul Monte Calvo" di M. Musorgskij / "Ave Maria" di F. Schubert

L’ultimo episodio si compone di due brani antitetici per sonorità e atmosfera, e che per questo risultano perfettamente complementari. L’animatore Vladimir Tytla attinse alle proprie origini per raccontare, sulle note della "Notte sul Monte Calvo," il sabba degli spiriti maligni radunati presso il monte Triglaf, Ucraina, nella notte di Valpurga, antica festa pagana che celebrava l’avvento della primavera. [4] Demoni, arpie, streghe, spettri e ogni genere di mostri si uniscono per adorare Chernabog ("dio oscuro"), controparte di Byelbog ("dio luminoso"), al quale Disney sostituirà nella seconda parte dell’episodio il dio cristiano. Per i disegni Tytla si ispirò alla pittura romantica, al cinema di Murnau, ai paesaggi montani di Hiroshige e Hokusai e al torace nudo del collega Wilfred Jackson, che servì da modello per Chernabog.
La dovizia di curve e nudi femminili lascia propendere per una lettura freudiana, in linea con l’incapacità della Disney (e forse dello stesso Disney) di gestire la dimensione matura della sessualità, sublimata in fatine, centaure, pescioline, e in questo caso in spettri muliebri e arpie che danzano a seno nudo. Da notare il segmento in cui Chernabog si disfa di alcuni demoni, plasma le fiamme in corpi femminili, li contempla estasiato finché si trasformano in maiale, lupo e capra, quindi in demoni, prima di essere di nuovo gettati alle fiamme. Lo stesso Chernabog, petrificato all’altezza dei genitali, caldera ribollente di energie magmatiche, restituisce l’immagine di un uomo deprivato della potenza sessuale, costretto alla sublimazione delle pulsioni erotizzanti tramite un ricorso nevrotico all’atto creativo. Una riedizione moderna, volendo, del mito di Pigmalione.



La tensione orgiastica accumulata durante il sabba viene placata dal rintocco delle campane. La bruma del mattino avvolge il Monte Calvo e la scena si sposta sul vicino bosco di conifere, attraversato da una processione di monache. Le luci dei ceri si riflettono sullo specchio d’acqua sottostante, duplicando la processione in un allegorico rimando alla trascendenza del regno celeste. Le fattezze di una cattedrale si scorgono in un ponte di pietra e nell’alta foresta, che lascia il posto a un’alba radiosa prefigurata nella sequenza di Bach. Disney avrebbe voluto che la proiezione di questo episodio fosse accompagnata in sala da un'effusione di incenso.
La realizzazione della sequenza richiese una straordinaria perizia tecnica. All’epoca una sequenza così lenta richiedeva infatti uno spropositato numero di disegni, e la minima sbavatura nel tratteggio causava grossolani tremolii (jittering). Il risultato finale fu così insoddisfacente che Disney ordinò di rifarlo da capo a poche settimane dall’uscita (Culhane 1999, 200-201). Gli animatori pensarono a una gru che effettuasse una carrellata orizzontale filmando i disegni su lastre di vetro mobili, ma dopo sei giorni e sei notti di lavoro ininterrotto si accorsero di aver filmato anche i supporti tecnici che reggevano le lastre. Ricominciarono da capo e miracolosamente, passati indenni anche attraverso un violento terremoto, completarono la più lunga panoramica mai realizzata fino ad allora in un lungometraggio animato, regalando un degno finale alla fantasia di Walt Disney, capolavoro insuperato del cinema d’animazione.


*Gli Autori Vari, ovvero i registi delle singole sequenze, omessi in apertura per ragioni di spazio, sono: Wilfred Jackson, Norman Ferguson, T. Hee, Ford Beebe, Jim Handley, Hamilton Luske, David D. Hand, Ben Sharpsteen, Paul Satterfield, Bill Roberts, James Algar, Samuel Armstrong.


Note

[1] Sfruttando le naturali disposizioni cognitive. L'effetto McGurk (McGurk & MacDonald 1976) testimonia che l'interpretazione di un suono dipende, almeno in parte, da aspetti visivi. L'effetto di congruenza rileva che il processo di significazione è più facile da apprendere quando gli stimoli presentano fra loro rapporti di congruenza.

[2] Furono gli studios a fare confusione, adottando i nomi degli dei romani nel contesto dell'Olimpo greco.

[3] Cito da Benzon le parole di Walt Disney (2011, 11): "A ballerina comes out – a graceful, beautiful girl – and she puts a little sex into the damn thing... When she whirls up, you see the panties and her little butt – it will be swell! The audience will rave if you can make them feel sex in a flower."

[4] Il tema del macabro era già stato affrontato dalla Disney con grande successo nell'indimenticabile "Skeleton Dance" (1929).


Bibliografia

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Chion, M. L’audiovisione suono e immagine nel cinema. Lindau, 1990

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Guevara, S. An Analysis of Disney’s Fantasia Opening Sequence:  Connections, synergies and contradictions between the image and the soundtrack. Tesi di Master, Università di Barcellona, 2016

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Kandinskij, V. Lo spirituale nell’arte. De Donato, 1968

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Willis, S. “Fantasia: Walt Disney’s Los Angeles Suite” in Diacritics 17:2, 1987


15/03/2020

Cast e credits

regia:
AA.VV.*


titolo originale:
Fantasia


distribuzione:
RKO Radio Pictures


durata:
125'


produzione:
Walt Disney Productions


sceneggiatura:
Joe Grant, Dick Huemer


fotografia:
James Wong Howe


musiche:
Philadelphia Orchestra


Trama
Otto sequenze musicate dalla Philadelphia Orchestra sotto la direzione del maestro Stokowski. Un viaggio nell'immaginario fantastico di Walt Disney, nella storia della musica e della cultura occidentale