Ondacinema

recensione di Giancarlo Usai
5.0/10

gli anni più belli

Un grosso limite della filmografia di Gabriele Muccino, almeno fino alla sua trasferta hollywoodiana, era costituito dalla mancanza di una profondità di sguardo cinematografico che potesse imprimere sulla pellicola un ricordo durevole. Tutta quella congerie di emozioni esasperate che i suoi protagonisti provavano, ossessioni, dubbi, paure, recriminazioni, rimorsi, tutto portava sempre inesorabilmente a un finale di storia apertamente programmatico: la vicenda non finiva bene, non finiva male, finiva semplicemente con un dubbio insinuato in modo autocompiaciuto, quasi a voler apporre in calce all'opera una firma che confermasse una cifra di scrittura e di stile diventata fin troppo riconoscibile. Nonostante l'esperienza Oltreoceano sia stata caratterizzata da alcuni lavori dimenticabili e un solo film riuscito (il primo, "La ricerca della felicità"), probabilmente le complessità dell'industria californiana hanno insegnato qualcosa a Muccino, nella sua doppia veste di regista e autore di se stesso. Al suo ritorno alle origini, infatti, soprattutto negli ultimi due film, "A casa tutti bene" e, per l'appunto, "Gli anni più belli", il cineasta romano ha maturato una visione dell'opera più stratificata che, al netto dei suoi endemici difetti, riesce a condurre lo spettatore fino ai titoli di coda con un senso di compiutezza finalmente autentico.

Se nel lungometraggio di due anni fa Muccino si concedeva il lusso di lasciarci con un senso di amarezza e di pessimismo verso il futuro, stavolta, con una virata di 180 gradi, è all'estremo opposto che decide di puntare come destinazione finale del racconto. "Gli anni più belli", dichiarato omaggio a "C'eravamo tanto amati" di Ettore Scola, meno dichiarato a "Una vita difficile" di Dino Risi e in generale "figlio illegittimo" di tutta la nobile tradizione della commedia all'italiana, dopo una durata fluviale di oltre due ore, si chiude con un messaggio di pacificazione, una sorta di perdono generale che l'autore fa cadere sui personaggi da lui creati: i dissidi, i rancori, le differenze socio-culturali cedono il passo a un motto finale condiviso da tutti, quel brindisi "alle cose che ci fanno stare bene" che quasi va a sublimare tutto il frastagliato (e sofferto) percorso artistico del regista, cominciato 22 anni fa con l'adolescenziale "Ecco fatto". In questo racconto corale che abbraccia quarant'anni di vita italiana (dagli anni 80 al secondo decennio del Nuovo Millennio), ancora una volta, le ambizioni autoriali più nobili sono solo uno specchietto per le allodole: a Muccino, ancora una volta, interessa rivendicare quasi con orgoglio la sua appartenenza borghese e le sue preoccupazioni personali. I suoi personaggi, a differenza di quelli creati da Scola, vedono la Storia passare loro accanto senza che questa abbia alcuna influenza sulle loro vicende. Il cammino di Paolo, Giulio e Riccardo, nell'incrociare la fatale Gemma e le altre donne della vita (interpretate da Emma Marrone e Nicoletta Romanoff), è un periglioso sentiero attraverso tutte le tappe del dolente percorso di crescita cui Muccino ci ha abituato lungo la sua filmografia: le turbe degli adolescenti, la paura di crescere dei trentenni, la crisi esistenziale dei quarantenni, fino ai bilanci di metà vita dei cinquantenni, vera novità, dopo tutto, rispetto alle pellicole precedenti. Sarà per questo, forse, che il film va in crescendo per quanto concerne la capacità di coinvolgere emotivamente. Ci sono tre parti in cui possiamo dividere il film. Una prima parte in mano ai giovani attori che interpretano i protagonisti da ragazzi, vero fallimento di tutto il lungometraggio, durante la quale Muccino dà libero sfogo ai luoghi comuni del suo cinema, senza alcun filtro: le urla, i sospiri, i pianti disperati, le liti furiose e gli improvvisi slanci affettuosi, tutto è elevato a stile di vita ordinario, a unico modo di inquadrare in scena le vicende e le relazioni. Nella seconda parte, le vicende dei quattro (con l'ingresso in scena di Kim Rossi Stuart, Pierfrancesco Favino, Claudio Santamaria e Micaela Ramazzotti) si fanno più complesse, anche se è qui che Muccino soffre maggiormente il modello scoliano. Altro che libero omaggio! I personaggi rischiano di diventare fin troppo spudoratamente i calchi dei loro illustri predecessori. Paolo, romantico e perdente, è il novello Antonio (era allora Nino Manfredi); Giulio è l'avvocato sceso a patti con la realtà mutata rispetto alle pulsioni rivoluzionarie della gioventù (e qui il ricordo non può che correre al Gianni Perego di Vittorio Gassman); infine Riccardo, impegnato politicamente in modo alquanto confuso e sconclusionato, è la versione rivista e aggiornata di Nicola, l'intellettuale "fracico" interpretato da Stefano Satta Flores.

Ma, come si diceva, Muccino non ha la forza e, forse, neanche la voglia per fare de "Gli anni più belli" un film che, come quell'indimenticabile capolavoro del nostro cinema, racconti come l'evoluzione del costume e della società italiana possa crudelmente intervenire anche nelle dinamiche dei rapporti d'amore e d'amicizia. Egli è, più semplicemente, ossessionato dal tempo, inteso nel senso più privato e intimo del termine. Questi uomini e donne sono assillati dall'impossibilità di fare le cose prima che sia troppo tardi, amare, avere successo, sentirsi esseri umani compiuti pienamente. Insomma, dietro la forma rivista e corretta, Muccino è sempre lui: ancora carrellate, macchina da presa nervosa, scrittura sopra le righe e montaggio frenetico. Tutto amplificato, artefatto, drammatizzato a dismisura. Ecco perché salviamo e applaudiamo il finale, caratterizzato da una scelta da vero autore, coraggiosa e sorprendente: dopo due ore di corsa a perdifiato lungo strade e scale, i protagonisti si siedono a tavola e ricordano. E con il ricordo, e la dolcezza insita nell'azione del ricordare, lo spauracchio del tempo sembra meno spaventoso. Se questo finale apre a un nuovo corso della carriera di Muccino non è al momento dato saperlo. Ma c'è da augurarselo.


15/02/2020

Cast e credits

cast:
Pierfrancesco Favino, Micaela Ramazzotti, Kim Rossi Stuart, Claudio Santamaria, Emma Marrone


regia:
Gabriele Muccino


distribuzione:
01 Distribution


durata:
129'


produzione:
Lotus Production, Rai Cinema, 3 Marys Entertainment


sceneggiatura:
Gabriele Muccino, Paolo Costella


fotografia:
Eloi Molí


scenografie:
Tonino Zera


montaggio:
Claudio Di Mauro


musiche:
Nicola Piovani


Trama
La storia di quattro amici – Giulio, Gemma, Paolo, Riccardo – raccontata nell’arco di quarant’anni, dal 1980 a oggi, dall’adolescenza all’età adulta...