Ondacinema

recensione di Antonio Pettierre
7.0/10

Esempi di film che si reggono su un solo protagonista in scena ce ne sono molteplici. Senza andare troppo lontano, l’ultima opera significativa, e di un certo valore, è “Locke” di Steven Knight in cui, per tutta la durata della pellicola, Tom Hardy viaggia su un’automobile diretto verso l’amante che sta per dare alla luce suo figlio. Girato all’interno dell’abitacolo, Hardy interagisce con una serie di personaggi attraverso il telefono.

Abbiamo fatto questo esempio perché l’opera prima “Il colpevole” del giovane regista svedese Gustav Möller si accomuna a “Locke” per lo stesso meccanismo drammaturgico messo in piedi. L’agente di polizia danese Asger Holm è nel turno serale alla centrale di emergenza e risponde alle chiamate. Con poche scene di presentazione, lo spettatore capisce che Holm è lì perché in attesa di un processo a suo carico il giorno dopo.  Holm è indispettito e preoccupato e non svolge il suo lavoro con interesse. Finché non riceve una telefonata da Iben, una donna che dichiara di essere stata rapita dall’ex-marito. Inizia così una drammatica investigazione da parte di Holm utilizzando il telefono, il computer e dei colleghi in remoto per poter salvare la donna in pericolo di vita.
Möller, co-autore della sceneggiatura, mette in successione una serie di telefonate tra il drammatico e l'esplicativo, in una crescente tensione emotiva e con piccoli disvelamenti che, piano piano, riescono a scoprire un'amara verità dove i colpevoli sono più di uno e non sempre quelli che in un primo momento si possa credere.

Messo in scena in due stanze della centrale di polizia, il film si basa su una tecnica classica di unità di tempo e di luogo che rende “Il colpevole” un’opera compatta e senza sbavature, dove il meccanismo del thriller è molto ben oliato. In un film composto sostanzialmente di primi piani su Holm che parla al telefono, gli elementi di una sceneggiatura millimetrica nello sviluppo drammaturgico e la bravura dell’interpretazione ci sono tutti. Jakob Cedergren è un attore che riesce a reggere su di sé tutto il peso del film, lavorando di sottrazione, giocando sulle pause, i piccoli gesti. La mimica facciale è ridotta ai minimi termini e la voce diventa uno strumento fondamentale per la riuscita attoriale.

L’aspetto più interessante di “Il colpevole” sono le controparti di Cedergren: tutte voci dall’altro capo del telefono di attori non presenti fisicamente, ma altrettanto bravi visto che le voci rendono l'assenza “materica”. Può sembrare un ossimoro, ma, nella realtà filmica, l’agente Holm nella sua solitudine esistenziale non è mai solo interagendo continuamente con i personaggi in absentia nello spazio fisico della scena e presenti attraverso la voce che arriva dall’altro capo del telefono. In questo caso, può essere un limite e allo stesso tempo un pregio della visione: qui non è importante ciò che si vede, ma ciò che si ascolta. Non viene sollecitata la pulsione scopica dello spettatore, ma la sua immaginazione visiva: così, come in un romanzo o in una poesia sono importanti gli “spazi bianchi”, ne “Il colpevole” l’assenza di ciò che è osservato è altrettanto determinante della visione stessa. Non è una sconfitta della "macchina cinema", ma anzi una riaffermazione del potere di come l’azione del vedere può essere essenziale per la comprensione degli eventi e quindi della verità.
E, in effetti, Holm crede in ciò che gli raccontano e nei suoi pregiudizi che lo portano a commettere errori (anche fatali, come si scoprirà nel finale) pensando di operare per il bene altrui.

Möller, attraverso le azioni del protagonista, mostra come la compulsione emotiva privata di una pari contemplazione visiva porti a fraintendimenti e decisioni errate. Di qui la “colpa”: in ciò che si crede senza averne contezza nel reale o in quello che si può osservare in prima persona, ma basandosi esclusivamente in ciò che viene riportato da altri. La consapevolezza di Holm degli eventi lo porta a una confessione finale a Iben che è una presa di coscienza della propria colpa.

Già presentato al Sundance (dove ha vinto uno dei premi del pubblico), “Il colpevole” è stato in concorso lo scorso anno al Torino Film Festival ottenendo il premio del pubblico, quello della miglior sceneggiatura e alla miglior interpretazione maschile di Jakob Cedergren, riconoscimenti che evidenziano gli elementi positivi del film. Il giovane regista riesce con pochi mezzi e un modesto budget a creare un’opera di genere interessante e piacevole, una bella presentazione per un debutto di un autore da seguire con attenzione in futuro.


10/03/2019

Cast e credits

cast:
Jakob Cedergren, Jessica Dinnage, Omar Shargawi, Johan Olsen


regia:
Gustav Moller


titolo originale:
Den Skyldige


distribuzione:
BIM e Movies Inspired


durata:
95'


produzione:
Nordisk Film SPRING, Nordisk Film Production


sceneggiatura:
Gustav Moller, Emil Nygaard Albertsen


fotografia:
Jasper Spanning


scenografie:
Gustav Pontoppidan


montaggio:
Carla Luffe Heintzelmann


costumi:
Skov Gudmundsen-Holmgren


musiche:
Carl Coleman, Caspar Hesselager


Trama
Asger Holm è un agente di polizia danese che per un procedimento giudiziario in corso è stato relegato a rispondere al centralino delle emergenze. Riceve una chiamata da una donna che dice di essere stata rapita. Con a disposizione solo il telefono l’agente Holm inizia una corsa contro il tempo per salvare la giovane, scoprendo però una verità inaspettata.