Ondacinema

recensione di Stefano Santoli
6.5/10

Nel 2006, il futuro di pace di una terra che è stata martoriata dalla guerra civile dipende dal dialogo fra due politici, acerrimi nemici, che non si sono mai rivolti la parola. Costretti dalle circostanze, i due si trovano a condividere un viaggio informale in solitudine: nella realtà, a bordo di un jet privato; nel film, all'interno di una macchina. Nessuno è al corrente di cosa sia successo durante quel viaggio; ciò che si sa è che, dopo di esso, il dialogo ebbe inizio, e i due divennero addirittura colleghi affiatati.

Il viaggio del titolo risultò determinante per superare uno degli ennesimi momenti di stasi del tormentatissimo processo che condusse l'Irlanda del Nord a possedere una forma di governo regionale autonoma, condivisa dalle sue due componenti politiche - quella cattolica/nazionalista e quella protestante/unionista - cui corrisponde una divisione socio-economica, più che religiosa, visto che i cattolici, finché sono rimasti esclusi dalle istituzioni, hanno coinciso con le fasce sociali meno avvantaggiate. Lo scenario politico nordirlandese si compone fondamentalmente di quattro partiti: due unionisti e due repubblicani (di cui, per tradizione storica, rispettivamente uno è moderato e l'altro estremista). Unico modo di far funzionare una forma di governo in quella terra è stato ritenuto far condividere il potere alle due parti politiche; perciò fu di enorme ostacolo, nei primi anni 2000, la circostanza che per la prima volta i partiti estremisti (il DUP, unionista, e lo Sinn Féin, nazionalista) superarono in consensi i propri rispettivi rivali. Risultato di questa estremizzazione fu il netto peggioramento del dialogo fra le due parti, che si tradusse nella situazione che vediamo a inizio film: il reverendo Ian Paisley, leader del DUP, assolutamente rigido nell'evitare qualsiasi scambio verbale diretto con Martin McGuinness, leader dello Sinn Féin.

Il film è una divertente commedia, non priva di forzature e ingenuità, magari non particolarmente ricca di sfumature, ma che restituisce in modo efficace l'elemento comico che sta al cuore del dramma. Visti da fuori, anche i conflitti peggiori e più insanabili hanno un che di ridicolo, specie se rimangono fondati su barricate mentali le cui radici affondano ormai largamente nel passato. In genere i protagonisti di tali conflitti non sono capaci di guardare al futuro, e mantengono un'ostinazione incomprensibile a tutti quelli che li circondano (nel nostro caso, preoccupati di far parlare Paisley e McGuinness vediamo i governi irlandese e britannico, e i rispettivi primi ministri).

C'è comunque un equivoco che occorre sfatare. Leggendo di questo film prima di vederlo, vi farete l'idea che entrambi i protagonisti, in partenza, si rifiutino di dialogare. Non è così: è Paisley che non vuole dialogare. McGuinness, al contrario, è consapevole della necessità di cooperare con l'avversario. E questo non solo è vero storicamente, ma corrisponde anche all'attitudine politica dei rispettivi partiti almeno a partire da fine anni 90. Di conseguenza il film è concentrato in realtà soprattutto sulla figura di Ian Paisley, che è l'autentico protagonista. E l'interpretazione caricaturale che ne dà il grande Timothy Spall è perfetta nel rendere grottesca (oltre che buffa) la sua testardaggine iniziale, ma anche poi verosimile un processo di "conversione" apparentemente quanto mai improbabile. Perciò, seppure lo spettatore sa come andrà a finire, è dal divario fra esito e premesse che scaturisce sin da subito la curiosità con cui si segue il film.

"Il viaggio" è stato scritto da Colin Bateman e diretto da Nick Hamm: entrambi sono nordirlandesi. Merita di essere notato fra l'altro che Bateman è protestante: lui stesso, come si legge nel pressbook, rivela di essersi sorpreso durante la stesura dello script credendo "che mi sarei sentito più vicino alla figura e alle idee di Paisley anche se non apprezzavo il suo modo di esprimerle". Invece, per merito di un attore come Spall, il film funziona proprio grazie al ritratto di questo anziano intransigente e terribilmente scorbutico, che, pur senza venir meno alle proprie idee e idiosincrasie, riesce comunque a compiere quel passaggio mentale di cui la maggioranza dei politici rimangono incapaci: ossia smettere di guardare soltanto al proprio vissuto ma pensare, almeno un po', anche al futuro.

"Il viaggio" di certo non è un film destinato a entrare negli annali del cinema, e avrebbe potuto anche essere un film migliore in altre mani: del resto lo spunto si prestava a rese differenti. La regia di Hamm è piuttosto piatta, manca di personalità, e resta soprattutto al servizio di una sceneggiatura buona, ma non poi così ambiziosa. Sono limiti tuttavia che non si fatica a perdonare, a un'opera che riesce nel suo intento di base, che è far riflettere, divertendo, sulla piccineria umana (da cui nascono le tragedie) - e su quanto rimanga, purtroppo, un fatto eccezionale quel gesto di semplice intelligenza che occorre a superare la meschinità individuale in nome del bene comune.


28/03/2017

Cast e credits

cast:
Timothy Spall, Colm Meaney, John Hurt, Ian Beattie, Toby Stephens


regia:
Nick Hamm


titolo originale:
The Journey


distribuzione:
Officine Ubu


durata:
94'


produzione:
Greenroom Entertainment, Tempo Productions Ltd


sceneggiatura:
Colin Bateman


fotografia:
Greg Gardiner


montaggio:
Chris Gill


Trama
Due acerrimi nemici politici dell'Irlanda del Nord, il protestante Ian Paisley e il repubblicano Martin McGuinness, sono in Scozia per discutere uno storico accordo. I due sono costretti a intraprendere un viaggio in macchina insieme, che, ricco di imprevisti, aprirà spiragli nella barriera tra i due diventando occasione di scoperta reciproca