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recensione di Antonio Pettierre
8.0/10

In un villaggio alle foci del fiume Guadalquivir, nel profondo sud spagnolo, scompaiono due giovani sorelle. Tra paludi e risaie, due detective della squadra omicidi della polizia di Madrid sono chiamati a indagare, visto che la Guardia Civil non ne viene a capo. Ben presto si trovano i cadaveri mutilati delle due ragazzine e Pedro (Raúl Arévalo) e Juan (Javier Gutiérrez) durante le loro indagini scoprono che un serial-killer si nasconde tra quelle terre desolate.

Il regista spagnolo Alberto Rodríguez, al suo sesto lungometraggio, si cimenta con un thriller di solida fattura (ne è anche co-sceneggiatore) mettendo in scena una storia gialla sottile e con un crescendo lento di svelamenti e di colpi di scena. Già solo per la fattura elegante nella forma e nei contenuti "La Isla Minima" potrebbe essere considerato un buon film di genere, un prodotto europeo (campione d'incasso nel suo paese e vincitore di dieci premi Goya) che cita tutto il cinema noir americano degli ultimi quarant'anni (da "Chinatown" di Roman Polanski alla prima serie televisiva di "True Detective", anche se il più diretto debito va a "Le paludi della morte" di Ami Canaan Mann). Ma tutto ciò lo definisce solo per una prima lettura superficiale ed emozionale, mentre a un'analisi più profonda si scopre la ricchezza di un'opera dal punto di vista tematico e stilistico che ne fanno una vera sorpresa.

Innanzi tutto la scelta di ambientare la storia nel 1980 non è banale: la Spagna è in pieno periodo di transizione politica dalla dittatura dopo la morte di Francisco Franco nel 1975, l'adozione di una costituzione democratica e da lì a poco (nel 1981) il tentativo di colpo di stato da parte dell'esercito bloccato dalla fermezza del re Juan Carlos che si schierò senza esitazione a fianco del Parlamento eletto democraticamente e della Costituzione. Certo, tutto ciò è accennato e rappresentato sia dal villaggio immerso nella palude (metafora di un paese impantanato che con grande difficoltà cerca di uscirne fuori); dagli scioperi dei braccianti che devono raccogliere il riso e lottano per un salario migliore contro il caudillo locale; dalle notizie che la radio e la televisione lungo lo svolgimento del film danno sugli scioperi in tutta la Spagna. Oltretutto il regista spagnolo compie anche una puntigliosa ricostruzione del periodo storico (grazie al lavoro fatto con la scenografia e costumi). Ma soprattutto lo abbiamo ben rappresentato attraverso i personaggi. A iniziare dal giovane poliziotto Pedro, sposato e con un bambino piccolo, che, a causa di una lettera contro un superiore ancora collegato al regime franchista, viene sballottato in provincia, rappresentante della nuova Spagna (quando lui e il collega entrano nella camera del piccolo albergo, e vedono un crocifisso appeso sul muro con incollate le foto di Hitler e Franco, lui lo prende con freddezza e lo chiude in un cassetto del comò significativo del disprezzo nei confronti di quel passato). Pedro è duro, idealista, calcolatore, guidato da una logica ferrea nelle indagini sugli omicidi, mentre il collega più anziano è un vecchio scapolo, godereccio, a cui piace bere e mangiare, intuitivo, violento e del resto è un sopravvissuto della vecchia polizia franchista. Si scopre che faceva parte della Brigata Sociale e Politica sotto la dittatura (una specie di Gestapo, e come svela il giornalista locale a Pedro era conosciuto come "il corvo", esperto torturatore e colpevole di aver assassinato parecchi oppositori al vecchio regime, tra cui una giovane studentessa durante una manifestazione politica).

Ma tutto ciò Rodríguez lo mostra allo spettatore centellinando le informazioni lungo lo sviluppo narrativo, tramite una sceneggiatura equilibrata fino alla sequenza finale e all'ultima inquadratura, dove, prima di entrare in auto alla fine delle indagini, i due si fronteggiano in silenzio con un campo-controcampo in primo piano che racchiude tutto il confronto politico tra le due anime di un paese dilaniato e debilitato moralmente e civilmente.
Ed è anche interessante osservare il comportamento complesso e pieno di sfumature dei due personaggi (una grande prova di attori di Raúl Arévalo e Javier Gutiérrez) per nulla manicheo: il "democratico" Pedro è quello più scostante, più freddo; il "fascista" Juan è più emotivo, vicino alla gente, riesce a entrare in sintonia con le persone (è lui a dire della morte delle ragazze alla loro madre e crea un legame emotivo con lei, che lo aiuta risolvere il caso; carpisce molte informazioni bevendo con i braccianti del posto e ottiene l'aiuto di un bracconiere). Pedro, invece, lavora sugli indizi (resti di negativi di foto delle ragazze; informazioni ottenute da vecchi casi). E del resto il serial-killer che si nasconde nella palude e uccide le giovani non è altro che il più eclatante simbolo del vecchio potere fatto di violenza, mentre sopravvivono nell'ombra trafficanti di droga, giudici sospettati di coprire il potente locale che, forse, violenta le giovani con la complicità del dongiovanni locale, in una società ancora fortemente maschilista dove la donna è oggetto e l'unica via di fuga dal pantano sociale del villaggio è la morte.

Se ci immergiamo ancora più a fondo "La Isla Minima" ha un nucleo metafisico forte, un suo soul impresso nella pellicola e ne pervade le immagini, dove i temi portanti sono la Morte e il Male che colpiscono tutti (compreso Pedro, che pur di raggiungere l'obiettivo di catturare il serial-killer, non si crea scrupoli a usare la violenza e i soprusi).
Il regista spagnolo lavora su due linee di messa in quadro. Da una parte sui dettagli minimali: scopriamo che il vecchio Juan è un malato terminale dai tremori delle mani, dalle pastiglie che inghiotte, dal suo urinare sangue, da un improvviso svenimento e dalla declaratoria di una veggente che gli comunica: "Ti rimane poco tempo e i tuoi morti ti aspettano". Ci sono una serie di inquadrature epifaniche dove Juan, con gli occhi umidi, ha incontri con uccelli di vari colori e fattezze: nella sua stanza prima di svenire; nella palude vicino a un'edicola votiva, ma soprattutto nelle continue inquadrature di stormi di uccelli che volteggiano sopra alle teste dei due detective. Del resto anche Juan è detto "il corvo", un altro volatile che rappresenta la Morte (e nelle leggende e miti molti uccelli sono considerati psicopompo, cioè delle guide che trasportano le anime dei morti nell'Aldilà).
Dall'altra parte, Alberto Rodríguez mette in scena una continua contrapposizione spaziale tra il chiuso delle case, sempre isolate e solitarie, e gli spazi aperti dei campi e delle paludi, sotto un sole cocente o una pioggia scrosciante o un vento che soffia incessante, rendendo vivo il paesaggio brullo, sporco e umido. Un'ultima contrapposizione che rafforza questa atmosfera è il gioco tra la luce accecante del giorno e il buio oscuro della notte, lungo strade sterrate e sentieri che come un labirinto si dipanano lungo la foce del fiume tra le isole della palude in una fotografia pastosa e desaturata.

Stilisticamente, il regista spagnolo fin dall'incipit c'introduce in questo spazio. Nei titoli di testa, con inquadrature aeree e plongée, la macchina da presa mostra il terreno composto da linee complesse, una sorta di sistema nervoso, uno scenario labirintico; la stessa inquadratura l'abbiamo del cimitero alla fine della sepoltura delle due ragazze, con linee rette e geometriche; e una terza sul fiume che inquadra la barca dei due poliziotti a bordo navigare verso la veggente rivelatrice di notizie funeste per Juan. Insomma, l'iterazione delle tre inquadrature sono una raffigurazione della morte compenetrante lo spazio, il terreno, il cielo, l'intero ambiente dove si muovono i personaggi e in cui lo spettatore è immerso fin da subito da Rodríguez, dove il senso metafisico di finis terrae combacia anche con il termine di un tempo storico (quello della Spagna) e personale (quello dei personaggi: Juan, il killer, le ragazze assassinate).
Alberto Rodríguez rielabora stilemi di genere in modo originale e personale, mettendo in scena la fine di un'epoca con un equilibrio tra forma cinematografica, struttura narrativa e contenuti, rendendo "La Isla Minima" una visione da non perdere.


06/12/2015

Cast e credits

cast:
Raúl Arévalo, Javier Gutiérrez, Antonio de la Torre, Nerea Barros, Salva Reina, Jesús Castro, Manolo Solo


regia:
Alberto Rodríguez


distribuzione:
Movies Inspired


durata:
105'


produzione:
Atípica Films, Sacromonte Films, Atresmedia Cine


sceneggiatura:
Alberto Rodríguez, Rafael Cobos


fotografia:
Álex Catalán


scenografie:
José Domínguez del Olmo


montaggio:
José Manuel García Moyano


costumi:
Fernando García


musiche:
Julio de la Rosa


Trama

Profondo sud della Spagna, 1980. In un piccolo villaggio, nei pressi di un labirinto di paludi e risaie, si è installato un serial killer responsabile della scomparsa di alcune adolescenti delle quali nessuno sembra interessarsi. Ma quando due giovani sorelle spariscono durante le festività annuali, la madre spinge per un’indagine e due detective della sezione omicidi di Madrid arrivano per cercare di risolvere il mistero.

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